Trade in 10 domande: Griffin ai Pistons
Una serie di passaggi in dieci punti per comprendere tutti gli aspetti della trade che ha coinvolto Pistons e Clippers
1) Cos’è successo?
Finalmente è arrivata la prima grossa trade di gennaio. I Los Angeles Clippers hanno spedito il cinque volte All-Star Blake Griffin ai Detroit Pistons, come riportato da Adrian Wojnarowski nel pomeriggio americano di lunedì. Nel pacchetto per Detroit sono compresi anche Willie Reed e Brice Johnson (compagno di corso a Carolina del vostro blogger preferito, ndr), mentre a fare il viaggio inverso saranno Avery Bradley, Tobias Harris e Boban Marjanovic. Come contorno, i Clips ricevono anche una scelta al primo giro per il 2018 e una al secondo giro per il 2019.
2) Come ci siamo arrivati?
Poco tempo prima della trade, era circolata la voce che i Pistons cercavano possibili acquirenti per Bradley, arrivato appena la scorsa estate. Testare le acque per Bradley aveva senso, specie perché l’ex Celtics è al suo ultimo anno di contratto e certamente richiederà un contrattone durante la prossima offseason. Sul fronte Clippers, le indiscrezioni volevano DeAndre Jordan sul mercato più che Griffin, specie perché quest’ultimo aveva rinnovato a $171M per cinque anni solo a giugno e in seguito a un recruiting molto pomposo in cui la dirigenza aveva finto di ritirare la maglia #32 di Griffin. Quattro mesi all’interno della stagione e una marea di infortuni, i Clippers hanno deciso che non valeva la pena proseguire un progetto senza sbocchi, meglio ancora se ciò risparmierà loro una cifra a nove cifre.
3) Chi ha ottenuto l’asset migliore?
Dei sei giocatori coinvolti, Griffin è chiaramente il giocatore migliore, senza mezzi termini. L’ala grande porta ad un immediato upgrade nel ruolo rispetto a Tobias Harris, che pure stava vivendo l’annata migliore della carriera. Griffin porta alla causa dei Pistons 22.6 punti, 7.9 rimbalzi e 5.4 assist. Per dare un’idea, Kevin Durant tiene medie pressoché identiche, per quanto con tre punti segnati in più. Va però notato come le pur egregie cifre di Griffin siano in calo rispetto alle proprie medie in carriera. Se poi nell’analisi si dovessero soppesare anche l’ammontare del contrattone e la lunga storia di infortuni, il giudizio sarebbe assai incerto.
4) Quali sono le implicazioni delle scelte al draft inserite nell’affare?
All’interno della trade, Detroit ha inserito due scelte. Sulla scelta al primo giro va spesa qualche parola in più. I Pistons hanno scelto di proteggere tale scelta in caso questa cada fra le prime quattro nel 2018, 2019 e 2020. Se per allora non sarà stata riscattata, la protezione decadrà. In proiezione, la scelta di quest’anno dovrebbe cadere fra i margini della lottery, se non addirittura oltre. È possibile immaginare una posizione fra la 14 e la 20. Quindi, a meno di collassi inaspettati o una clamorosa fortuna alla lottery, la scelta volerà in California. Detto che spesso molti diamanti si nascondono anche a metà o fine primo giro, non pare una scelta che possa cambiare la vita dei Clippers.
5) È l’affare migliore possibile per le due squadre?
Forse. È questa la sede migliore per parlare del contratto di Griffin. Il lungo da Oklahoma è a libro paga per più di $141M per ulteriori quattro stagioni dopo quest’anno. Un prezzo da MVP da pagare a un giocatore che MVP non lo è di certo, anche se può essere considerato la prima superstar affermata da diversi anni a questa parte. Questo è il maggior vantaggio a beneficio di Detroit, anche perché non solo non rende la squadra una contender con la sua sola presenza, ma anche paralizza il cap dei Pistons per anni a venire. Sul fronte Clippers, la trade è stata un fulmine a ciel sereno che dà l’idea di come la direzione della franchigia sia cambiata radicalmente rispetto alla scorsa estate. Proprio l’entità del contratto di Griffin rendeva difficile muovere il giocatore e ancor più notevole l’esserci riuscito. A occhio però, la febbrile necessità del risparmio economico ha fatto sì che la contropartita, in termine di uomini e scelte, non sia stata d’élite.
6) Come diventano i Pistons?
Innanzitutto, la spasmodica ricerca da parte dei Pistons di un PF di livello parrebbe essersi finalmente risolta per la prima volta del 2006, ultimo anno di Rasheed Wallace in quel ruolo. Nel mezzo, gli esperimenti sostanzialmente falliti di Villanueva, Jerebko, Josh Smith e Monroe. Detto ciò, l’inserimento di Griffin non sarà immediato. Da un lato, Andre Drummond è una controfigura di Jordan e in questo senso Griffin troverà un panorama nel pitturato molto familiare rispetto a quanto visto fin qui in carriera. Lo spirito di Mo Town però non ha nulla a che fare con gli anni di frizzi e lazzi (fini a se stessi, per carità) di Lob City. Inoltre, la maturità cestistica di Griffin è coincisa con la sua crescita come point forward, perciò da questo punto di vista Reggie Jackson dovrà sapersi adattare nell’avere meno tocchi ad ogni possesso offensivo. Inizia ora la spinta verso i playoff, notevolmente rallentata dalle 8 sconfitte consecutive appena accumulate. Detroit è attualmente al 9° posto: Philly, Indiana e Washington (per due mesi senza Wall) sono avvisate.
7) Come diventano i Clippers?
I Clippers avevano iniziato quest’anno senza Chris Paul, ma con tanti validi giocatori pronti a dire la loro in una pur competitiva Western Conference. Gli infortuni di Beverly, Teodosic e di Griffin stesso hanno però azzoppato la stagione e reso ancora più chiaro che Griffin non poteva essere l’uomo franchigia del futuro. Il perché tale valutazione non sia stata fatta a giugno è un altro discorso. In questa decisione di incamminarsi sulla strada del tanking è rimasto fregato Danilo Gallinari – pure lui acciaccato a inizio anno – che credeva di essere finalmente arrivato in una contender. In questo senso, l’obiettivo dei Clips di quest’anno va oltre questo maggio, per focalizzarsi a giugno 2019. Per allora saranno free agent giocatori di primo piano come Leonard, Kyrie, Butler, Klay e Love. Fino ad allora è lecito pensare che la squadra si impegnerà più a perdere e accumulare scelte al draft che essere competitivi.
8) Cosa implica la trade per il futuro di Doc Rivers?
Piccolo recap delle puntate precedenti. Con i Clippers in rampa di lancio, nel 2013 la società portò via trade Doc Rivers sulla propria panchina e nel proprio front office con lo scopo di fare il salto di qualità decisivo. In quegli anni, la franchigia di basket meno prestigiosa di LA ha avuto la fase migliore della propria storia (non che servisse molto). Tuttavia, non sono mai arrivati oltre al secondo turno e il collasso subito nella serie contro i Rockets nel 2015 ne è l’esempio più significativo. Rivers è stato al centro di molte polemiche dall’arrivo del figlio Austin in squadra, per molti trattato con più di un occhio di riguardo. Nel 2016 poi a Rivers è stato tolto l’incarico di GM, dando l’impressione che il suo ruolo all’interno della franchigia fosse meno saldo rispetto al passato. Ora nel 2018 siamo giunti curiosamente al punto di partenza. Rivers lasciò una Boston in rebuilding e ora si ritrova nuovamente capo allenatore di una squadra che sta smantellando i pezzi migliori. Anche per questo, con ogni probabilità, la storia di Rivers a LA è ai titoli di coda.
9) I due team hanno chiuso il mercato per questa sessione?
Negli ultimi due anni, sia Jackson che Drummond sono stati resi disponibili via trade e invece ora in maniera abbastanza sorprendente sono stati raggiunti da una superstar. L’impatto che Griffin avrà su questo collettivo sarà decisivo per capire se e quanto il gruppo sarà tenuto insieme. Per quest’anno, tuttavia, nessun pezzo grosso dovrebbe muoversi né in entrata né in uscita. I Clippers invece hanno ormai montato la bancarella dell’usato in giardino e non sono ancora pronti a sbaraccare. Jordan e Lou Williams sono sul mercato. Non è nuova la voce che i Cleveland Cavaliers potrebbero spedire Thompson, Smith e la prima scelta di Brooklyn in cambio dei due giocatori. In alternativa, i due potrebbero essere mandati in due luoghi diversi. Quel che è certo è che Jerry West continuerà a fare telefonate fino alla deadline di febbraio.
10) Chi vince la trade?
Domanda di rito, ma con difficile risposta. Come quasi sempre avviene nelle trade invernali, una squadra punta al presente e una investe sul futuro. Ottenere Griffin non dà ai Pistons più di qualche chance di entrare fra le prime otto e, nel migliore dei casi, giocarsi un primo turno gagliardo. I Clippers non guadagnano grossi asset nello scambio, ma tentano di rimediare ad un errore di valutazione fresco. Vista la difficoltà intrinseca di muovere un giocatore con una storia e un contratto del genere, ai Clippers va concesso un piccolo vantaggio extra.
MVProf