Dalle stelle alle stalle… e di nuovo alle stelle
Il percorso di redenzione dei Cleveland Browns è lungo e pieno di insidie, ma non per questo impossibile
I Cleveland Browns hanno appena concluso la stagione 2017 senza vittorie, punto più basso per una franchigia da fin troppo tempo allergica al successo. Non da sempre, però. Forse non tutti sanno che nell’era pre-Super Bowl degli anni ’40, i Browns erano considerati una potenza del football, fama consolidata dominando i campionati di AAFC. Nelle prime quattro stagioni dalla loro fondazione, i Browns dell’Hall of Famer Otto Graham avevano postato un record totale di 52-4-3. Al suo interno c’è stata addirittura la prima stagione perfetta di sempre, ben prima dei Dolphins di Don Shula. Dopo tanti successi, come pietra tombale è arrivata la stagione 1970, la prima dell’era Super Bowl. Da allora, nulla è stato più lo stesso, ma una lenta e dolorosa discesa agli inferi. La stessa franchigia che aveva messo a referto una sola stagione perdente nei suoi primi 24 anni di storia, ha inanellato una lunga serie di record di futilità, fino ad arrivare ad ottenere due sole stagioni vincenti in tutto il terzo millennio. Il peggio del peggio è storia recente, con 8 quarterback passati dal casello di Cleveland per accumulare appena 4 vittorie nelle ultime 48 partite. Trend culminato – si fa per dire… – con l’ultima stagione senza vittorie. Zero. Nada. Rien de rien. Nel 2017 Steelers, Ravens e Bengals due volte a testa, e poi Colts, Jets, Texans, Titans, Vikings, Lions, Jaguars, Charger, Packers e Bears settimanalmente hanno portato a casa lo scalpo dei Browns. Com’è stato possibile cadere così in basso fino a diventare la barzelletta ricorrente d’America?
Fin dal cancelletto di partenza, non è che le premesse fossero delle più rosee. Difatti, i Browns ripartivano dopo aver chiuso la stagione 2016 col *secondo* record peggiore di sempre, 1-15. Il draft doveva giungere in aiuto in maniera importante in virtù delle tre scelte al primo giro, poi concretizzatesi in Myles Garrett, Jabrill Peppers e David Njoku, ai quali è poi seguito al secondo giro il QB DeShone Kizer. C’era aria di cambiamento, tanto che coach Hue Jackson aveva dichiarato trionfante, “I’m not going 1-15. No. I’ll be swimming in that lake over there somewhere. That’s not happening.” Quando si dice le ultime parole famose… Pronti, via e l’anno è cominciato come peggio non poteva. Il primo drive dell’anno è un microcosmo dell’intera stagione: questo ha compreso un passaggio completato per -9 yard, una penalità da -5 yard e infine un punt bloccato e ricoperto dagli Steelers in TD. Uh-oh. Già a quel punto, coach Jackson deve aver cominciato ad avvertire sulla schiena i primi brividi freddi provenienti dal lago Erie. Il resto della stagione è un freak show di pessima amministrazione. Tanto fra i dirigenti, che sbagliano i tempi per la trade di AJ McCarron, quanto fra i giocatori, che dilapidano i vantaggi nei finali. In tutto, i Browns sono arrivati a giocarsi ben sei partite all’ultimo possesso, fallendo ogni volta sul più bello. Inutile parlare di se, di ma o di sfortuna, quando si tratta della squadra col peggior attacco e la seconda peggior difesa dell’intera lega.
Mentre la città di Philadelphia festeggiava la vittoria del Super Bowl LII, quella di Cleveland ha voluto ugualmente scendere nelle strade e tenere la propria parata degli orrori per il raggiungimento della stagione (im)perfetta. In fondo, la festicciola è più che giustificabile. In primo luogo ciò ricorda il Carnevale nella sua funzione originale. Trattasi del giorno in cui l’ordine prestabilito veniva ribaltato e il caos portato avanti dalla parte più bassa della popolazione era il motore della festa. Nell’atto c’era anche una palpabile aura catartica, l’atto di purificazione caro ai greci. Nel gelo del gennaio del Midwest, il motivo che ha spinto migliaia di tifosi a riempire le vie del centro non era affatto la celebrazione della propria inettitudine. Al contrario, si è trattato di una protesta pacifica, ma risoluta. Se da un lato attraverso di essa gli occupanti del Dawg Pound hanno dimostrato passione, coesione, amore per la maglia, dall’altro hanno inviato una serie di messaggi a giocatori e dirigenza. La direttiva a entrambe le parti era inequivocabile: vi sentite umiliati, imbarazzati e feriti? Bene, allora fate qualcosa a riguardo e fatelo adesso, perché evidentemente fare schifo per 18 anni filati non vi basta come motivazione. Praticamente ogni stagione dal ritorno in NFL, avvenuto nel 1999, sembra una replica continua dello stesso copione, come Doctor Strange che tenta di patteggiare con Dormammu. Ogni anno una stagione deludente, seguita da un draft con tante scelte alte, ma mai nessuna svolta. E così ancora e ancora e ancora. Il 2018 ha però tutta l’aria di essere una stagione diversa dalle altre.
Confucio diceva “Studia il passato se vuoi prevedere il futuro.” Per quanto imbarazzanti siano stati i Browns lo scorso anno, i Detroit Lions del 2008 erano stati la prima franchigia NFL a raggiungere il poco invidiabile record di 0-16. Dalla parabola della squadra del Michigan è possibile capire quali passi compiere verso il rilancio. Con la prima scelta assoluta del draft 2009, i Lions selezionarono Matthew Stafford da Georgia, che formò col già presente Calvin Johnson uno dei migliori duo QB-WR di quegli anni. Questa situazione ricalca ottimamente la stato attuale delle cose per Cleveland, in posizione per scegliere per prima al draft 2018 e selezionare quel quarterback trasformativo per la franchigia. Tutti sanno che avere un QB solido (e pagato il giusto) è la pietra angolare per i successi di ogni team. Tranne i Browns, che dal ’99 non hanno draftato un QB nella Top 10. Con un pool di QB di talento disponibili al draft come quest’anno, i Browns sono in perfetta posizione per fare la scelta giusta e mettere insieme un altrettanto solido duo insieme al redivivo WR “Flash” Gordon. Sbagliare non è ammesso: aggiungere un altro nome sbarrato alla famosa jersey dei QB fallimentari sarebbe un cataclisma. Ottimisticamente parlando, il tetto massimo cui i tifosi dei Browns possono aspirare è quello costituito dagli Houston Astros. Quando a giugno 2014 Sports Illustrated proclamò i fin lì disastrosi Astros i futuri campioni delle World Series 2017, nessuno li prese sul serio. La storia ha dato ragione al magazine. Tale pronostico non è troppo lontano da quello del tifoso che, intervistato alla parata, ha predetto la vittoria del Super Bowl dei Browns per il 2021. Se anche tale profezia diventerà realtà, a Cleveland ci sarà un’altra parata, stavolta vera e propria. Lì, troverete anche quei tifosi che questo 6 gennaio erano in strada a mostrare il loro dissenso. E nessuno potrà accusarli di essere saliti sul carro del vincitore. In fondo, loro ci sono sempre stati. Specialmente quando sfilava il carro dei perdenti.
MVProf