Papa Don’t Preach
Il pizza-gate iniziato lo scorso novembre è solo la prima fase di una problematica ben più radicata
Ci sono due cose che l’uomo medio desidera, ma che di questi tempi sono difficili da ottenere: mangiare una buona pizza e ascoltare opinioni educate su temi delicati. Negli ultimi tempi John Schnatter, fondatore del franchising di pizza da asporto Papa John’s, ha dimostrato di non poter fornire alla cittadinanza USA né l’una ne l’altra. Tutto ha avuto inizio lo scorso novembre, quando Schnatter ha affermato che la protesta dei giocatori NFL durante l’inno americano ha avuto un impatto negativo sulle sue vendite. Schnatter ha giustificato il calo di entrate puntando il dito contro il commissioner Roger Goodell, la cui leadership scadente avrebbe colpevolmente lasciato andare avanti la protesta senza imporre la propria posizione di forza. La controversia scatenata da queste dichiarazioni ha avuto un effetto domino assai negativo su Papa John’s. Nelle sole 24 ore che hanno seguito il suo commento, Schnatter ha registrato perdite record per $70M. A dicembre, per tentare rimediare alla debacle, Schnatter si è dimesso da CEO della sua stessa compagnia. Tuttavia, pochi giorni Papa John’s e la NFL hanno deciso di terminare anticipatamente la loro collaborazione. Questa serie nera di cattiva pubblicità con protagonista Schnatter non è necessariamente nuova. Negli anni precedenti il suo nome era emerso poiché contrario a concedere ai propri dipendenti l’Obamacare e il pagamento del salario minimo legale.
Attenzione però a prendere le dichiarazioni di Schnatter come quelle di un pizzaiolo reazionario da due soldi. Quella del cibo da asporto è un’industria che uno studio di Morgan Stanley ha stimato valere $30 miliardi di dollari e che in questo decennio ha dato ai suoi investitori ricavi maggiori di chi ha puntato su colossi come Amazon, Apple e Netflix. In questo senso, non deve sorprendere il ruolo deleterio che una dichiarazione controversa può scatenare all’interno di un business multimiliardario. A beneficiare del collasso di Papa John’s sono stati i suoi concorrenti, a riprova che il mercato è tutt’altro che in crisi. Mors tua, vita mea – dicevano i Romani. Nell’ultimo anno, infatti, il valore delle azioni (sì, la pizza è quotata in borsa!) di Papa John’s (PZZA) era arrivato a valere fino a $85, ma da novembre è crollato fino ad assestarsi a $58. Nello stesso frangente, le azioni di catene rivali come Pizza Hut (YUM) e Domino’s (DPZ) sono salite rispettivamente da $74 a $82 e da $170 a $226. Al gruppo di giganti della ristorazione si è aggiunta da poco anche Blaze Pizza, catena nata nel 2015 e che da allora ha visto i suoi affari schizzare di anno in anno fino del 205%. Blaze Pizza, presente con 200 ristoranti nel territorio USA, è uno dei business su cui ha investito LeBron James, che possiede il 10% della compagnia famosa per cuocere una pizza in appena 180 secondi. Tali fluttuazioni del mercato della pizza evidenziano ancora di più il diffondersi di una tendenza ormai acclarata di questo momento storico.
Fino agli ultimi tempi, dare connotazioni politiche a qualunque tipo di business era visto come un peccato capitale. I giocatori parlano di politica? Stick to football! I giornalisti di ESPN parlano di politica? Stick to football! Ma quando Papa John’s ha parlato di politica, nessuno ha urlato Stick to pizza! con la stessa indignazione. Anzi, molti membri del movimento suprematista bianco Alt-right hanno visto con favore le opinioni di Schnatter e hanno eletto Papa John’s la pizza ufficiale dei neonazisti. Altra pubblicità che il franchising avrebbe preferito evitare. Che le aziende lo vogliano o meno, ora schierarsi da una parte o dall’altra dello spettro politico americano è ciò che i consumatori richiedono. Dopo la recente strage di Parkland, altri brand come Delta, Hertz e Best Western stanno vivendo una situazione molto simile e tentano di dissociarsi da collaborazioni che il pubblico potrebbe percepire come problematiche. Ancora una volta, la spinta è giunta dai social network, con 13 milioni di utenti che in questi giorni hanno interagito con l’hashtag #BoycottNRA su Twitter. Insomma, che si tratti di pizza, hotel o autonoleggi, sempre più business si stanno schierando in maniera chiara rispetto ai temi delicati che negli ultimi anni hanno spaccato in due gli Stati Uniti e promettono di restare rilevanti ancora a lungo.
MVProf
(NOTA: Questo articolo è la versione estesa e aggiornata di quello apparso su Cover Four il 7 novembre 2017)