Alla fine aveva ragione Pat
Wade e Miami si sono separati la scorsa estate: un anno dopo emerge un chiaro vincitore
Uno dei piccoli grandi drammi sportivi della scorsa estate è stato quello relativo all’addio di Dwyane Wade dai Miami Heat, notizia al centro del secondo articolo assoluto di C3S. Dopo 13 anni consecutivi passati a rappresentare la franchigia del sud della Florida, durante la free agency 2016 Wade ha preso la porta principale senza voltarsi indietro. Dalla parte del mondo Heat, molti fan sono apparsi molto dispiaciuti per l’addio del proprio idolo, ma senza puntare troppo le dita in giro. Non è apparso che nessuno abbia bruciato maglie col #3 né crocifisso Pat Riley sui social media per non aver riportato a casa l’idolo locale. Riley ha espresso il proprio stato d’animo attraverso un messaggio recapitato al giornalista sportivo Dan Le Batard e poi diffuso da quest’ultimo. In esso questi si è detto rattristato per l’epilogo, ma che, invece di colpevolizzare a destra e a manca, era il caso solo di essere grati del tempo trascorso insieme. Da vecchio lupo di mare, Riley ne ha viste tante. A 72 anni, di cui 50 esatti passati nel mondo del basket professionistico, sa bene che ogni team vive di cicli e quello di Wade a Miami era giunto alla sua naturale – per quanto burrascosa – conclusione. Il testo nel suo completo lasciava trasparire la solida concretezza, al limite dello spietato, di Riley. Secondo molte fonti, egli sarebbe stato marginale rispetto alle trattative per il ritorno di Wade, segno che per lui c’erano limiti ben precisi che nessuna ragione di cuore poteva tollerare di oltrepassare. Come recitò Spock in punto di morte in Star Trek II,“Le esigenze dei molti contano di più di quelle dei pochi… o di uno.” Dovendo scegliere fra il futuro di un’intera franchigia e quello di un singolo giocatore, Riley ha scelto la prima opzione.
Da parte del giocatore e del nuovo team, quello di Wade coi Chicago Bulls sembrava un’unione perfetta. Rotto con Miami, l’ex Flash aveva infatti dichiarato al suo stretto circolo di collaboratori che Chicago sarebbe stata l’unica altra squadra di cui avrebbe potuto vestire i colori. In quanto nativo della Windy City cresciuto a idolatrare l’idolo di casa Michael Jordan e in un periodo in cui nel mondo NBA ancora spopola quell'”I’m Coming Home” di lebroniana memoria, il sentimento era facilmente condivisibile. I Bulls dal canto loro avevano in cantiere progetti ambiziosi nei quali Wade si inseriva apparentemente alla perfezione. Jimmy Butler, la vera star del team, era stato trattenuto e unito a veterani nonché campioni NBA come Rajon Rondo e appunto Wade. Sebbene la maggioranza degli opinionisti desse i tori agevolmente fra le prime 3-4 squadre a est, nelle previsioni della stagione 2016-17 C3S aveva posto vari interrogativi sui Bulls, relativamente a problemi di gioco e di spogliatoio. In effetti, durante la scorsa stagione, Chicago ha tirato appena col 33.7% da dietro l’arco, 26ª su 30 squadre, segno di un’impostazione anacronistica degli schemi d’attacco. I problemi di chimica fra i giocatori sono poi scoppiati quando, circa a metà della stagione, D-Wade e Butler hanno accusato il resto dei compagni di scarso impegno davanti ai microfoni. Accesa la miccia, Rondo ha portato il tritolo. Con un post su Instagram che lo ritraeva in maglia Celtics con Pierce e KG, il play accusava Butler e Wade – fra le altre cose – di aver esposto i giovani del gruppo. Anche a livello individuale, la stagione di Wade non è stata all’altezza delle aspettative. Questa tabella riassuntiva mostra come quasi ogni campo statistico ha subito un calo difficile da nascondere.
Inevitabilmente, al giocatore non è arrivato l’invito per l’All Star Game 2017, vedendo così terminare una striscia di 12 convocazioni consecutive. Il dato forse più significativo di tutti è quello del Win Shares. In base ad esso, D-Wade ha contribuito ha poco più di tre vittorie all’interno della stagione dei Bulls. E questo nonostante il record degli stessi Bulls sia peggiorato rispetto alla stagione passata, essendo scesi da 42 a 41 vittorie. In altre parole, l’arrivo di Wade a Chicago non è stata l’unione perfetta che sembrava, ma è anzi stata deleteria per entrambe le parti. Dopo un solo anno della bizzarra sperimentazione del mostro a tre teste Rondo-Butler-Wade, la dirigenza Bulls ha fatto saltare tutto con la dinamite, mandando Jimmy Buckets ai Minnesota Timberwolves in una tanto chiacchierata trade e successivamente tagliando Rondo. Wade, dal canto suo, non ha aveva alcun incentivo ad abbandonare una barca già quasi interamente sommersa. Al contrario, ha fatto valere la sua player option e ha così esercitato il diritto di incassare per intero i $23.8M per la stagione 2017-18. Secondo le ultime indiscrezioni, la squadra tenterà di convincere il giocatore ad accettare un buy out, provando così a recuperare qualcosa dei quasi 24 milioni promessi. Sedotto e abbandonato dal progetto Bulls, cosa ne sarà ora di Wade?
Di recente ci sono state tante chiacchiere su una possibile reunion degli amici della Banana Boat. Tuttavia, dei quattro Wade è quello più realizzato e per questo appare più propenso a imbarcarsi per una rilassante veleggiata verso il tramonto che a sfidare le onde su un gommone oblungo. Infatti, mentre CP3 ha rischiato tutto andando a Houston, ‘Melo si allenava fino a notte fonda e LeBron James era già in palestra a metà giugno, D-Wade ha passato un’estate da sogno in giro per l’Italia insieme al piccolo Zion e la moglie Gabrielle Union. Insomma, il futuro non sembra spaventare affatto la famiglia Wade. Detto ciò, una possibile meta per Wade restano comunque i Cleveland Cavaliers, anche se nemmeno questo sembra un’accoppiata vincente. Già l’anno scorso o questa stessa estate Wade avrebbe potuto raggiungere LBJ a Cleveland, pur per un compenso che non poteva andare oltre ad una “misera” mid-level exception di $5M, ma entrambe le volte ha scelto altrimenti. Oppure, Wade potrebbe scegliere di tornare a casa sul serio, quel sud della Florida che così tanto tempo è stata la sua casa di adozione. Eppure non sempre il finale romantico è previsto dal copione.
Certo, nell’immediato, nemmeno per gli Heat la prima stagione del post-Wade è stata un successone. Le vittorie sono scese a 41 dopo le 48 del 2015-16, pur con numerose attenuanti – in primis il doloroso addio di Chris Bosh. Nonostante le avversità, Miami ha messo insieme una furiosa rincorsa ai playoff. Con un record di 30-11 nella seconda parte di stagione, gli Heat hanno chiuso l’annata con un record di 41-41, guarda caso identico a quello dei Bulls, ai quali hanno però dovuto cedere l’8° e ultimo posto ai playoff per via di un infausto tiebreaker. Pat Riley non è rimasto a guardare e quest’estate è stata per lui molto fruttuosa. Sono stati confermati giocatori importanti come Dion Waiters e James Johnson e in più sono stati aggiunti Bam Adebayo e Kelly Olynyk (senza scordare la strizzata d’occhio recapitata da Kyrie Irving.) Con un est impoverito dalle partenze di giocatori di peso come Millsap, George e del già citato Butler, gli Heat sono i favoriti proibitivi per entrare fra le prime otto già dalla prossima stagione. Almeno per ora, la porta per Wade sembra chiusa. Se tornerà come giocatore, lo farà per una frazione dello stipendio preteso un’estate fa. Diversamente, sarà accolto dopo il ritiro, nel momento in cui isserà il banner col suo #3 sul soffitto della AA Arena. Ad ogni modo, anche stavolta, alla fine aveva ragione Pat.
MVProf