Cover Four – Week 14
Ogni settimana tratteremo quattro spunti di riflessione più o meno seri donatici dalla National Football League
CLEVELAND BRAHAHAOWNS
Quanto sono pessimi i Cleveland Browns? Non si tratta di una domanda retorica, ma dello spunto per un piccolo excursus nella storia della pecora nera della NFL. Partiamo con un dato sostanzioso: nelle ultime 50 partite giocate, Cleveland ha un record complessivo di 4 vittorie e 46 sconfitte. Estendendo il campo di osservazione, hanno una sola stagione con record vincente negli ultimi 10 anni e due in totale negli ultimi 27 (1994 e 2007). Il sistema degli sport professionistici americani è basato sul fatto che sia estremamente difficile restare competitivi a lungo tanto quanto restare perdenti a lungo, in virtù di chiamate alte al draft dei migliori talenti universitari della nazione. Eppure, in maniera del tutto insensata, è come se i Browns siano riusciti a sfuggire da questo schema. La totale e irrazionale capacità di migliorarsi ha portato in settimana al licenziamento di Sashi Brown, VP Esecutivo di queste ultime cinque fallimentari stagioni. La sua colpa maggiore è stata forse il non saper valutare al meglio i talenti al draft, specie i QB. Infatti, se presto o tardi tutte le squadra trovano un quarterback attorno a cui programmare il futuro, in questo settore i Browns hanno un altro record poco invidiabile (che in verità va ben oltre la legacy di Sashi Brown). Dal 1999, Cleveland ha avuto 28 quarterback titolari diversi, fra cui, in una lista non esaustiva, figurano Tim Couch, Charlie Frye, Brady Quinn, Johnny Manziel e i resti umani di RGIII. In quegli stessi anni, hanno deciso di passare al draft QB futuri HOFer del calibro di Brees, Roethlisberger, Rodgers, Wilson e, più di recente, Carr, Wentz e Watson. La lunga carrellata di disavventure arriva fino a questa domenica, ennesimo flop di una squadra forse maledetta. Avanti 21-7 nel 4° quarto, si sono fatti rimontare dai Green Bay Packers, poi vittoriosi in OT per 27-21. Rimandata così alle ultime due gare la speranza di non chiudere una stagione con 0 vittorie e 16 sconfitte. Il che, strano a dirsi ma non troppo, non sarebbe nemmeno da considerare sinonimo di aver toccato il fondo per questa terrificante franchigia ormai da anni vittima di incompetenza a tutti i livelli.
LE AMNESIE DEI VICHINGHI
Fra le partite in programma all’1pm del pomeriggio americano, lo scontro fra Carolina Panthers e Minnesota Vikings era quello con maggiori implicazioni, specie per le dinamiche della combattiva NFC. Per tutta una serie di motivi che andremo ad elencare, Minnesota non è riuscita a replicare quasi nulla di ciò che aveva contraddistinto la striscia vincente di otto partite fino a domenica. Prima indiziata è la difesa sulle corse, che pure con meno di 90 yard di media concesse a partita era e rimane la 2° in NFL. Tuttavia, in due fondamentali frangenti della gara ha concesso corse di 60+ yard a Carolina. Prima, su 3rd & 1 è stato Jonathan Stewart a bersi il campo per 60 yard e un comodo touchdown. Tale guadagno monstre lo ha aiutato a diventare il primo giocatore quest’anno a correre per più di 100 yard contro questa difesa, dopoché nessuno fra Bell, Kamara, Gurley o Freeman c’era fin qui riuscito. Inoltre, con la partita punto a punto nel finale, è stato Cam Newton con una read option a farsi 62 yard di corsa e portare i suoi al TD decisivo per il 31-24 finale. Relativamente all’attacco, uno dei problemi di Minnie è stata la linea offensiva. Quello che era stato il vero tallone d’Achille lo scorso anno è tornato a presentare il conto. Causa l’assenza dei titolari Remmers e Elflein, unito all’infortunio occorso in campo a Reiff, la O-line è come implosa. Il risultato più evidente sono stati i 6 sack concessi, quando in tutto il resto della stagione erano stati appena 14. L’ultimo problema riscontrato sono stati i palloni lanciati ma non raccolti dai ricevitori. Dei 5 drop della partita (numero che pareggia il totale dei drop delle prime 12 partite), fatali sono stati quelli di Thielen in end zone, quello di Rudolph che pure mai in stagione ne aveva droppato uno, e quello di Diggs, che nel finale ha causato di carambola il secondo intercetto di Keenum. Insomma, domenica è parso che Minnesota avesse scordato tutti i suoi punti di forza, che ora dovranno essere di nuovo instillati nella mente e nel corpo dei giocatori per queste tre ultime e decisive partite.
CHI NON MUORE SI RIVEDE
Quando circa due mesi fa Anthony Barr rovinò addosso alla clavicola destra di Aaron Rodgers, tutti eravamo convinti che la stagione dei Packers fosse ai titoli di coda. È poi noto che, da quando è diventato titolare ai Packs nel 2008, A-Rod ha dimostrato di valere da solo metà roster e forse più, specie in virtù di una difesa storicamente pessima, ricevitori buoni, ma non memorabili e un running game prossimo allo zero. In effetti, inizialmente la squadra non ha fatto nulla per scrollarsi di dosso questa fama di meri figuranti attorno al protagonista, perdendo col sostituto QB Hundley 4 delle prime 5 partite in contumacia Rodgers. Ma con una rapida guarigione dell’osso e un paio di vittorie in OT dei suoi, ecco nascere la pazza idea: il ritorno in Week 15. Con un record di 7-6, le speranze di playoff di Green Bay sono vive, ma piuttosto scarne e attaccate anche alla speranza risultati favorevoli da altri campi. Conditio sine qua non è run the table, per citare lo stesso Rodgers, ovvero vincere le prossime tre partite contro Panthers, Vikings e Lions. Anche se ciò avvenisse, non è detto che un record di 10-6 possa consentire l’accesso diretto alla postseason, considerando che a Minnesota basta una W in altrettante partite per vincere comodamente la division. Nemmeno entrare come Wild Card sarà semplice: i Packers hanno vinto contro Seattle e Dallas, ma perso contro Atlanta e New Orleans, quindi il gioco dei tie-breaker è ancora tutto da decifrare. Certo è che, se gli astri si allineeranno in maniera favorevole, una volta che Rodgers ha messo il piede sull’uscio della porta, poi bisognerà pur sempre fare i conti con lui nelle partite di playoff, pensiero che di sicuro si sta già facendo strada nella psiche degli avversari. Primo step sarà sopravvivere all’asfissiante difesa di Carolina e sperare che nessuno, specie quella bestia (in senso buono) di Luke Kuechly, non rovini tutto dopo pochi snap franando su Rodgers e stavolta sì mettendo la parola fine alla stagione dei Packs. Ah, e a proposito di ritorni e corse disperate, in Week 16 a Dallas tornerà Ezekiel Elliott…
CONTENDER O PRETENDER? (PARTE 3)
In origine, questo pezzo era stato pensato e programmato prima della partita di domenica, quando il grave infortunio occorso a Carson Wentz ha presumibilmente dirottato verso tutt’altri lidi i sogni di gloria dei Philadelphia Eagles. A dispetto di ciò e dovendo compiere alcuni aggiustamenti, è comunque possibile fare una serie di valutazioni a proposito degli Eagles. In primo luogo, è necessario dividere la loro stagione fra quello che è stato (con Wentz) e quello che sarà (senza Wentz). Dopo 13 partite giocate di cui 11 (e mezzo) vinte con lui, come squadra Philly ha mantenuto 29.6 punti a partita in attacco (1° in NFL) e 18.7 indifesa (4° in NFL). Ottimi numeri, ma qui occorre inserire il primo asterisco. Il record totale degli avversari affrontati da Philly fino qui è di 62-81 (.433) con solo tre vittorie contro squadre con record vincente, rendendo necessario soppesare i meriti propri rispetto ai grossi limiti altrui. È però innegabile che, relativamente ai successi dei suoi, Wentz sia stato l’artefice principale. Le statistiche raccolte dal giocatore al secondo anno (3296 yard lanciate, 33 TD, 7 INT e rating di 101.9) lo hanno addirittura proiettato in una credibile lotta per l’MVP. In una giocata cruenta e peraltro annullata da una penalità, entrambe le gambe di Wentz sono finite schiacciate a sandwich tra due difensori dei Los Angeles Rams e il ginocchio ha fatto crack. A sostituirlo nell’ultimo quarto contro i Rams e nelle prossime partite sarà Nick Foles, volto noto in città dopo che nel 2013 ebbe un’annata super da 27 TD e 2 INT, stagione da lui mai più replicata. Che futuro attendersi ora dagli Eagles di Foles? I prossimi tre avversari (Giants, Raiders e Cowboys) sono ampiamente alla portata e un buon rodaggio in vista dei playoff. Ed è così che scopriremo la verità su questi Eagles. Se Philly troverà in Foles un degno sostituto in quanto a prestazioni, allora il valore di Wentz ne uscirà in parte ridimensionato. Diversamente, usciranno tutti i limiti di squadra degli Eagles e si scoprirà che la dipendenza da Wentz era pressoché assoluta.
MVProf