Quattro Matrimoni e un Funerale
In queste prime fasi della free agency NBA sono da registrare il cambio di squadra di quattro giocati di peso e un addio clamoroso in quel di NYC
La moratoria che l’NBA impone prima dell’inizio della free agency NBA è ormai prossima alla scadenza e già sono molti i colpi andati a segno. Nel futuro prossimo qua su C3S ricapitoleremo tutti i trasferimenti e i prolungamenti che nel frattempo saranno diventati ufficiali e avranno plasmato una nuova mappa del panorama cestistico della NBA. Per ora, ci limitiamo alle cinque notizie che hanno più di tutte scosso il mondo della palla a spicchi dalla sera del draft a oggi.
Jimmy Butler ai T’wolves
E proprio dalla sera in cui è andato in scena il Draft NBA 2017 proviene la prima scossa al mercato NBA: I Chicago Bulls hanno scambiato il tre volte All-Star Jimmy Butler con i Minnesota Timberwolves in cambio di Zach LaVine e Kris Dunn. All’interno della stessa operazione, le due squadre hanno scambiato la 7° scelta di quello stesso draft (Lauri Markkanen) con la 16° (Justin Patton). Quello che si è verificato è abbastanza raro nell’NBA, ovvero l’attuazione di una trade sostanzialmente identica a quella che proprio un anno prima era saltata all’ultimo. In quell’arco di tempo, i Bulls avevano deciso di non tankare e anzi aggiungere veterani come Rajon Rondo e Dwyane Wade, ma sono riusciti appena a raggiungere l’8° posto a est. Minnie, dal canto suo, ha passato un’altra stagione da incompiuta e ampiamente fuori dalla lotta per la postseason. Una differenza fra ieri e oggi però resta: in quest’anno Butler si è confermato uno dei migliori talenti NBA, mettendo a referto il massimo in carriera per punti, rimbalzi e assist. Di contro, LaVine si è procurato la rottura del legamento crociato e potrebbe fare il debutto in maglia Bulls solo a inverno inoltrato. Inoltre, le quotazioni di Dunn, rookie scelto con la 5° chiamata un anno fa, sono crollate. Non solo ha faticato molto col tiro dal campo, ma ha addirittura riportato Ricky Rubio da sacrificabile a necessario, stante l’incapacità di Dunn di prenderne l’eredità. In conclusione, i Bulls escono sconfitti di questa trade – e con margine. Hanno perso un anno intero per iniziare il processo di rifondazione e, invece che ottenere (almeno) due giovani promesse, ne hanno ricevute sì due, ma una rotta e una in regressione, senza poi accumulare ulteriori asset. Mentre Minnie pare bene indirizzata alla fine di una siccità ai playoff lunga 13 anni anche grazie alla reunion di Butler con Tom Thibodeau, i problemi di Chi-town sembrano solo essere aumentati.
Paul George a OKC
Se quello di Butler è parso a molti un affare a buon mercato dal punto di vista di Minnie, la trade che ha portato Paul George agli Oklahoma City Thunder è un vero e proprio furto. Dopo mille voci che si erano inseguite nelle ultime settimane, gli Indiana Pacers hanno spedito PG13 a OKC in cambio di Victor Oladipo e Domantas Sabonis (sostanzialmente gli stessi uomini, meno Ilyasova, che un anno fa Orlando aveva sborsato per Ibaka). La posizione dei Pacers da giugno si era indebolita di molto, dal momento in cui lo stesso George aveva affermato apertamente che non sarebbe restato in Indiana dopo la fine della prossima stagione. In più, avendo affermato che i Los Angeles Lakers sono la sua prima scelta, ha reso il compito di ricercare un acquirente assai più complesso alla sua squadra. Da un lato, i Lakers si sono sentiti in posizione di forza, potendo offrire qualcosa ora (ma né Ball né Ingram) o aspettare in poltrona di vedersi arrivare il giocatore gratis fra un anno. Mentre Celtics, Rockets e Cavs sondavano la pista delle eventuali contropartite, in sordina Sam Presti di OKC ha portato a casa un ottimo colpo funzionale a più livelli. Innanzitutto, per assicurarsi le prestazioni di PG13 ha dovuto rinunciare a due giocatori non fondamentali, ma anzi problematici. Oladipo era a contratto per $84M in 4 anni – uno sproposito – e Sabonis, che, nonostante guidasse tutti i rookie per minuti giocati, non è riuscito ad entrare nei due quintetti dei migliori primo anno NBA. Fra un anno esatto OKC dovrà trovarsi di fronte il problema di un George ormai free agent e un Russell Westbrook a sua volta in scadenza, ma per quest’anno almeno Presti ha regalato al suo MVP un nuovo compagno di giochi di assoluto livello e che potrebbe essere convinto a restare in zona proprio da Brodie. Se poi sul campo l’intesa non funzionerà, George sarà lasciato senza rimpianti e con ampio cap space per altri talenti.
Chris Paul a Houston
Con la finestra dei Los Angeles Clippers ormai prossima alla chiusura totale, Chris Paul e Blake Griffin avevano espresso al club la loro volontà di uscire dai rispettivi contratti e sondare il mercato dei free agent. Per i due il destino è stato diverso. Blake ha rinnovato per 5 anni a $173M, mentre CP3 è finito per accasarsi con gli Houston Rockets. La formula è stata quella del sign-and-trade, che oltre a portare CP3 a H-Town ha recapitato a LA Patrick Beverley, Lou Williams, Sam Dekker, Montrezl Harrell, Darrun Hilliard, DeAndre Liggins, Kyle Wiltjer, una scelta protetta al primo turno e contanti. La mossa è stata per certi versi sorprendente, vista la crescita di James Harden nel ruolo di point guard che lo ha portato a giocare il miglio basket della carriera, condito da 55 vittorie di squadra, 22 triple-doppie stagionali e a un gradino dal titolo di MVP. Con CP3 in squadra, Harden tornerà al suo ruolo di guardia tiratrice, con i rischi del caso. D’altro canto, la regola non scritta dei front office NBA è che se si può acquisire talento, lo si fa; solo in un secondo momento ci si pone il problema di come sfruttarlo al meglio. Va dato a credito a Houston e al GM Daryl Morey di essere estremamente attivi nel tentativo di rinforzare una squadra che pure l’anno scorso ha superato ogni aspettativa. In pochi giorni, i Rockets hanno rinnovato il contratto di Nene, acquisito PJ Tucker e, dopo aver provato a prendere PG13, sono ora in corsa per Carmelo Anthony. In base alla formula attuale del contratto, i razzi hanno la certezza di trattenere Paul solo per la prossima stagione: in caso di attriti, entrambe le parti avranno sprecato solo un anno per un esperimento comunque lecito. Ma se la convivenza col Barba sarà ottima, via al prolungamento. E chissà che la tanto chiacchierata riunione degli amici della banana boat non possa avvenire nel deserto del Texas…
Gordon Hayward ai Celtics
L’ultimo grande colpo in ordine di tempo è quello che porterà Gordon Hayward a vestire la maglia dei Boston Celtics il prossimo anno. L’accordo di base è stato trovato per un max contract di 4 anni per $128M. Come il 4 luglio di un anno fa esatto KD annunciò il suo addio a OKC con una lettera al The Players’ Tribune, così Hayward ha scelto lo stesso giorno e lo stesso mezzo per rendere ufficiale il suo trasferimento dallo Utah dopo 7 anni in maglia Jazz. Fra le motivazioni espresse dal giocatore nella lettera, spicca quel desiderio di concludere quell'”unfinished business” fra lui e Brad Stevens, che ora ritroverà sulla panchina di Boston. Questi lo allenò anche ai tempi di Butler e con lui nel 2010 accarezzò il sogno del titolo NCAA fino all’ultima sirena. Per riuscire a portare a termine l’operazione, tuttavia Boston dovrà rinunciare alla profondità del proprio roster, uno dei punti di forza dello scorso anno. Partiti già Amir Johnson e Tyler Zeller, saranno lasciati liberi di andare anche Jonas Jerebko, James Young, Demetrius Jackson, Jordan Mickey e Kelly Olynyk, la cui qualifying offer è stata rescissa. In più, (almeno) uno fra Bradley, Smart e Crowder dovrà essere scambiato – forse tramite una sign-and-trade che permetterebbe a Boston di far quadrare i conti e ai Jazz di non perdere Hayward a zero. Dopo tanti nomi chiacchierati in casa Boston negli ultimi due anni, Danny Ainge aggiunge Hayward ad un nucleo interessante di giovani come Jaylen Brown e Jayson Tatum, e di veterani come Isaiah Thomas e Al Horford. Dopo che l’ovest si era già accaparrato tre All Star dall’est (i già citati George e Butler, oltre che Millsap), l’est ne porta a casa uno a sua volta, ma resta il dubbio di quanta differenza – anche a fronte del sacrificio di denaro e di uomini – ciò comporterà nella caccia a LeBron James. GH è a pieno titolo il miglior bianco che l’NBA ha oggi da offrire, ma se i tifosi Celtics si aspettano il nuovo Larry Bird potrebbero rimanere con l’amaro in bocca.
Phil Jackson cacciato da New York
Come da titolo, dopo quattro matrimoni, ecco il funerale (metaforicamente parlando). Pochissimo tempo fa C3S aveva dedicato un intero articolo a Phil Jackson e ai problemi che i suoi New York Knicks stavano attraversando. Nemmeno una settimana dopo la testa del maestro zen è rotolata lungo Madison Avenue, per il giubilo della stragrande maggioranza dei tifosi Knicks. Il peccato capitale, stando alle indiscrezioni, sarebbe stato quello di voler lasciare andare per la sua strada ‘Melo, assorbendo a pieno i $54M rimanenti nel suo contratto e senza ricevere alcuna contropartita. Il proprietario James Dolan, già protagonista di misfatti da quasi un ventennio, avrebbe ritenuto quella la goccia che ha fatto traboccare il vaso – e non, per fare un esempio, il volersi disfare di Kristaps Porzingis dopo esserselo inimicato… La formula ufficiale è quella dell'”ognuno per la sua strada,” ma è chiaro che nella realtà dei fatti si tratta di un siluramento. Nonostante le quotazioni di PJ siano arrivate al minimo storico durante il mese di giugno, appena in aprile il suo contratto era stato rinnovato per altri due anni, segno che almeno allora c’era la fiducia necessaria in lui. E questo nonostante in questi 3 anni i Knicks abbiano accumulato la miseria di 80 W e zero presenze ai playoff a fronte di uno stipendio di $60M in tre anni – cifre da top player! È facile intuire che ora non ci si sgomiti per prendere il posto di PJ e per il momento i nomi di Griffin e Calipari sono più che altro dei miraggi. Per chi sostiene che Jackson incarnasse tutti i mali dei Knicks, l’offer sheet di 4 anni a $71M appena recapitata a Tim Hardaway jr suggerisce che chi sta oggi gestendo il mercato della squadra non possiede necessariamente una maggiore quantità di materia grigia. Difficile pensare che l’NBA odierna abbia ancora un posto per il guru del triangolo; è una suggestione pura al momento pensare ad un ritorno di Jackson nella “sua” Los Angeles. Dal suo insediamento a LA, Magic Johnson ha instaurato una nuova cultura e in pochi mesi pare aver già girato di 180° il futuro della franchigia. Se non altro, rimarrà inalterata nella mente di tutti la memoria del Jackson coach, a pieno titolo uno dei migliori di sempre dello sport americano.
MVProf