Cover Four – Week 2
Ogni settimana tratteremo quattro spunti di riflessione più o meno seri donatici dalla National Football League
CINCINNATI ROSSO SANGUE
Dopo solo due settimane di stagione regolare, i Cincinnati Bengals sono diventati d’ufficio la nuova barzelletta della lega. Operazione non facile, anche perché condividono addirittura la stessa divisione coi Cleveland Browns. Saranno pure entrambe 0-2, ma almeno i Browns qualche segno di progresso è stato fatto. Al contrario, pare che i Bengals abbiano fatto passi indietro di anno in anno. Al timone dei tigrotti è Marvin Lewis, vero re di costanza con le sue 14 stagioni consecutive in Ohio. Dei coach attualmente seduti in panchina, solo Bill Belichick coi suoi 17 anni è il coach con più stagioni filate nella stessa squadra. Molto diverso, invece, il resumé. Se BB dà il meglio di sé durante i playoff, Lewis è 0-7 in gennaio. Arrivare ai playoff resta comunque un traguardo per molti invidiabile e per la dirigenza deve essere sembrato sufficiente arrivarci. Questa aurea mediocritas potrebbe non essere più raggiungibile. Per Cinci sembra profilarsi la seconda stagione di fila fuori dai playoff e per mandare un segnale è stato licenziato l’OC Ken Zampese, collaboratore di lungo corso di coach Lewis. Non è un caso che sia stata la mente offensiva a pagare il prezzo più alto: le prestazioni del QB Andy Dalton, che nel 2015 sembrava poter scalare diverse gerarchie, sono crollate a picco. In 8 quarti di stagione ha una percentuale di completi del 54.5% (36 su 66) per sole 394 yard lanciate, 0 TD, 4 INT e 2 fumble. Il Dalton dal rosso ciuffo non è l’unica faccia del collasso dei suoi. AJ Green sta cominciando a chiedersi se non stia sprecando la sua carriera dietro Dalton e un altro AJ, McCarron, potrebbe presto ritrovarsi in campo come nuovo QB. Facce meno edificanti sono quelle di Vontaze Burfict e Joe Mixon. Il primo è un criminale travestito da linebacker con diverse squalifiche sul curriculum, ma ha appena firmato un’estensione di altri tre anni. Il secondo viene da una storia di violenza sulle donne all’università dell’Oklahoma: giudicato intoccabile dalle altre squadre, i Bengals hanno coumunque deciso draftarlo. Con la volontà dalla parte della franchigia di associarsi a questo tipo di personaggi negativi dentro e fuori dal campo, non c’è da sorprendersi che il destino dei Bengals sembri destinato ad una spirale sempre più profonda.
CAVALLI DOPATI
Il match di domenica pomeriggio fra Denver Broncos e Dallas Cowboys ha fornito indicazioni molto interessanti, ma come spesso accede c’è stata una tendenza a cogliere tali spunti e portarli all’estremo. Anche se la voglia è molta, non è dei Cowboys che stiamo parlando. Dopo due vittorie con Chargers e appunto i texani, Denver siede a 2-0 e la tentazione è quella di esaltare la squadra del Colorado, una delle otto squadre con due vittorie e colonna delle sconfitte ancora immacolata. In realtà, le chance di Denver di vincere la sua division e/o qualificarsi ai playoff erano e restano bassissime. In primo luogo, il record dei Broncos sarà sempre pompato dal giocare nella Mile-High City con la sua area rarefatta e temperature gelide invernali. Perfino il G.O.A.T. Tom Brady ha solo 3 vittorie a fronte di 7 sconfitte in carriera in quel del Colorado, di cui addirittura 0-3 ai playoff. Con 4 delle prime 5 gare in casa (e la sola trasferta a Buffalo…), il record stagionale della squadra potrà anche migliorare. L’inizio soft non deve distrarre dal fatto che la squadra avrà la più dura schedule in NFL, giocando ben otto partite contro squadre che l’anno passato hanno vinto 10 o più partite. Due di loro si chiamano Kansas City Chiefs e Oakland Raiders. Queste due squadre sono indubbiamente fra le più calde della lega e, se poi i Chargers fossero meno tafazziani, con Denver racchiudono quella che ad oggi è la division più forte della NFL. Da quando è stato lanciato il moderno format di playoff, solo 11 volte è accaduto che tre squadre di una stessa division di AFC si qualificassero alla postseason e solo tre volte in AFC West. Esiste infine tutta una serie di dubbi legati ai giocatori di questo roster. La No-Fly Zone è pronta a sostenere una stagione intera senza TJ Ward? Quanto in fretta Von Miller tornerà a produrre i numeri degli anni passati? CJ Anderson riuscirà a stare integro? E il suo sostituto Charles? Trevor Siemian può essere di più di una mera mancanza di alternative migliori nel ruolo? E la sua intesa con Thomas e Sanders è migliorata davvero? Insomma, finché non si avranno risposte coi fatti e nel mentre si assisterà su una flessione di KC e Raiders, i Broncos restano più fumo che arrosto.
NO DAY
Per l’uomo un tempo noto come All Day, questi sono giorni difficili. La seconda vita sportiva di Adrian Peterson con i New Orleans Saints aveva avuto inizio proprio contro i suoi ex compagni dei Minnesota Vikings in Week 1. La tavola sembrava apparecchiata dagli Dei del Football per servire a Peterson la chance di una vendetta servita sul più lucido dei piatti di argento. Invece, mentre la controparte rookie Cook gli soffiava la vittoria e il record vichingo per numero di yard al debutto, l’immagine più emblematica della partita di Peterson è stata lo sguardo con cui a bordocampo ha fulminato coach Payton. “Non ho firmato per soli 9 snap,” ha poi dichiarato stizzito alla stampa in settimana. In Week 2 contro i Patriots le cose non sono cambiate di molto. Ancor più delle due sconfitte, davvero mai in discussione, a far discutere è stata la produzione di Peterson: 18 yard in 6 corse in Week 1 e 26 yard in 8 corse in Week 2. In un certo senso, AD ricorda da vicino l’ultimo Kobe Bryant, quello col fisico in palese declino, ma con una mente che non voleva sentir parlare di declino. A dispetto dei suoi numeri in calo, Peterson fa bene a restare su un campo da gioco finché lo pagano o finché non lo mandano via a calci. Sul banco degli imputati è giusto mettere i Santi. Nella Big Easy, dove AD deve fare i conti con l’agguerrita concorrenza di Mark Ingram e del rookie Alvin Kamara, i marchi di fabbrica sono i lanci del futuro HOFer Drew Brees e una difesa ignobile (65 punti incassati in due partite). Al contrario, la stagione migliore di Peterson – 2012 con premio MVP – arrivò nel ruolo di indiscusso titolare e contando su una solida difesa, a dispetto di uno spaesato Christian Ponder come quarterback. A prescindere da quanto resti nel serbatoio di Peterson, NOLA non gli ha dato le possibilità di farlo esprimere al meglio, ma anzi hanno cercato di trasformare una leggenda in un RB da compitino. Un po’ come prendere un machete per sbucciare una mela e poi lamentarsi che non faccia il suo lavoro a dovere. A dispetto dell’età, il giocatore ha ancora qualcosa di importante da dare, ma la finestra per farlo, almeno a New Orleans, potrebbe non essersi mai nemmeno aperta.
URAGANI
A volte è giusto che il football faccia un passo indietro di fronte a questioni ben più importanti. Settimana scorsa, l’uragano Irma ha colpito il sud della Florida, portando morte e distruzione con venti fino a 300 km/h. Per questioni di sicurezza, molti degli abitanti di quella zona del paese sono stati fatti evacuare e, fra loro, anche i giocatori e le famiglie di Miami Dolphins e Tampa Bay Buccaneers. Per entrambe le squadre c’era prima di tutto un’emergenza umana e familiare di cui occuparsi. Solo questa domenica le due squadre sono potute scendere in campo. I Dolphins erano ospiti al Coliseum di LA per la prima casalinga dei Los Angeles Chargers. Al suo debutto in maglia aqua, Jay Cutler è apparso più in versione “non perderla, non perderla, non perderla” che “vi faccio vincere io.” La gara si decide nel secondo tempo. Antonio Gates riceve il 112° TD in carriera (record NFL per un tight end), poi il kicker di Miami Parkey fa 3 su 3 portando i suoi avanti di due. Younghoe Koo, già decisivo in negativo nel finale contro i Broncos sette giorni prima, sbaglia il calcio dalle 44 yard per la vittoria, consegnando agli ospiti la vittoria per 19-17. Incredibile come Chargers abbiano portato con loro da San Diego più modi di perdere partite già vinte che fan, visto che allo stadio una buona metà del pubblico era pro-Dolphins. Per le saette, lo 0-2 in stagione li mette già fuori dai giochi, specie a fronte del 2-0 di Raiders, Broncos e Chiefs in division. Molto più agevole il successo dei Bucs, che annichiliscono i Chicago Bears per 29-7. Continua a fare faville l’asse Winston-Evans, ora supportato da DeSean Jackson ancora un po’ troppo marginale. Dopo non aver sfigurato contro i Falcons domenica scorsa, stavolta gli orsi ci lasciano la pelle sul serio. Nel solo primo quarto, intercetto di Glennon e fumble di Cohen in red zone. L’horror show di Glennon continua nel secondo quarto, con fumble perso e pick six regalato a McClain. Se mai qualcuno si stesse ancora chiedendo perché Glennon a Tampa facesse solo panchina, la riposta è servita. Occhio a questa Tampa, specie con l’arrivo di TJ Ward in difesa. Dopo tanti giorni bui e ancora tanti da passare a ricostruire, ‘Fins e Bucs riescono almeno per un pomeriggio a ridare il sorriso ai propri fan.
MVProf