Gli Affari dell’Estate: Southwest Division (WEST)
Analisi division per division di tutte le squadre della NBA
Fra parentesi sono indicati il piazzamento nella conference e il record totale dello scorso anno, in base al quale le squadre sono state classificate nel presente articolo. Le novità in quintetto sono in maiuscolo e le formazioni indicate sono solo una scelta arbitraria dei migliori cinque giocatori in ogni ruolo presenti ad oggi nel roster.
SAS (2° W @ 61-21): Parker, Green, Leonard, Aldridge, P. Gasol – Coach Popovich
Innesti importanti: Gay
Cessioni importanti: N/A
Analisi: Quest’anno, per la prima volta da diversi anni, gli Spurs non sono più da considerare i favoriti al titolo – a dir poco. Vero che l’anno scorso anno è mancata la controprova di cosa poteva essere una serie di playoff contro Golden State nel pieno delle forze, ma se già prima il gap era evidente ora si è allargato. I Dubs restano superiori, mentre considerando i rinforzi di OKC (PG13 e ‘Melo) e Houston (CP3), San Antonio resta appena attaccata al quartetto che assicura il vantaggio campo. Kawhi Leonard fa tutta la differenza del mondo, in quanto giocatore stratosferico da cui dipendono quasi in toto i destini dei texani. LaMarcus Aldridge invece è calato di anno in anno dal suo arrivo all’Alamo via Portland: se in stagione è una magagna che può essere nascosta, preoccupa che ai playoff l’involuzione sia ancora più evidente. Anche per colpa del contrattone assegnatogli due estati fa, anziché rinforzare il roster sono state fatte scelte da far grattare il capo. Tony Parker è infortunato e non ringiovanisce, in più il sogno di arrivare a Paul non è mai nemmeno stato vicino dal concretizzarsi. Pau Gasol era uscito dal contratto proprio per tentare di garantire più libertà d’azione alla società, salvo poi venire da questi omaggiato di un contrattone assurdo per un 37enne – 3 anni a $48M! Dedmon e Simmons sono emigrati altrove, mentre è tornato per la stagione numero sedici un 40enne Manu Ginobili. L’unica addizione degna di nota è Rudy Gay, peraltro noto per migliorare istantaneamente la squadra che lo…molla. Il valore aggiunto è sempre Pop, senza il quale questo collettivo sarebbe poco più di una New Orleans qualunque.
HOU (3° W @ 55-27): PAUL, Harden, Ariza, Anderson, Capela – Coach D’Antoni
Innesti importanti: Paul
Cessioni importanti: Beverly, Williams
Analisi: Nell’ultimo decennio, ovvero da quando LeBron decise di portare i suoi talenti a South Beach, si è cominciato ad assistere al trend sempre più crescente di superstar che univano le forze sotto un’unica bandiera. L’arrivo a Houston di Chris Paul, ultimo esponente di playmaker puro in NBA, però è un caso ancora più estremo. Appena una stagione fa James Harden si era convertito con successo alla religione dei playmaker, pur con qualche variante sul genere. Il limite di quella mossa si è notato a fine stagione, quando un Harden stracotto era costretto a iniziare l’attacco dei suoi ad ogni possesso, fino ad arrivare senza testa né gambe in Gara 6 contro San Antonio. Sulla carta, la coesistenza con CP3 non implica che il Barba tornerà a tempo pieno nelle vesti di guardia tiratrice pura, anzi le sue doti di assist-man saranno certamente richieste in più occasioni. Se è lecito pensare che lui possa alternarsi nei due ruoli, non è detto che ciò sia applicabile anche a Paul, che nella vita non ha mai fatto altro che il play con palla in mano per la maggior parte del tempo. Da come i due All Star dipaneranno questa matassa dipenderà il giudizio sul mancato arrivo di Carmelo Anthony in Texas. ‘Melo è a sua volta un accentratore, ma è innegabile che per il suo talento di realizzatore sarebbe stato accolto a braccia aperte da tutti. L’incappucciato è invece finito a OKC e Houston è così passata agli occhi di molti da prima alternativa ai Warriors a terza forza dietro i Thunder. Il resto del quintetto dei Rockets è di qualità e anche la panchina, pur indebolita dalla trade per Paul, resta solida. Come detto però, il destino dei razzi passerà quasi esclusivamente da come Paul e Harden normalizzeranno una situazione del tutto unica.
MEM (7° W 43-39): Conley, EVANS, Parsons, B. Wright, M. Gasol – Coach Fizdale
Innesti importanti: Evans
Cessioni importanti: Randolph, Carter, Allen
Analisi: Non è mai facile chiudere un capitolo e contestualmente aprirne un altro altrettanto vincente, e in questo i Grizzlies devono stare attenti. In estate hanno salutato Carter, Z-Bo e Tony Allen, tre esponenti chiave della cultura grit and grind: sentimentalismi a parte, con 37 anni di media in tre l’addio non era più rimandabile. Per rimpiazzarli, Memphis in free agency ha pescato Ben McLemore e Tyreke Evans: più che affidabili pedine, due reietti in cerca di rivalsa. In più, è stato messo sotto contratto Mario Chalmers, ex punchball preferito di LeBron a Miami. Sulla carta, tale ricetta non sembra abbastanza per assicurarsi i playoff per l’ottavo anno di fila, anche in considerazione di quanto il livello generale dell’ovest si sia innalzato in offseason. Per usare un trito modo di dire, il più grande acquisto i Grizzlies potrebbero averlo già avuto in casa. Si tratta di quel Chandler Parsons arrivato con mille aspettative lo scorso anno e finito per passare più tempo sui giornali di gossip che sul parquet. Le certezze su cui Memphis può fare affidamento sono Mike Conley e Marc Gasol. Il primo viene da una stagione super, ma non va scordato che il suo contrattone è parte del perché l’offseason di Memphis sia stata al risparmio. Il catalano resta un lusso per pochi a centro area, ma anche per lui l’età potrebbe cominciare a creare dubbi nella dirigenza. Per la trade deadline avrà compiuto 33 anni e, se per allora la squadra sarà fuori dalla lotta playoff, è possibile che il giocatore verrà mosso altrove in cambio di giovani e scelte per ripartire da capo.
NOP (10° W @ 34-48): RONDO, Holiday, Cunningham, A. Davis, Cousins – Coach Gentry
Innesti importanti: Rondo
Cessioni importanti: Evans
Analisi: Due anni fa si pensava che l’ottavo posto fosse l’inizio di un percorso importante per i Pelicans, ma lo sweep ricevuto dai Warriors è stato come una manciata di sale sul terreno. Anthony Davis è il fuoriclasse che rappresenta il presente e il futuro della franchigia per i prossimi 10-15 anni, ammesso e non concesso che non si stanchi prima di perdere. Sono ormai dieci anni che gli Hornets/Pelicans non vincono una serie di playoff e da allora sono arrivate appena tre vittorie totali in postseason. Ecco che per dare una scossa all’ambiente lo scorso febbraio è arrivato DeMarcus Cousins nella tanto chiacchierata trade con Sacramento. Ora i due hanno avuto tutta l’estate e il training camp per trovare la giusta amalgama e finalmente potrebbero aver trovato quel playmaker che è sempre mancato nelle loro rispettive carriere. Rajon Rondo ha infatti raggiunto i due a NOLA e può essere l’ideale pezzo di congiunzione per dare un senso all’aver messo insieme due lunghi di 2.10m in quella che in NBA è l’era delle ali piccoli. Il risvolto della medaglia è che Rondo viene da un’esperienza di spogliatoio burrascosa a Chicago e ancora si porta dietro strascichi da Boston e Dallas: non è detto che voglia perciò anche farsi (di nuovo) carico della testa calda di Boogie Cousins sia in campo che fuori. Questi sono solo due dei dubbi che attanagliano la squadra. Jrue Holiday è stato pagato troppo? Renderà come guardia al fianco di Rondo lui che a sua volta è un play? La combinazione di Allen e Cunningham sarà abbastanza per colmare una voragine in ala piccola? Solomon Hill dovrà saltare tutto l’anno dopo l’operazione? Le questioni in sospeso sembrano davvero troppe per pronosticare per i Pelicans un volo tranquillo in stagione.
DAL (11° W @ 33-49): SMITH JR, Matthews, H. Barnes, Nowitzki, Noel – Coach Carlisle
Innesti importanti: Dennis Smith jr
Cessioni importanti: N/A
Analisi: Chiudiamo questa rassegna col 30° e ultimo team in esame, i Mavericks. Team interessante quello texano, per quanto ad un crocevia epocale. La scorsa estate Dirk Nowitzki aveva firmato un contrattone di riconoscenza da 2 anni a $50M. A luglio 2017 il tedesco è invece uscito da suddetto contratto e ne ha firmato uno dal tenore opposto, ossia due anni a $10, col secondo a discrezione del team. Corresponsabile di queste fluttuazioni economiche è stato con le sue scelte Nerlens Noel, che in maniera scellerata ha rifiutato un contratto da 4 anni a $70M… salvo poi accontentarsi di una qualifying offer da poco più di $4M. Il centro ex Sixers è stato portato a casa con poco, ma per il prezzo richiesto non ha ancora fatto vedere di essere all’altezza di quella sesta scelta assoluta spesa in origine da Philly nel 2013. Nona scelta, ma di quest’anno, è stata Dennis Smith jr, play da NC State fra le rivelazioni dell’ultima Summer League. In squadra troverà, oltre ai già citati due lunghi, buoni pezzi di completamento come Seth Curry, il versatile Wes Matthews e il solido Harrison Barnes. In questo mix di gioventù e senilità, dollaroni e pochi spicci, Dallas è sostanzialmente rimasta la stessa, anzi se non altro ha risparmiato qualche milione ed è ora una delle squadre con maggior spazio sotto al cap. Difficile sostenere che Mark Cuban abbia assemblato una squadra ben bilanciata, specie se si pensa ai due giocatori più importanti della squadra: quando Wunderdirk fu draftato dai Mavs nel ’98, Dennis Smith jr non aveva ancora compiuto 7 mesi! In panca Rick Carlisle resta uno dei migliori coach NBA e per certi versi uno dei più sottovalutati, e potrà dare dignità a Dallas e al crepuscolo della carriera di Nowitzki.
MVProf