Oh, snap! – Wild Card
You like that! – Il meglio del meglio⬆️???
MARIOTA TO MARIOTA
C’è un’aura di mistero che ha circondato la stagione di Marcus Mariota. La sua stagione 2017 è stata contrassegnata da una chiara involuzione rispetto alle premesse e alle aspettative. Il dato più evidente sono i numeri “Blake Bortleschi” di 13 TD e 15 INT durante la stagione regolare. Anche per questo motivo, i Tennessee Titans arrivavano all’Arrowhead Stadium da sfavoriti, ma ne sono poi usciti con lo scalpo dei capi indiani. Grande prestazione di Mariota? A livello generale, no. Infatti, rispetto alle medie stagionali, questi ha lanciato per meno yard totali, meno yard per tentativo, con una percentuale meno precisa e con un QBR inferiore. Eppure, ha estratto uno storico coniglio dal cilindro. A metà terzo quarto e con i Titans alla disperata ricerca di punti, ha lanciato un touchdown a… se stesso. Mariota è il primo QB della storia dei playoff a riuscire in tale giocata. In regular season Brad Johnson dei Vikings ci riuscì in Week 7 del 1997 e, sempre nello stesso anno, anche Nelson Muntz…
SIGNOR SMITH
Trattasi della proverbiale lancia da spezzare in maniera preventiva prima di toccare l’argomento con ben altro piglio poco più in basso. Cosa salvare della disastrosa partita di sabato sera dei Kansas City Chiefs? Semplice, Alex Smith. Quattro ore circa prima che il giocatore scendesse in campo Ian Rapoport, l’insider per eccellenza di tutti i fatti di NFL, ha fatto circolare la voce che il quarterback era ormai con le valigie in mano, destinato ad essere scambiato durante l’offseason. Il piano sarebbe stato quello di affidarsi dal 2018 a Pat Mahomes, il rookie scelto quest’anno da Texas Tech. Nonostante tutto, nel primo tempo Smith ha prodotto una prestazione da 19 su 27 per 231 yard e 2 TD, compreso un chirurgico drive da 6 su 6 e touchdown nell’ultimo drive del 2° quarto. A prescindere dal collasso collettivo della squadra, Smith ha certo fatto gola a squadre a cui i suoi servigi l’anno prossimo farebbero davvero comodo.
SPEEDBUMP
Nella miglior partita che questo turno di Wild Card ha prodotto, uno dei protagonisti è stato certamente Cameron Jordan. Il defensive end dei New Orleans Saints è da poco stato eletto al terzo Pro Bowl della carriera e nominato per la prima volta nel primo team All Pro. Tale curriculum non è certo rimasto su carta. In campo, ha prodotto 3 placcaggi, 2 passaggi deviati e un sack. Giocata chiave, poi, è stato l’aver costretto Cam Newton all’intentional grounding che ha dato una mazzata al drive finale dei Panthers. L’ebbrezza della vittoria ha portato il giocatore a scatenarsi in un liberatorio di trash talking di pregevole fattura. La sua prima vittima è stato dirimpettaio di giornata, il LT Matt Kalil. Questi, già deludente nei cinque anni a Minnesota, è stato brutalizzato da ciascuna delle tre partite stagionali contro Jordan, che lo ha poi definito “Speedbump McGee.” Come dire un misero dosso stradale che non può certo fermare una fuoriserie come lui. Tostato a dovere, in campo e fuori.
VIA COL VENTO
Encomiabile a dir poco lo sforzo profuso dell’ex quarterback dei Cowboys Tony Romo. Il color commentator della CBS, che era al lavoro domenica per Jags-Bills (pure in giacca e cravatta, era il miglior QB presente allo stadio), ha davvero tentato in tutti i modi di fomentare il pubblico nei confronti di quella che è passata alla storia come una delle peggiori esibizioni di football della storia. A inizio gara, Romo ha definito il match una partita a scacchi fra due ottime difese. A giustificare la deludente prestazione dei due quarterback, ha poi addotto la scusa del vento forte, per quanto questi non abbiano mai superato le 3 miglia orarie. E questo pure mentre Blake Bortles sbagliava malamente banali screen pass di 5 yard. Romo servirà come il pane ancora di più nel 2018, quando Jon Gruden (vincitore morale della settimana a sua volta) lascerà un vuoto nella cabina di commento di ESPN per andarsi a sedere sulla panchina degli Oakland Raiders.
L’ANTI-PARATA
Era stata promessa, minacciata quasi, e alla fine è diventata realtà. Con la sedicesima sconfitta stagionale in altrettante partite, i Cleveland Browns sono ufficialmente diventati la peggior squadra della storia NFL, a pari merito coi Detroit Lions del 2008. Siccome di organizzare una parata per celebrare la vittoria di un Super Bowl non se ne parlerà per un altro decennio almeno, i tifosi dei Browns hanno deciso di scendere per le strade a celebrare un’anti-parata. La cosa non è andata giù a diversi giocatori, nonché al più famoso abitante dell’Ohio, LeBron James. Ma, in fondo, la festicciola è più che giustificabile. Poter finalmente celebrare qualcosa per una tifoseria così tafazziana ha un che di catartico, l’atto di purificazione caro ai greci. In secondo luogo, ricorda il Carnevale nella sua funzione originale, il giorno in cui l’ordine prestabilito veniva ribaltato e il caos portato avanti dalla parte più bassa della popolazione era il motore della festa. E poi al Mardi Grasa manca solo un mese circa.
Ice up, son! – Il peggio del peggio⬇️❄️?❄️
TRIPLETTA
Non è il momento migliore per gli arbitri americani. Già in aperto conflitto in NBA e NCAA, il caso si allarga anche all’NFL. Ed è proprio nel corso del weekend che la vicenda ha vissuto un nuovo capitolo negativo. Sabato, Trevis Kelce ha subito un placcaggio casco contro casco chiaramente irregolare, ma incredibilmente non punito dagli arbitri. Per di più, questi non si sono avveduti di un chiaro fumble dello stesso in seguito al colpo, commettendo così due errori in un’unica giocata. Sempre nella stessa partita, è stato fischiato un inesistente forward progress appannaggio di Mariota che da regolamento avrebbe invece dovuto essere indicato con fumble del QB. Al centro del mirino per questi tre errori gravi è finito il capo arbitro Jeff Triplette, nella lega dal 1996, ma ufficialmente ritiratosi fra le polemiche dopo la gara. KC avrà anche meritato di perdere, ma il peso degli errori della crew di Triplette nel condizionare la gara è stato enorme.
NON DIRE GATTO
Nella storia dei playoff NFL, solo quattro volte la squadra che aveva accumulato un vantaggio di 18 o più punti all’intervallo ha poi perso la partita. La metà di tali casi portano la firma dello stesso uomo, coach Andy Reid. Il primo episodio risale al 2013, quando i Chiefs si fecero recuperare dagli Indianapolis Colts un vantaggio che era arrivato fino a 28 punti, per poi perdere 45-44. Il secondo risale appunto a sabato, quando KC comandava la partita per 21-3 ed era in totale controllo. Per dare un’idea del collasso, la squadra non ha conquistato un singolo primo down nel terzo quarto e negli ultimi due sommati Smith ha lanciato per 33 yard e Hunt ha corso per 17. La partita è stata un microcosmo della stagione 2017 dei Chiefs, fortissimi a inizio anno e impresentabili nella seconda metà. Dopo tali sciagure nel playcalling e nella gestione delle crisi, coach Reid potrebbe presto doversi cercare un nuovo lavoro.
QUANTO BASTA
La lega ha chiaramente fatto intendere negli ultimi anni come la NFL stesse diventando sempre più una lega basata sui quarterback. Regole e tendenze di gioco hanno comprovato tale nuova filosofia. Peccato che da due stagioni a questa parte il primo weekend di Wild Card sia costellato da QB che dovrebbero essere totalmente estranei a palcoscenici tanto prestigiosi. L’anno scorso, infatti, fra i titolari delle prime quattro partite avevamo trovato Connor Cook (OAK), Brock Osweiler (HOU) e Matt Moore (MIA). Quest’anno, non è andata molto meglio, col “Tebowesco” Blake Bortles (JAX), Tyrod Taylor e Nathan Peterman (BUF). Quest’ultimo, entrato per l’infortunato Taylor nel finale, ha fatto un cameo memorabile. In quattro snap è riuscito a lanciare un passaggio completo, uno incompleto, causare un fumble e un intercetto. Insomma, non proprio un buono spot per i propri colleghi…
RAZZISTA IN INCOGNITO
Si tratta ancora di una storia in divenire, ma, se dovesse essere confermata, sarebbe una brutta pagina per le parti in causa. Alla fine di Jags-Bills, Yannick Ngakoue ha accusato via Twitter Richie Incognito di averlo offeso durante la gara con insulti razzisti. Riferendosi a Incognito come “64” per il suo numero di maglia, ne ha messo su piazza il comportamento scorretto. Brandon Beane, GM dei Buffalo Bills, ha affermato che potrebbe essersi trattato di un malinteso, per quanto la delicatezza del caso richieda un’investigazione meticolosa. Difficile accordare in quest’istanza a Incognito la presunzione d’innocenza, poiché ai tempi dei Dolphins si era macchiato di un grave caso di bullismo e razzismo nei confronti del compagno Jonathan Martin. Negli ultimi tempi Incognito aveva provato a ripulire la propria immagine, ma questo episodio potrebbe risultare determinante nell’affibbiargli una bruttissima etichetta.
MVProf
PS: Trattasi di un nuova rubrica. Il nome è forse migliorabile, ma resterà fino alla prossima stagione.