Three 6 Mafia
Come cambia l’opinione su LeBron dopo la sesta sconfitta in finale
Le NBA Finals 2018 sono ormai nei libri di storia, conclusione (agro)dolce – dipende dal tifo – di una stagione ricchissima di storie, faide e spettacolo. Settimana scorsa i Golden State Warriors, campioni per la terza volta in quattro anni, hanno festeggiato la vittoria per le vie di Oakland con la classica parata dal tasso alcolemico fuori scala. Dalla parte degli sconfitti, invece, resta solo da raccogliere le bottiglie vuote di champagne ed Henny con cui i Dubs hanno di nuovo annaffiato lo spogliatoio della Quicken Loans Arena. Che forse diventerà un cumulo di macerie (metaforicamente parlando) nell’eventualità che LeBron James decida di lasciare i Cleveland Cavaliers una volta ancora e portare i suoi talenti verso altri lidi. Ci troviamo ora all’interno di quella fugace bolla di tre settimane fra l’ultimo atto di una stagione (le Finals) e il primo di quella successiva (il draft), un momento unico per tirare le somme e aggiornare i libri dei record. E l’argomento dominante non può che essere proprio King James. In un articolo di un anno fa avevamo venduto l’anima al demone che attanaglia qualunque blogger e giornalista, addentrandoci nel dibattito del decennio: meglio MJ o LBJ? La risposta allora era stata inevitabilmente ponziopilatesca – forniti numerosi dati rilevanti, si era evitato di compiere una scelta tagliata col laser. His Airness vinceva in quanto ad aura, brand e anelli, mentre a The Chose One veniva riconosciuto lo status di prototipo del giocatore perfetto.
Giunti alla fine di questa stagione, la domanda ritorna e induce nuove valutazioni. Nel frattempo infatti è arrivata un’altra sconfitta alle Finals. Il colpo d’occhio non è dei migliori per i sostenitori del Prescelto: 6 sconfitte in finale per LBJ contro le 6 vittorie per Jordan. Inoltre, si tratta del secondo sweep in carriera alle Finals, che vanno uniti al collasso del 2011 contro Dallas e alla serie contro gli Spurs del 2014 persa con un margine record. Al di là del valore anche incrementato che si può dare al primo e unico titolo conquistato con Cleveland (e per Cleveland), la bilancia pende in modo davvero prepotente da una parte. Inevitabilmente, negli anni i “quanto” (quanti titoli, quante sconfitte, quant MVP….) spediranno i “come” e i “perché” nell’oblio, ma ad oggi resta imperativo far luce sulle circostanze che lo hanno portato a questa sesta sconfitta.
Per molti versi, la serie finale è iniziata e finita con Gara 1, microcosmo della carriera di LeBron e ancor di più dei suoi anni ai Cavs. Dopo aver dominato alla Oracle Arena con 49 punti a referto, per LeBron la possibilità di rubare il fattore campo era lontana solo un possesso. Invece di tentare la giocata personale come spesso gli viene richiesto dai suoi detrattori, ha fatto quello che fa sempre, cioè eseguire la migliore giocata disponibile. Anziché ripagarne la fiducia, prima George Hill, poi JR Smith hanno buttato tutto alle ortiche con due errori uno più grave dell’altro. Il tilt che è seguito è però imputabile solo a King James. Lui non ha radunato le truppe in vista dell’overtime, lui ha tirato 0 su 4 nei successivi 5 minuti e soprattutto lui si è autoinflitto una ferita alla mano prendendo a pugni una lavagna. Non ha nemmeno aiutato l’essersi poi presentato all’intervista post-partita di Gara 4 con una sorta di gesso alla mano, tentativo palese di pararsi dalle critiche che sarebbero piovute da lì a breve.
Questo ricorda quando nel 2012 Amar’e Stoudemire prese a pugni un vetro e il taglio che ne risultò lo escluse dal resto della serie playoff proprio contro i Miami Heat di LeBron. Allora i tabloid newyorkesi ci andarono giù pesante, col Daily News che lo sbatté in copertina col titolo “Glasshole.” Allo stesso modo, è legittimo imputare a LBJ l’episodio non come scusante, ma come aggravante per un leader che è venuto meno ai suoi doveri. In più, questo video di BBallBreakdown demistifica l’idea che tale infortunio abbia alterato in maniera significativa le prestazioni di LeBron fra Gara 2 e 4. Dalla parte del Prescelto restano i soliti numeri spaziali. All’interno di questa serie finale, LeBron ha tenuto una media di 34 punti, 8.5 rimbalzi e 10 assist di media, tirando col 53% dal campo e giocando ben 45 minuti a partita su 48 disponibili. Tali medie lo hanno reso il #1 di entrambe le squadre per punti, assist, percentuale al tiro e minutaggio. Solo Love e KD lo sopravanzano nelle casella dei rimbalzi di una singola unità. Purtroppo, anche questo sarà tutto dimenticato e resterà solo la L. Una fregatura per chi, tradito da proprietario, allenatore, GM e compagni di squadra, ha fatto l’impossibile contro una squadra che un giorno la storia riconoscerà come Top 5 di ogni epoca. Quindi no, non è giusto. È una mafia, come si diceva da ragazzini. Ma per chi è quotidianamente sotto scrutinio per essere eletto GOAT della pallacanestro anche la più piccola macchia non può che andare a referto. E finire 3-6 è una macchia davvero bella grossa.
MVProf