Una vittoria dal sapore diverso

La vittoria di North Carolina contro Gonzaga inizia ben al di fuori del campo

Nel precedente articolo abbiamo raccontato la vittoria dei North Carolina Tar Heels contro i Gonzaga Bulldogs nella finale di NCAA. Pagato il doveroso tributo ai fatti, passiamo al livello successivo, quello delle storie sportive e umane dei protagonisti di questa meravigliosa impresa. Per UNC si tratta del quarto titolo NCAA in quattro decadi consecutive, traguardo mai raggiunto da nessuna università nella storia. La domanda sorge quindi spontanea. Dove collocare gli Heels versione 2017 rispetto alle altri compagini titolate – sia in assoluto sia sotto coach Williams? Difficile parlare ora della UNC che nel 1957 centrò il primo successo, ma vale la pena sottolineare i due successi seguenti a firma di Dean Smith. Nel 1982 l’immortale coach poteva contare su una squadra con fenomeni assoluti come Michael Jordan, James Worthy e Sam Perkins. Di livello assoluto anche il team del 1993. Grazie al talento di Eric Montrose, George Lynch and Donald Williams, quell’anno UNC aveva dato una media di scarto di 18 punti ad ogni avversario.

Sotto Roy Williams, gli Heels hanno trionfato per tre volte. Prima nel 2005, con una squadra già rodata e condotta al titolo da quattro future scelte al primo quali Rashad McCants, Marvin Williams, Raymond Felton e Sean May. Nel 2009, Carolina poteva contare su un’abbondanza di talento addirittura superiore. Facevano parte di quel team Ty Lawson, Danny Green, Ed Davis, Wayne Ellington, Tyler Zeller e Tyler Hansbrough. Una squadra talmente dominante che è stata testa di serie #1 per tre anni filati. Dopo la serie di scandali per frodi accademiche del 2011, il reclutamento di talenti delle high school è stato ancora più problematico. Il timore era quello di sanzioni gravi, come l’esclusione dal torneo NCAA o la riduzione delle borse 9778979-joel-berry-ii-ncaa-basketball-north-carolina-georgia-tech-850x560.jpgdi studio riservate agli studenti-atleti. Rapaci nell’approfittarne sono stati programmi come la Kentucky di coach Calipari e la Duke di coach Krzyzewski, che  di anno in anno sfornano super-team infarciti di one-and-done.

Pur priva di grandi nomi, che cosa ha reso allora UNC vincente ancora una volta? In breve, la sete di rivincita (vedi frame spietato). Il “Redemption Tour” era cominciato con un gruppo di messaggi creato dai giocatori stessi. Lo spirito di quegli sms era chiaro: fin dalla scorsa estate, si erano ripromessi che niente si sarebbe più frapposto fra loro e il titolo. Non che sia stato semplice. Tolto Justin Jackson, già McDonald’s All-American e futura lottery pick NBA, tutti i protagonista di questa squadra sono per certi versi inaspettati. A partire da Joel Berry II, votato Most Outstanding Player del Championship game e arrivato alla finalissima con entrambe le caviglie incerottate. Non va dimenticata nemmeno la sua riserva Nate Britt, fratellastro di quel Kris Jenkins che lo aveva “ucciso” con quella tripla un anno prima e che ora lo seguiva a bordo campo coi colori di UNC. Fra i lunghi, fondamentali Kennedy Meeks e Isaiah Hicks, veterani del gruppo che coronano i loro quattro anni a Chapel Hill con un titolo.

L’origine di questa mentalità non può che partire dal capo famiglia, Roy Williams. Ciò che lo contraddistingue è la sua volontà di fare di un gruppo di giocatori una seconda famiglia. Il coach dalle mitiche giacche a quadrettoni è da sempre in prima linea per proteggere i suoi ragazzi a colpi di “daggum” ed ergersi a scudo rispetto alle critiche dall’esterno. A dispetto della fuga di talenti verso altri, l’head coach di UNC è andato controcorrente. Se gli altri propongono una veloce transizione dal college ai pro, lui ha scelto di affidarsi a giocatori in grado di fare gruppo per tre o quattro anni. Studenti-atleti certamente forti, ma privi di individualità dal talento cristallino. Il mantra è chiaro: il totale deve essere maggiore della somma delle parti. Un esempio? Meeks è passato da 25+14 contro Oregon a 7+10 contro Roy-Williams-cuts-net1.jpgGonzaga. Al contrario, sempre contro gli Zags Berry e Hicks hanno segnato 35 punti sui 71 di squadra, pur dopo aver tirato insieme 3-su-26 dal campo contro i Ducks. In entrambi i casi, sono arrivate due vittorie per il gruppo, nonostante oscillazioni tanto evidenti da parte dei singoli.

Mentre nel 2013 lo scandalo si gonfiava sempre più di anno in anno, giocatori come Jackson, Pinson e Berry, fra gli ultimi recruit di livello ad arrivare in North Carolina, avevano avuto la possibilità di venir meno alla propria parola e accasarsi altrove. Eppure, era bastato scambiare due parole con Roy Williams per ricevere le rassicurazione necessarie. Non tanto dal punto di vista legale, ma umano in primis. Questo e tanto altro è stato riassunto da Jackson e dalle sue parole: “People just fall in love with Carolina. Everyone falls in love with the program. It’s a family, and sometimes it’s hard to leave a family.” Mentre le altre scuole strizzavano fino al midollo i freshman prima di spedirli fra i pro, UNC ha stabilito nell’ultimo quadriennio una cultura di stabilità e familiarità. Infatti, quest’anno fra gli 8 giocatori in rotazione ben 6 erano al terzo o al quarto anno. Insomma, questi Heels sono stati un gruppo unico e irripetibile nella titolata storia dell’università. Con la partenza di quattro di loro (Jackson, Berry, Hicks e Meeks) e la spada di Damocle di punizioni in arrivo dall’NCAA, l’anno prossimo sarà complicato per UNC tentare il repeat. Ma con coach Williams al comando è certo che il futuro fa comunque un po’ meno paura.

MVProf

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