Un’estate di fuoco
Vincitori e vinti della free agency NBA 2018
In attesa che le ultime, marginali tessere del puzzle trovino la loro collocazione, è il momento di dare uno sguardo d’insieme alle trattative di mercato di questa offseason in NBA. Lo scopo di questo articolo è analizzare chi ha saputo sfruttare al meglio le chance di rilanciare le proprie quotazioni e chi invece ha fallito. Il colpo più a sorpresa è stato l’approdo di DeMarcus Cousins nella Baia. La sua firma di un anno per soli è l’epitome del concetto di minima spesa, massima resa. Per i Golden State Warriors la spesa è letteralmente minima – solo i$5.3M della mid-level exception – così come il rischio. Se DMC non dovesse acclimatarsi per motivi tattici o comportamentali, basterà tenerlo in panchina, senza che la chimica di squadra ne risenta minimamente. Cousins è a sua volta un vincitore. La sua annata sarà divisa a metà fra una riabilitazione che non avrà motivo di forzare e una seconda parte di stagione che lo vedrà realisticamente favorito per la vittoria del primo anello in carriera. Se il suo rilancio sarà completo, a luglio 2019 potrà legittimamente domandare il massimo salariale a chi se lo potrà permettere. Rimanendo ad ovest, bisogna riconoscere a Sam Presti il titolo di GM più scaltro dell’estate, dopoché a giugno pareva di aver già avvistato i condor volare in circolo sopra al suo ufficio.
Non va dimenticato infatti che nel giro di un paio di settimane KD e Harden, i due grandi ex Oklahoma City Thunder, hanno vinto rispettivamente Finals MVP ed MVP. Lo spettro di perdere anche Paul George era più che concreto, ma Presti è riuscito a trattenere PG13 per i prossimi 4 anni a $137M. Con una mossa ancora più impressionante, è riuscito a spedire lo scontento Carmelo Anthony e i suoi quasi $30M agli Atlanta Hawks, assoluti conniventi di una trade del tutto squilibrata. OKC risparmia quasi $100M in luxury tax e si ritrova come bonus un solido backup come Dennis Schröder. Lo stesso ‘Melo ha ora l’ultima chance di entrare fra i vincitori del mercato. Dopo l’inevitabile taglio dalla città della Coca-Cola, incasserà a pieno i suoi emolumenti faraonici fino all’ultimo centesimo. Già questo, rende le sua estate assai fruttuosa. Il suo inevitabile matrimonio con gli Houston Rockets gli darà l’ultima chance della carriera di lottare per il titolo e dimostrare di non essere bollito. Ottima estate, infine, anche per i Boston Celtics, stoici nel non farsi coinvolgere in operazioni di mercato più grandi di loro. I C’s hanno infatti evitato follie per reclutare LBJ o Leonard, fidandosi sul recupero dei propri infortunati e sulla crescita dei giovani. Per trattenere Marcus Smart hanno dovuto rompere il salvadanaio, ma $52M per 4 anni sono un prezzo ragionevole per il tuttofare bostoniano.
Proviamo ora a vedere l’altra faccia della medaglia, in un climax fra chi poteva far meglio e chi ha peggiorato di netto le proprie quotazioni. In primis ecco i Los Angeles Lakers, specie nella figura di Magic Johnson. L’arrivo di LeBron James era quasi inevitabile e non è mai sembrato subordinato a un sales pitch ad effetto di Magic. Questi ha invece sulla coscienza la scelta di non essere riuscito ad arrivare a Kawhi e di essere stato passivo su PG13. Se nel primo caso può essere sensato scegliere di non separarsi da alcun asset per poi averlo “gratis” fra un anno, è impossibile pensare che nei piani di Magic ci fosse iniziare la prossima stagione col solo LeBron come superstar del team. La squadra assemblata in seguito, piena di veterani con un passato molto problematico, resta un punto interrogativo. Seguono a ruota i Philadelphia 76ers, il cui giudizio negativo non può non partire dal clamoroso autogol di Bryan Colangelo e i suoi burner account su Twitter. Da lì, l’estate è proseguita con gli addii di due giocatori di sistema, ma molto funzionali come Belinelli e Ilyasova. La mossa sembrava un sacrificio necessario per arrivare ad un pesce grosso della free agency, che però sono sfumati uno dopo l’altro. Stando alle indiscrezioni, anche Philly era nel mix per arrivare a Leonard, ma la franchigia ha ritenuto Markelle Fultz incedibile. Si dice che l’ex Washington sia in rampa di lancio per un grande 2018, ma un suo flop sarebbe un rimpianto doppio che potrebbe rallentare di tanto il tanto decantato “Process.”
Forse non sconfitto, ma di certo non vincitore è anche Kawhi Leonard. La sua insistenza di essere spedito a LA gli si è rivoltata contro in maniera quasi comica. Questi ha sì ottenuto la trade, ma nel ben più rigido Canada dei Toronto Raptors. Il danno d’immagine per lui è pressoché totale e solo dando l’anima per i Raps potrà ristabilire la sua credibilità con i fan. Molto sospette sono poi le mosse estive dei Chicago Bulls, nello specifico quelle relative a Zach LaVine e Jabari Parker. Chicago aveva soldi da spendere e lo ha fatto, ma si tratta di un investimento fino a $118M su due giocatori che, pur ancora ventenni, hanno già subito insieme tre gravi infortuni al legamento del ginocchio. Per concludere, l’offseason dei Washington Wizards è stata forse la peggiore. Nell’anno che vede la transizione dell’egemonia LeBroniana sull’est pronta a passare a un nuovo team, i Wizards sembrano aver fatto un salto all’indietro. Le aggiunte del giramondo Dwight Howard e del fumantino Austin Rivers rischiano di fornire nuova benzina ad uno spogliatoio che già lo scorso anno è apparso esplosivo.
MVProf