Cosa vi siete persi durante l’estate: TOP 10 delle notizie NBA (parte 2)
I fatti più importanti accaduti durante la off-season NBA
5) BOSH SI AVVICINA AL RITIRO?
Durante il Media Day dello scorso mese, il presidente degli Heat Pat Riley, intervistato sul futuro di Chris Bosh a Miami, ha dichiarato: “We feel that, based on the last exam, that his Heat career is probably over.” Questo dopo che il lungo originario del Texas non era nuovamente riuscito a superare un controllo medico in seguito al ripresentarsi dei coaguli di sangue che lo hanno tenuto lontano dai campi per metà dello scorso anno e già avevano avuto un precedente nella stagione prima. Nei giorni che hanno portato a questo annuncio, Bosh si era detto fiducioso dei suoi progressi e pronto a tornare in azione con la sua squadra. Alcuni vicini all’ambiente Heat, coniugi Bosh inclusi, hanno avuto la sensazione che Riley tendesse a preferire questo esito, poiché la squadra può scaricare dal cap il resto dell’oneroso contratto dell’ex Georgia Tech a partire dal 9 febbraio, ovvero un anno esatto dallo stop del giocatore per motivi medici. Non è la prima volta quest’anno – ancor meno in carriera – che le scelte di Riley sono state discusse; ma di questo continueremo a parlare poi. Per quanto riguarda Bosh, a prescindere dal suo status di giocatore di Miami appeso a un filo, non è detto che la sua carriera debba finire qua. Tuttavia, sebbene del Bosh giocatore si possano solo dire belle cose, è difficile immaginare che ci siano molte squadre alla porta disposte a farsi carico di un 32enne con tali problemi di salute. Dopo una carriera che lo ha visto All Star perenne e vincitore di due anelli, forse per lui è il caso di pensare a godersi il resto della sua lunga vita lontano dal parquet con la moglie e i cinque figli.
4) WADE LASCIA MIAMI
In tema di addii, quello di Dwyane Wade da Miami è altrettanto doloroso anche perché inatteso. Su questo tema non vale la pena ripetere quanto già affermato in un precedente articolo che trovate qua. Vale comunque la pena aggiungere che, dopo il burrascoso e sorprendente addio di LeBron due anni fa e il già citato addio ormai imminente di Bosh, l’era dei Big Three a Miami è ufficialmente conclusa.
3) KOBE, DUNCAN E GARNETT SI RITIRANO
Veniamo al podio. Un’enorme pagina di storia è stata scritta nella stagione 2015-16. Il record di triple di Curry, le 73 vittorie dei Warriors, il primo titolo per la città di Cleveland del 1964 sono eventi che avranno un posto di prim’ordine negli almanacchi sportivi. Chi nei precedenti due decenni aveva scritto pagine su pagine in quello stesso almanacco sono, in ordine di ritiro, Kobe Bryant, Tim Duncan e Kevin Garnett. Il Mamba aveva annunciato il suo ritiro all’inizio dell’anno scorso, generando ogni sera video tributi, regalie varie e palazzetti sold-out pieni di tifosi che, più che la squadra di casa, inneggiavano al beniamino in viola e oro. The Conductor, lo spot della Nike in cui fan di vari team a cui KB24 ha causato sofferenze e lacrime esprimono il loro odio, è un capolavoro sotto innumerevoli livelli. Chi vi scrive ha avuto l’onore di essere presente a una di quelle tappe, precisamente il 30 dicembre dello scorso anno nell’ultima esibizione di Kobe al Boston Garden. A superare la prestazione quella serata magica (doppia doppia e tripla decisiva per il 107-102) fu l’esibizione di onnipotenza con cui, all’ultima partita della carriera, calò il sessantello sugli Utah Jazz. Mentre si dibatte se ritirare il numero 24 o l’8, il 24/8 a LA è stato dichiarato il Mamba day. *Mamba out*Tim Duncan, dal canto suo, se n’è andato in maniera diametralmente opposta, senza proclami, lontano dai riflettori come suo solito, affidando i suoi pensieri ad una toccante lettera dedicata ai suoi fan, firmata semplicemente Tim. Nella sua ventennale carriera, Duncan è stato un unicum per conoscenza dei fondamentali, professionalità dentro e fuori il campo e più in generale, per costanza. Con Timmie gli speroni non sono mai scesi sotto le 50 vittorie in stagione per 17 stagioni consecutive. Per fare un raffronto, i Warriors ne hanno accumulate appena 6 in 68 stagioni, mentre Raptors, Bobcats/Hornets e Nets ne hanno soli una in tre. Sul ritiro di KG si era speculato a lungo e la decisione era stata continuamente rinviata. Anche se si era ipotizzata un’ulteriore stagione da mentore dei giovani T’Wolves, il bigliettone ha deciso di appendere le scarpe al chiodo dopo 21 anni nella lega, in cui, a parte l’MVP del 2004 con Minnie e l’anello del 2008 con Boston, ha mantenuto livelli di eccellenza per anni, totalizzando 15 All-Star Game, 12 All-Defense team, 12 All-NBA team e la reputazione di re del trash talking (“F- you, Noah!” ad un giovane Joakim che da rookie gli aveva espresso al sua ammirazione resta il migliore). Difficile vedere nella lega odierna un lungo col suo carattere e il suo adamantino spirito da guerriero. Non appena saranno eleggibili, saranno introdotti insieme nella Hall of Fame: un trio epico mai visto andarsene sul viale del tramonto allo stesso momento. Come giustamente sottolineato da LeBron, una volta che anche Pierce, Nowitzki e Carter lasceranno, la sua sarà la prossima generazione in fila per Springfield, MA: una sfilza di trentenni che includono lui, Wade, Bosh, ‘Melo e Chris Paul. Da decifrare anche i piani di Ray Allen, lontano dai campi dal 2014.
2) I NUOVI CONTRATTI RENDONO I RICCHI ANCORA PIÙ RICCHI
La seconda notizia più importante dell’estate è l’impennata del salary cap di $24M e il flusso di denaro nei nuovi contratti dei giocatori, provenienti da un redditizio contratto firmato dalla lega con ESPN e TNT. Il parere di questo modesto blogger a riguardo è già stato espresso in un precedente articolo che potete leggere qua. Per quanto concerne l’immediato presente, andiamo a ricapitolare chi e quanto è stato pagato, in ordine di deposito del contratto, grazie all’aiuto di sbnation.com.
Questi alcuni dei colpi più significativi (in maiuscolo il nuovo team):
BRADLEY BEAL: 5 anni, $128M (Wizards)
TIMOFEY MOZGOV: 4 anni, $64M (LAKERS)
DEMAR DEROZAN: 5 anni, $145M (Raptors)
ANDRE DRUMMOND: 5 anni, $130M (Pistons)
NICOLAS BATUM: 5 anni, $120M (Hornets)
HASSAN WHITESIDE: 4 anni, $98M (Heat)
CHANDLER PARSONS: 4 anni, $94M (GRIZZLIES)
EVAN TURNER: 4 anni, $70M (BLAZERS)
EVAN FOURNIER: 5 anni, $85M Magic
DWIGHT HOWARD: 3 anni, $70M (HAWKS)
MIKE CONLEY: 5 anni, $153M (Grizzlies)
JOAKIM NOAH: 4 anni, $72M (KNICKS)
KENT BAZEMORE: 4 anni, $70M (Hawks)
LUOL DENG: 4 anni, $72M (LAKERS)
BISMACK BIYOMBO: 4 anni, $72M (MAGIC)
MARVIN WILLIAMS: 4 anni, $54.5M (Hornets)
AL HORFORD: 4 anni, $113M (CELTICS)
COURTNEY LEE: 4 anni, $50M (KNICKS)
IAN MAHINMI: 4 anni, $64M (WIZARDS)
ERIC GORDON: 4 anni, $53M (ROCKETS)
TYLER JOHNSON: 4 anni, $50M (Bucks, pareggiato dagli Heat)
RAJON RONDO: 2 anni, $28M (BULLS)
HARRISON BARNES: 4 anni, $94M (MAVERICKS)
PAU GASOL: 2 anni, $30M (SPURS)
DIRK NOWITZKI: 2 anni, $40M (Mavericks)
MANU GINOBILI: 1 anni, $14M (Spurs)
ALLEN CRABBE: 4 anni, $75M (Nets, pareggiato dai Trail Blazers)
DWYANE WADE: 2 anni, $47M (BULLS)
JAMES HARDEN: 4 anni, $118M (estensione coi Rockets)
RUSSELL WESTBROOK: 3 anni, $85M (estensione coi Thunder)
Solo con questi nomi, parliamo di 4 dei 6 contratti più onerosi della storia della NBA firmati questa estate, che diventano 6 su 8 se aggiungiamo le estensioni dell’anno precedente a Davis e Lillard, sicuramente fatta in proiezione dell’innalzamento del cap. La cosa assurda è che Mike Conley abbia ricevuto il contratto più ricco della storia senza mai aver partecipato ad un All Star Game, ma al tempo stesso non si deve biasimare troppo i Grizzlies, sia perché quei soldi andavano spesi in un modo o nell’altro sia per la penuria di alternative sul mercato nel ruolo di playmaker. Nell’ultimo anno coi Bulls Michael Jordan venne pagato la bellezza di $33.1M; ora, giocatori buoni, ma nemmeno lontanamente paragonabili come DeRozan e Conley ci si avvicineranno parecchio, rispettivamente come $29M e $30.6 annui (ma adeguata all’inflazione, MJ avrebbe guadagnato una cifra che sfiora i $50M attuali, ndr).
1) KEVIN DURANT AI WARRIORS (E STRASCICHI POLEMICI)
La notizia numero uno dell’estate NBA non poteva che essere l’addio di Kevin Durant ai Thunder e l’approdo nella baia di San Francisco. Un commento a riguardo lo potete trovare qua, nel primo articolo scritto per questo blog. Da quel 5 luglio ad oggi molte cose sono state dette a riguardo dai diretti interessati e, siccome in assenza di gare giocate i media analizzano oltre misura ogni frase proveniente dai giocatori, i dettagli del divorzio sono passati passati al microscopio. Sul suo rapporto con Russell Westbrook, KD è passato da “I’m sure he wasn’t happy about the decision, but he respected it as my friend” a “Obviously, our relationship won’t ever be the same again,” dribblando dichiarazioni secondo le quali Durant avrebbe confermato al socio la sua volontà di rimanere in Oklahoma e il fatto che Westbrook abbia appreso dell’addio del #35 sui giornali e sui social media come chiunque altro (LeBron – non una, ma due volte, ha fatto giurisprudenza anche in questo). Le ultime dichiarazioni in ordine di tempo, sparate a raffica dalle rispettive copertine di Rolling Stone e GQ: “We had our own cliques that we hung with on the road. Russell had his guys, I had mine. It was never a bad thing. Just how it was.” Insomma, Westbrook era un collega, non un amico. Se questa telenovela avesse una colonna sonora, avrebbe le note di Justin Bieber che canta “And when you told me that you hated my friends, / the only problem was with you and not them” Grazie al cielo il 25 ottobre comincia la stagione regolare: meno parole e più canestri. Durant e i Warriors eviteranno di puntare alle 74 vittorie come un vampiro evita l’aglio, mentre Westbrook giocherà con la bava alla bocca ogni singolo possesso della sua stagione, aspettando il primo confronto fra i due, in cui le occhiatacce e i tentativi di poster saranno più alti del punteggio stesso della gara. Segnatevi sul calendario queste date:
MVProf