Felice CCCG!

Celebrando, per esteso, la Consueta Crisi dei Cavs di Gennaio

Natale, Capodanno e poi Epifania, che tutte le feste porti via. Ma non è del tutto esatto. Non c’è una decisa soluzione di continuità fra tali festività e la tradizionale crisi esistenziale che affligge i Cleveland Cavaliers a gennaio. Come le ricorrenze precedenti, anche questa porta grande giubilo e diletto, specialmente a giornalisti, blogger, hater e curiosi che circondano l’NBA. È ormai un anniversario fisso che dura dal 2014, anno del secondo arrivo in Ohio del figliol prodigo LeBron James. Il suo ritorno a Cleveland da Miami ha portato più di un singolo, grande terremoto. In Florida si era lasciato alle spalle i Big Three e quei Cavs, pur pieni di potenzialità, necessitavano di un deciso restyling. E così Andrew Wiggins ebbe appena il tempo di fare qualche foto ufficiale prima di essere spedito ai Minnesota Timberwolves in cambio del più maturo e pronto Kevin Love. Ma non era finita lì. Il 5 gennaio 2015 i Cavs misero in piedi una trade a tre per arrivare a JR Smith e Iman Shumpert dai New York Knicks e, due giorni più tardi, scambiarono due prime scelte per arrivare al centro russo Timofey Mozgov, un rim protector che in squadra mancava. Un anno dopo, nonostante il miglior record ad est di 30-11, il 22 gennaio 2016 coach David Blatt fu licenziato.

Al posto di un nome importante, Tyronn Lue fu promosso da assistente a capo allenatore col beneplacito di LBJ, confermando l’impressione che la sua influenza sulla franchigia si estenda ben oltre il parquet. Poche settimane dopo Anderson Varejao, storico giocatore dei Cavs, e Jared Cunningham furonoRisultati immagini per lebron gmscambiati per arrivare a Channing Frye, perché Mozgov non serviva più ed era anzi meglio prendere un lungo funzionale ad allargare il campo. Un altro anno passa, ma la storia non cambia. Il 7 gennaio 2017 fu accolto in squadra Kyle Korver in cambio di Mike Dunleavy, Mo Williams e una prima scelta al draft del 2019 per gli Atlanta Hawks. La presenza di Kevin Durant a Golden State aveva però innescato un meccanismo di frenetica ricerca che si estese per due ulteriori mesi. Dopo una sconfitta pesante contro i Pelicans, LeBron sbottò di fronte ai cronisti, lamentando un roster troppo risicato e la necessità di aggiungere un fucking playmaker alla second unit. Così il 27 febbraio arrivò Deron Williams.

L’ex Nets e Jazz fu poi seguito da Andrew Bogut e Larry Sanders, esperimenti (falliti) di trovare, di nuovo, un lungo da pitturato che delegasse Frye in panchina. Arriviamo così al presente. La stagione dei Cavs era cominciata con l’arcinota trade obbligata di Kyrie Irving, stanco di un ambiente che, si vocifera, lui stesso ha definito malsano. Dopo un inizio stentato contraddistinto da tanti cambi di lineup, è iniziata una serie di risultati positivi promettente. Dall’11 novembre al 21 dicembre Cleveland ha vinto 18 partite a fronte di due sole sconfitte. In quel filotto vincente sono arrivati successi importanti, ma su avversarie modestissime. Di quelle 20 squadre, solo 5 farebbero attualmente parte dei playoff – e le due sconfitte dei Cavs sono arrivate contro Pacers e Bucks, due di loro. Dall’ultima vittoria della serie è iniziato il nuovo declino, che ha nelle due partite contro i Warriots – Natale e MLK Day – i paletti che delineano il nuovo periodo di crisi. In quel frangente, otto sconfitte e due misere vittorie, fra cui una serie nera di tre partite consecutive con 127, 127 e 133 punti subiti.

E allora rieccoci con voci di malcontento dello spogliatoio (in stato di semi-anarchia) che parlano della necessità di profondi cambiamenti per rimettere la stagione dei Cavs sulla giusta carreggiata, poiché il famoso interruttore on/off non basterebbe più per battere i Dubs. Ma c’è di più. Quelle voci si sono concretizzate in vere e proprie lettere anonime dei giocatori recapitate alla dirigenza, giusto per non lasciare adito a dubbi. La portata inaudita di tale SOS fa sorgere il dubbio. E se, per sottolineare ulteriormente la necessità di una trade e accelerare il processo, fossero i giocatori stessi a giocare male apposta? O, più probabilmente, uno solo, l’unico che sa di non poter essere mandato ad una Sacramento qualunque. Ebbene sì, è lecito pensare che di nuovo dietro a tutto si celi LeBron, che da Pat Riley deve aver imparato una cosa o due su come fungere da oscuro burattinaio lontano dai riflettori.

Ad ogni modo, chi sono allora, al quarto anniversario di questa crisi sistemica, i nuovi obiettivi? I nomi sono grossi. Paul George, DeMarcus Cousins, DeAndre Jordan e Anthony Davis sono i nomi circolati questo inverno. Lo Risultati immagini per lebron timeoutsweep stagionale contro i Warriors e la sensazione di un divario assai maggiore che in passato hanno elevato il rango delle richieste di King James, ora non più soddisfatto della sola aggiunta di role player qualunque. Per arrivare a quei nomi i Cavs metterebbero sul piatto Thompson e JR, due giocatori in evidente calo dopo tre annate positive in Ohio. Ma quello solo da un punto di vista salariale. Il maggiore asset che la dirigenza può mettere sul piatto per ingolosire un potenziale partner è la prima scelta di Brooklyn, giunta a Cleveland via Boston. Tuttavia, c’è una condivisibile riluttanza da parte della dirigenza nel separarsene, in quanto unica assicurazione di un futuro post-LeBron.

Il pensiero infatti è proiettato all’estate prossima, quando LeBron sarà di nuovo free agent. Senza una conferma chiara e tonda da parte del re della sua permanenza in Ohio, privarsi della prima scelta è un rischio enorme per Cleveland. Dei quattro obiettivi citati, i primi tre sono a loro volta destinati a diventare free agent in estate e non vi è certezza alcuna di un loro ritorno per il 2018-19. Lo estivo scenario peggiore vedrebbe allora i Cavs nuovamente sconfitti sul campo, con LeBron diretto verso altri lidi, idem per il giocatore arrivato via trade in cambio della scelta dei Nets e la necessità forzata di tenersi Kevin Love e Isaiah Thomas. Due giocatori, peraltro, che finora stanno dimostrando di non poter nemmeno lontanamente convivere in campo insieme. Solo la storia dirà quale fra questi o altri scenari andrà in porto, ma nel frattempo la frenesia collettiva del classico gennaio burrascoso non ha risparmiato i Cavs nemmeno quest’anno.

MVProf

 

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