NBA Preview – Southeast Division
Analisi division per division di tutte le squadre NBA
ATLANTA HAWKS
Atlanta… Warriors? Il modello di riferimento per il nuovo GM degli Atlanta Hawks Travis Schlenk è chiaro e mira appunto a ricreare quanto di buono fatto nella Baia sotto la sua supervisione. Non a caso, il draft di quest’anno sembra ricalcare in maniera quasi radicale le passate scelte dei Warriors. Con la prima scelta è infatti arrivato Trae Young, definito da molti uno Steph Curry 2.0. La fiducia in lui era tale che Atlanta ha lasciato ai Mavericks Luka Doncic. Sebbene ciò non sia dipeso da loro, da ora in avanti le rispettive carriere saranno messe a confronto ad nauseam. Con le altre due prime scelte sono arrivati Huerter e Spellman, che a loro volta ricordano Thompson e Green. La free agency è stata meno esaltante, visti gli arrivi di Len, Lin e di nonno Carter. Finita l’era Budenholzer, fiducia al rookie della panchina Lloyd Pierce. Tutto porta a pensare che Atlanta sarà la peggiore squadra della lega e già 20 W appaiono tante. Tuttavia, prima dei successi e delle parate, anche i Warriors sono partiti dal nulla.
CHARLOTTE HORNETS
I Charlotte Hornets sono come intrappolati nella terra di nessuno. Dwight Howard ha – di nuovo! – cambiato squadra (vedi sotto) in cambio di Mozgov, a sua volta scambiato per Biyombo. Da questo triangolo di centri bolliti Charlotte è uscita forse peggio di prima, dovendo assorbire altri due anni a $34M del congolese. E a proposito di contratti, quello di Kemba Walker è in scadenza quest’anno. La scelta sarà se offrirgli un max contract o scambiarlo prima della trade deadline, magari insieme al contratto-albatross di Nic Batum. Curiosa anche la scelta di dare un biennale al 36enne Tony Parker, per quanto serva come il pane una guida esperta per i giovani. Malik Monk ha avuto un anno da rookie in crescendo e alte sono anche le aspettative sulla prima scelta di quest’anno, Miles Bridges. A un altro ex Spurs, coach Borrego, il compito di guidare questo strano mix. Così costruiti i calabroni non hanno prospettive reali di playoff e la titubanza nel resettare tutto rischia di bloccarli ancora a lungo.
MIAMI HEAT
Il fatto che la notizia principale dell’estate dei Miami Heat sia stato il ritorno di Wade e Haslem racconta due realtà. In primis, che la dirigenza aveva le mani legate, essendo rimasta senza scelte e senza spazio salariale. Inoltre, che la squadra già così costruita è da considerarsi sufficientemente competitiva. I punti forti sono stati e saranno difesa e produzione della panchina. Un secondo quintetto composto da TJ, Wade, Ellington (rifirmato dopo la stagione record), Olynyk e Adebayo è un lusso per l’Eastern Conference. Più problematica la situazione Hassan Whiteside, apparso totalmente avulso dal gioco ai playoff contro Philly e incapace di migliorare alcun aspetto del suo repertorio ormai stantio. Miami vorrebbe cederlo, magari per arrivare a Jimmy Butler, ma contratto e attitudine fanno sì che non ci sia la folla di pretendenti davanti alla porta dell’AA Arena. L’ossatura di Winslow, Richardson e Bam è da considerarsi intoccabile, ma c’è da pensare che Pat Riley potrebbe modificare il roster da qui all’inverno. Obiettivo stagionale è il vantaggio campo ai playoff.
ORLANDO MAGIC
Può il solo Mo Bamba dare dignità alla stagione degli Orlando Magic? Questa è la vera domanda che attanaglia dei Magic in ricostruzione. Il centro da Texas scelto alla #6 è un giocatore interessantissimo con upside illimitato. Difensivamente, la sua apertura alare record di 238 cm lo porta ad oscurare la vallata come pochi centri. In attacco, atletismo e tiro perimetrale lo rendono un unicum che potrebbe riportare i centri protagonisti nel panorama NBA. La posizione a Orlando è peraltro già piena, con Vucevic e Mozgov, senza considerare i lunghi Gordon e Isaac. Come guardie, Fournier, Ross, Grant e Augustin completano un roster chiaramente sbilanciato in favore del front court e senza un play degno di questo nome. La crescita dei giovani è la missione per il 2019 del neo coach Steve Clifford e perciò alcuni giocatori – Vucevic su tutti – potrebbe venire scambiati in cambio di capitali futuri. La strada per il rilancio è lunga: atletismo e gioventù non si discutono, ma tutto il resto è ancora da costruire da zero.
WASHINGTON WIZARDS
L’arrivo di Dwight Howard innalza all’istante i Washington Wizards al ruolo di contender. Se fosse il 2010, questo sarebbe stato il modo di commentare la notizia. Per carità, l’ormai ex Superman è un upgrade rispetto a Marcin Gortat e porta con sé da Charlotte medie da 17+13. Tuttavia, in un est molto competitivo per le posizioni di testa serve ben altro. Positiva l’acquisizione di Jeff Green, mentre resta da valutare quella di Austin Rivers. Più che il talento, a destare dubbi sui Wizards è la tenuta mentale dello spogliatoio. Rivers, Howard, Morris e John Wall formano un quartetto di personalità fumantine tutto da scoprire. Wall resta l’MVP del team e uno dei migliori 15-20 giocatori NBA e in campo aperto ha pochi rivali. L’attacco a metà campo è però meno competitivo e resta da vedere come e quanti tocchi Howard esigerà nel pitturato. L’anno scorso erano arrivate 43 vittorie e, mentre Wall pone l’asticella a 50, una più prudente Vegas ne prospetta 44.5. L’over non è impossibile, ma l’impressione è che le idee per portare questo gruppo al next level siano ormai agli sgoccioli.
MVProf