Cover Four – Week 13
Ogni settimana tratteremo quattro spunti di riflessione più o meno seri donatici dalla National Football League
PROBLEMI GIGANTI
Per la nomination al premio “ebbene sì, ci sono altre squadre disfunzionali oltre ai Browns,” questa settimana i New York Giants hanno sottoposto la loro convincente candidatura. I G-Men hanno aperto la Week 13 annunciando che da questa domenica Eli Manning avrebbe dovuto cedere i galloni di quarterback titolare obtorto collo. Questo ha comportato l’interruzione a 210 delle partite consecutive giocate da Eli, una striscia che durava dal suo arrivo nella lega nel 2004. Secondo le motivazioni espresse dall’allenatore dei Giants Ben McAdoo, era necessario valutare gli altri due quarterback nel roster prima di fine stagione, ossia i back-up QB Geno Smith e Davis Webb. La carriera di Eli è stata certamente nobilitata dalle due vittorie al Super Bowl, ma è anche vero che ha condotto i Giants ad un record stagionale perdente in quattro degli ultimi cinque anni. Durante quest’annata poi, in larga maggioranza trascorsa in contumacia Odell Beckham jr, i suoi Giants sono crollati a 2-9 e così le sue quotazioni come titolare. Come persona, però, Eli non è mai venuto meno alla sua integrità e anche da sostituto ha garantito il suo appoggio a Smith e Webb. Benché in termini assoluti la scelta di sostituirlo sia comprensibile, la modalità di esecuzione e la magnitudine del protagonista hanno reso la mossa a dir poco discutibile. La dirigenza, specie nella persona del proprietario John Mara, è stata forse in un primo momento co-firmataria della decisione, ma in seguito potrebbe essersi resa conto dell’errore, non avendo gradito la pubblicità negativa dei media e forse pure una visita di persona di Manning nei loro uffici. McAdoo aveva invece ribadito la convinzione della sua scelta e che avrebbe continuato ad allenare finché la sua tessera magnetica gli avesse garantito l’accesso alla struttura della squadra. Già nell’immediato dopo-gara della partita contro Oakland, tale privilegio è venuto meno. Sia coach McAdoo sia il GM Jerry Reese sono infatti stati licenziati dalla società ed Eli è stato reintegrato d’ufficio al ruolo di titolare. Troppo tardi per salvare una striscia di partite consecutive ormai ritornata a zero, ma in tempo per servire una vendetta numerica. McAdoo ha interrotto la striscia di Eli a 210 ed Eli ha fatto interrompere la carriera di McAdoo a 2-10. Giustizia è fatta.
LOTTA FRA VOLATILI
Con una schedule domenicale per la Week 13 abbastanza avara di emozioni, almeno il Sunday Night prometteva fuoco e fiamme. I Philadelphia Eagles portavano il loro miglior record NFL dall’altra parte della nazione, dove ad attenderli c’erano i sempre ostici Seattle Seahawks. Dopo un iniziale equilibrio generale, a invertire la tendenza ci pensano, nel bene e nel male i due QB. Se Carson Wentz manca un Nelson Agholor liberissimo sulle 25 avversarie, Russell Wilson invece pesca Jimmy Graham per il 5° touchdown in 4 gare del TE ex Saints. Questo testa a testa fa apparire ancora più chiaro quale dei due QB dovrebbe essere il primo vero sfidante a Tom Brady al titolo di MVP. Dopo la pausa lunga, Wentz conduce i suoi fino alla linea delle 4 yard avversaria, dove però commette il secondo peccato capitale di serata. La sua rischiosa read option finisce con un fumble che esce a fondo campo e di fatto conclude il drive senza punti. Wilson allora va per la giugulare e con una bomba da 47 yard trova Doug Baldwin, drive poi chiuso col passaggio in TD per Tyler Lockett. Wentz si riscatta parzialmente con la prima giocata del 4° quarto. Su 3rd & 13 e la pressione della difesa sul collo, connette alla perfezione con Agholor per una clamorosa ricezione da 51 yard. Subito dopo, è lo stesso ricevitore a portare a referto il primo TD di giornata per gli ospiti. Su 3rd & 9 gli Eagles avrebbero la possibilità di rispedire l’attacco di casa sulla sideline, ma una furbata di Wilson libera Davis con un passaggio laterale per il primo down. Il replay in realtà mostra l’illegalità della giocata (il passaggio è in avanti e dopo la linea di scrimmage), ma coach Pederson decide di non chiedere il challenge e la decisione è doppiamente errata. Infatti, quattro giocate dopo Seattle è di nuovo a referto con un TD, con Wilson che pesca J. D. McKissic, ennesimo Carneade RB pescato da coach Carroll. Con questo lancio, Wilson è responsabile di 29 TD su 30 stagionali di squadra degli Seahawks: un vero e proprio one man show. Con poco più di 3 minuti da giocare, a Wentz servirebbe un miracolo, ma il secondo sack di Graham prima e l’intercetto di Maxwell poi chiudono la pratica. Seattle rilancia così le proprie quotazioni in NFC, mentre Philly cercherà il riscatto nell’insidioso campo dei Rams.
TUTTO HA UN PREZZO
Da ormai circa un anno e mezzo sta andando avanti la protesta di alcuni giocatori NFL nei confronti delle ingiustizie sociali e giuridiche patite dalla minoranza afroamericana della popolazione. Se siete lettori fedeli di questa rubrica, ormai siete più che ferrati sull’argomento e ricorderete come nell’ultimo anno tale protesta abbia attraversato un percorso a ostacoli non di poco conto, fra tweet al veleno del Presidente Donald Trump e il malcontento del pizzaiolo americano più famoso, John Schnatter. La Players Coalition, gruppo che cura gli interessi dei giocatori NFL, era da tempo in trattativa col commissioner Roger Goodell e coi proprietari delle 32 franchigie per trovare un qualche tipo di soluzione che potesse soddisfare tutte le parti in causa. Durante la Week 13, è arrivata la notizia che i questi ultimi si sarebbero impegnati ad investire 89 milioni di dollari in 7 anni in iniziative a sostegno della comunità afroamericana. Al termine della trattativa, Malcolm Jenkins, uno dei rappresentanti dei giocatori (al centro della foto a lato), si è detto soddisfatto del compromesso e ha affermato che avrebbe interrotto la sua protesta domenicale. Per altri, però, Jenkins non è che un venduto, poiché l’iniziativa sarebbe una mezza truffa. E a ben vedere i segnali ci sono tutti. 89 milioni per 7 anni divisi fra i 32 team fanno poco meno di 400 mila dollari a testa. Sempre una discreta cifra, ma che già così suona meno considerevole. In più, fra le indiscrezioni relative all’accordo, emerge che è probabile che tale investimento verrà recuperato semplicemente trasferendo i fondi da altre iniziative benefiche, come Breast Cancer Awareness e Salute to Service. La controversia ha portato Eric Reid, che nella foto potete vedere che occhiata sprezzante ha riservato al collega Jenkins, ad abbandonare formalmente la coalizione e questo non è passato inosservato. Questi ha iniziato la protesta con Colin Kaepernick nell’agosto 2016, quindi è legittimo pensare che sia uno dei giocatori più vicini ai migliori interessi e alle istanze originarie che portarono i primi membri dei San Francisco 49ers a iniziare la protesta. Certo, è vero che la NFL è un business e i proprietari non sono necessariamente legati mani e piedi ad esigenze filantropiche, ma più si entra nel merito di questi $89M e più si ha l’impressione che 32 uomini bianchi danarosi abbiano comprato il silenzio e l’obbedienza di molti giocatori con poco più di quello che hanno trovato nella tasca interna delle loro giacche.
CONTENDER O PRETENDER? (PARTE 2)
Quei Kansas City Chiefs che il 6 ottobre guardano tutti dall’alto in basso nel primo Power Ranking NFL dell’anno di C3S sono un lontano ricordo. Il record di imbattibilità arrivò anche a 5 gare con gli scalpi eccellenti di Patriots e Eagles, poi da lì il collasso. Sei sconfitte ed una sola vittoria nelle ultime sette gare hanno ridotto a livello ground zero tutte le certezze accumulate nella prima scintillante parte di stagione. A balzare agli occhi è innanzitutto la prima sconfitta contro i Pittsburgh Steelers, arrivata dopo un primo tempo in cui KC ha messo a referto unico primo down conquistato, una safety regalata e 6 yard totali in attacco, di cui -2 su corse. La difesa è collassata davanti ai rivali degli Oakland Raiders (31 punti concessi) e contro i New York Jets (addirittura 38 punti), mentre contro Giants e Buffalo Bills è invece stato l’attacco di KC a marcare visita (appena 19 punti combinati). Aggiungendo alcomputo la L rimediata contro i Dallas Cowboys sans Ezekiel Elliott, emerge un trend preoccupante. Mettendo insieme i risultati della settimana precedente e di quella successiva di tali avversarie, emerge che i Chiefs sono caduti contro squadre che in quel frangente di stagione avevano accumulato appena 2 vittorie a fronte di 9 sconfitte. In altre parole, la crisi nera dei Chiefs non ha nemmeno la scusante di essere coincisa con un calendario ostico. Come se non bastasse, questa domenica poi sono anche saltati i nervi al corner Marcus Peters, che in segno di rabbia e frustrazione ha scagliato una flag degli arbitri negli spalti, finendo sospeso. Coach Reid ha poi deciso di delegare il playcalling all’OC Matt Nagy, sperando che l’attacco, calato di quasi 15 punti in questa fase (da 32.8pts a partita a 18.0), ritrovi il feeling perduto. Alex Smith è a sua volta sul banco degli imputati: dopo 8 partite senza intercetti, ne ha sulla coscienza quattro nelle ultime 4 gare. Questa “tragica” lista di prestazioni ricorda da vicino i Minnesota Vikings dello scorso anno, partiti a loro volta 5-0, salvo usciti sconfitti in 8 delle successive 11 partite e mancare clamorosamente i playoff. Con un resumé del genere, è impensabile annoverare KC fra le contender di una pur non irresistibile AFC.
MVProf