Cover Four – Week 4
Ogni settimana tratteremo quattro spunti di riflessione più o meno seri donatici dalla National Football League
INDIFENDIBILI
Flashback a un mese fa. Tutta la critica sportiva aspetta al varco i New England Patriots. Una parte sosteneva che potranno concludere una stagione perfetta, un’altra che il 40enne Tom Brady era ormai bollito. Tempo quattro settimane di stagione e i Pats sono ben lontani dall’aver presentato qualcosa di anche lontanamente perfetto. Il record è di 2-2, ma poteva benissimo essere 1-3. Tuttavia, la ricerca del colpevole va diretta il più lontano possibile dalla residenza Brady-Bündchen. TB12 è stato fin qui il solito dio del football, guidando l’attacco più prolifico della lega: per la seconda stagione consecutiva ha registrato nel primo mese di stagione almeno mille yard, 10 TD e zero INT. No, il vero tallone d’Achille è la difesa. I numeri sono impietosi: 1827 yard totali concesse (quasi 400 in più dellatanto criticata difesa di NOLA), ovvero 456.8 di media a partita e 128 punti incassati. Cifre che grattano il fondo del barile e sono addirittura peggiori delle quattro squadre ancora senza vittoria. Ciò induce a riflessioni per certi versi inattese. Per il ruolo che ricopre, il primo a finire sul banco degli imputati non può che essere Matt Patricia, barbuto Defensive Coordinator dei bostoniani. Forse non è del tutto colpa sua se negli ultimi anni i Pats hanno detto addio a pezzi importanti della loro difesa (in ordine di tempo, Vince Wilfork, Chandler Jones, Jamie Collins e Rob Ninkovic). Eppure sono state anche fatte valutazioni sbagliate, come tagliare Kony Ealy, strapagare Stephon Gilmore e nel mentre scontentare Malcolm Butler. Quando poi dal campo esce Dont’a Hightower si spegne la luce per la difesa intera. Parlare di allarme rosso è eccessivo, se non altro perché i playoff restano ampiamente alla portata. Essere ancora considerati un lock per il Super Bowl – ecco, quella appare un po’ meno una certezza.
LET’S GET READY TO RUMBLE!
Fare graduatorie fa parte dei giochi. A inizio anno avevamo pubblicato i probabili ordini di grandezza sia per la AFC che per la NFC, indicando squadre favorite, da inseguimento, nella norma e senza sbocchi. Siccome la vita è bella perché è imprevedibile, fin qui si è assistito a tutta una serie di episodi del tutto inattesi. Proviamo a ricapitolare il tutto con una catena di risultati recenti. Chicago ha battuto Pittsburgh, che ha steso i Vikings, che hanno sconfitto i Saints, che hanno ammazzato Carolina, che ha messo sotto i Patriots, che hanno superato Houston, che ha sculacciato Tennessee, che ha martellato Seattle, che ha schiantato i Colts, che hanno sbaragliato i Browns… che al mercato mio padre comprò. Almeno in attesa della prima vittoria di Cleveland. Fra le delusioni fin qui, figurano i già citati Pats, i Dallas Cowboys e gli Oakland Raiders – tutte sul 2-2. Record migliore (3-1), ma non per questo prestazioni più convincenti per Atlanta Falcons e Pittsburgh Steelers. Peggio va ai New York Giants (0-4) che da possibile sorpresa positiva sono diventati la più grande delusione dell’anno. Discorso opposto per quelle squadre che erano accreditate per passare un’annata orrenda e che invece stanno andando oltre a qualunque aspettativa. I New York Jets e i Buffalo Bills sovrastano addirittura New England in division, mentre i Jacksonville Jaguars ha già due vittorie dopo le tre totali dello scorso anno. La sorpresa maggiore sono i Los Angeles Rams, che, dopo numeri sterili messi insieme dall’attacco nel 2016, hanno già registrato tre vittorie di cui due segnando più di 40 punti. Questo induce ad una riflessione. Lo scorso anno l’NBA ha vissuto una stagione con due squadre predestinate e altre 28 che sostanzialmente stavano a guardare. Ora invece l’NFL sembra un tutti contro tutti senza padroni prestabiliti. Insomma, la differenza fra guardare un incontro fra pesi massimi e una Royal Rumbe. Quale si rivelerà lo spettacolo migliore?
RICAMBIO GENERAZIONALE
Dopo 13 anni sulla cresta dell’onda, tutto d’un tratto sembra arrivato il momento di calare il sipario per tre QB veterani classe 2004; allo stesso tempo, la loro discesa sta andando di pari passo con l’ascesa di tre giovani promesse che per età potrebbero essere i loro figli. Ben Roethlisberger ha flirtato con il ritiro durante l’ultima offseason ed è forse anche per mancanza di stimoli che fin qui ha giocato al di sotto dei suoi standard. Se l’attacco esplosivo di Pittsburgh fin qui sembra appena un mortaretto (mai segnati più di 26pts a partita), Big Ben è il primo responsabile. Va anche peggio a Eli Manning, che ha tanto da rimproverarsi per questo inizio disastroso dei Giants, finiti 0-4 e quindi virtualmente fuori da tutto. Eli ha già lanciato 4 INT, in linea per raggiungere nuovamente i 16 dello scorso anno, e ha un passer rating di 90.3 addirittura inferiore a gente come Dalton, Keenum e Taylor. Ultimo della lista è Philip Rivers. Per lui numeri simili a quelli di Manning sia a livello di squadra che personali. Eppure la sensazione che si ha a guardare i Chargers è quella di una squadra che pure con un rookie QB avrebbe almeno qualche vittoria in più e qualche lancio pazzo in meno. In parallelo, l’NFL sta scoprendo finalmente Jared Goff. L’ex prima scelta assoluta allo scorso draft è rinato dopo gli scossoni all’ambiente operati dalla società. È anche merito suo se Todd Gurley è rinato e i Rams sono la vera sorpresa stagionale. Carson Wentz è forse più una conferma che una sorpresa, ma non era scontato vedere Philly lassù in NFC East. Sulla percentuale di completi c’è ancora da lavorare, ma il futuro è luminoso. Infine, DeShaun Watson. Dai project in Georgia a nuovo eroe texano – roba che nemmeno Hollywood oserebbe sognare. Partito dalla panchina, si è preso in breve le redini della squadra e ha sfornato prestazioni da baciarsi i gomiti. Contro i Titans ha fatto registrare 5 TD, pareggiando il record all-time per un rookie. Chissà che a raggiungere questi tre non verrà anche Mitch Trubisky, pronto ad essere lanciato nella mischia nel Monday Night. Pur con tutti i rischi del caso, fare peggio di Glennon appare difficile.
CROCE ROSSA
La Week 4 è stata per molti versi una Caporetto per diversi giocatori di primo piano. L’infortunio più grave è occorso a Dalvin Cook dei Minnesota Vikings. Il rookie RB stava disputando un’eccellente stagione prima di lesionarsi il ginocchio sinistro. Per lui è arrivata la peggiore delle diagnosi: rottura del legamento crociato anteriore e stagione già finita. È andata un po’ meno peggio a Derek Carr. Il quarterback dei Raiders ha subito una botta alla schiena durante un sack subito contro i Broncos. In settimana gli è stata riscontrata una frattura alla schiena che lo terrà lontano dai campi da due a sei settimane. Carr è la fonte principale dei successi dei suoi e ogni gara ai box sarà un duro colpo alle ambizioni dei nero-argento. Altro QB a uscire malconcio è stato Marcus Mariota dei Tennessee Titans. Nell’azione che lo ha portato a segnare un touchdown su corsa, il QB al terzo anno ha risentito di un problema al tendine ed è stato sostituito. Considerando che la squadra ha poi messo sotto contratto Brandon Weeden, la presenza di Mariota è vitale se Tennessee vuole mantenere viva la stagione. Non uno ma due ricevitori dei Falcons hanno abbandonato il campo anzitempo. Julio Jones per un infortunio all’anca e Mohamed Sanu per uno al tendine. Jordan Matthews che coi suoi Bills ha battuto proprio Atlanta sarà costretto a subire un’operazione al pollice, mentre nel Monday Night Josh Norman ha subito una frattura alle costole che lo terrà fuori per qualche settimana. A tale bollettino di guerra si uniscono altri giocatori a loro volta molto importanti per i loro rispettivi team e che già hanno subito gravi infortuni nel primo mese. In ordine sparso, Sam Bradford (ginocchio), David Johnson (polso), Danny Woodhead (tendine), Greg Olsen (piede) ed Eric Berry (tendine). Per finire, la classica lista nera di crociati (ACL) purtroppo saltati: Allen Robinson, Jason Verrett, Darren Sproles e, in preseason, Ryan Tannehill e Julian Edelman.
MVProf