Una spalla su cui piangere
Tutte le tappe del calvario sportivo e umano di Markelle Fultz
La scorsa stagione NBA ha avuto la solita abbondanza di storyline: Kawhi che si rifiuta di giovare, i commenti assurdi di LaVar Ball, il tunnel segreto dello Staples, ecc… Ma solo una storia è stata così incredibile da trascinarsi fino alla stagione successiva. Parliamo di Markelle Fultz e del misterioso infortunio che lo attanaglia da più di un anno. Flashback al 2017, quando Fultz da University of Washington incanta il mondo del college basket grazie a caratteristiche tecniche speciali: combo guard dal grande atletismo con un ottimo primo passo e tiro letale grazie ad un rilascio fulmineo. Nonostante un interesse relativo per le fortune collettive degli Huskies, individualmente Fultz vive una delle migliori stagioni da freshman nella storia della Pac-12 e il Draft NBA è l’ovvio passo successivo. Gli esperti lo incoronano prima scelta assoluta quasi obbligatoria e dello stesso parere sono i Philadelphia 76ers, che per lui non badano a spese. Scambio di pick con i Boston Celtics per passare dalla #3 alla #1 con contorno di prima scelta nel 2019. Le sue qualità, pensa il management, sono il pezzo ideale per completare un Process ormai maturo.
Tuttavia, fin dal training camp iniziano a circolare video preoccupanti su Fultz. Le immagini mostrano una meccanica di tiro innaturale e stravolta rispetto al college, con segni evidenti di fastidio nel compiere determinati movimenti col braccio. Invece di un movimento fluido che parte dalle gambe fino ai polpastrelli, Fultz ora porta la palla sopra la fronte e la scaraventa verso il canestro con un movimento secco del polso. In questa fase, fan e addetti ai lavori osservano tale evoluzione con curiosità e sorpresa, ma è con l’inizio di regular season che comincia l’incubo. Le prime quattro partite in NBA di Fultz sono costellate di mattonate alla tabella, airball, assenza totali di tiri perimetrali e dal 33% dal campo. Dopo appena quattro partite, i Sixers staccano la spina e dichiarano la prima scelta assoluta out a tempo indeterminato per un problema alla spalla. Fra i tifosi di Philly, è panico. Come naturale, parte la caccia al colpevole. Il processo si apre con una domanda molto semplice: come diavolo è potuto succedere? La lista dei potenziali colpevoli comprende Fultz, il suo trainer Keith Williams, l’agente Raymond Brothers, coach Brett Brown e l’allora GM Bryan Colangelo. In assenza di maggiordomi da incolpare, gli indiziati puntano il dito l’un con l’altro.
Il camp di Fultz, molto ermetico nelle dichiarazioni pubbliche, attribuisce l’involuzione del suo tiro ad un forte dolore alla spalla, che gli permetterebbe a fatica di alzare il braccio sopra la testa e che quindi lo avrebbe costretto ad alterare il movimento per compensare. Di parere opposto è però la squadra. Coach Brown afferma non solo che Fultz è causa del suo stesso male, ma anche che la decisione di giocare nonostante il dolore è stata esclusivamente del giocatore. Un commento bizzarro da parte di un’organizzazione che ha aspettato pazientemente tre anni per Joel Embiid e Ben Simmons, ma che pare ora non curarsi della salute di Fultz. Ad aggiungere benzina sul fuoco giunge a maggio lo scoop di The Ringer che rivela l’esistenza di una serie di burner account – ovvero profili falsi usati per esternare le proprie opinioni senza filtro – riconducibili a Colangelo. Il profilo @s_bonhams, ad esempio, muove critiche a Fultz e maligna che la colpa di tutto risieda sia nella testa del giocatore sia negli allenamenti con il suo trainer che, peraltro, avrebbe una relazione con la madre dell’ex Husky. Dopo 68 partite d’assenza, Fultz rientra per fine anno, ma la fisicità dei playoff lo relega presto al pino. Da spettatore non pagante, Fultz ha così un posto in prima fila per vedere il compagno di draft Jayson Tatum segnare cinque ventelli consecutivi e mandare a casa i Sixers.
Un’estate passata col guru dei tiratori Drew Hanlen sembra riportare il sole su Philadelphia, dove in quei giorni non è esattamente always sunny. Fultz mostra una meccanica migliorata che, pur non essendo ancora quella dei bei tempi andati, almeno è ben altra cosa rispetto al movimento robotico dell’anno precedente. Tuttavia, in stagione quella dei tre punti resta per Fultz una sorta di linea Gustav difficile da sfondare – non che da quella della carità le cose vadano meglio. L’arrivo di Jimmy Butler non coinvolge Fultz nella trade, ma lo riporta mestamente in panchina. E da lì, al nuovo stop. Un nuovo tour di specialisti porta alla pronuncia di un’oscura diagnosi: sindrome dello stretto toracico superiore. La TOS è causata dalla compressione del plesso brachiale, un gruppo di nervi responsabile del controllo di spalla e braccio.
Tale spiegazione sembra soddisfare il camp del giocatore, soprattutto perché di fatto elimina il tabù della componente psicologica. Insomma, Fultz non ha scordato come giocare a basket né sta fingendo un infortunio a causa della troppa pressione. Per tutte le parti interessate, questo sembra l’ultimo momento utile per venirsi incontro. Ai 76ers non conviene dar via Fultz ora che il suo valore è al minimo storico, ma d’altronde non esiste alcuna certezza di poterlo anche solo mettere in campo per invogliare qualche acquirente. Meglio allora scambiarlo ora, come merce difettosa a buon mercato che però può essere riparata da mani esperte. Forse. Al giocatore di sicuro un cambio di scenario potrà solo giovare. Probabilmente, solo con tanta calma e alla larga dalle aspettative di Philadelphia, Fultz potrà riavviare una carriera che al momento lo vede, suo malgrado, come uno dei più grandi bust della storia.
MVProf