Trust their process
In memoria di Sam Hinkie (e di chi, come lui, ha mantenuto la fede nel processo)
Mancano meno di 48 ore al tanto atteso NBA Draft 2017 a Brooklyn, NY. Quelle che saranno le prime tre squadre a scegliere le potete vedere nella foto qua in alto, anche se, per ragioni che andremo ad esporre, tale immagine andrebbe ora vista allo specchio. Queste tre franchigie sono le vere, grandi nobili decadute del basket NBA di questo decennio. I Philadelphia 76ers hanno vissuto anni niente male in passato, in particolare prima col micidiale duo Dr. J-Moses Malone, poi con le magie di Allen Iverson. Tuttavia, la squadra non ha registrato una stagione vincente su 82 partite dal 2004-05. I Los Angeles Lakers si stanno ancora cercando di disfare delle scorie del farewell tour di Kobe Bryant e del riassetto societario, nel caos più totale dalla morte di Jerry Buss. I tempi dello Showtime sembrano lontani, ma pian piano le gerarchie potrebbero tornare quelle giuste in una città degli angeli ormai dominata dai cugini dei Clippers. Infine, i Boston Celtics. Da una dinastia di Big Three all’altra, è innegabile che dai fasti del titolo del 2007 i C’s abbiano faticato molto a tornare competitivi. Sono stati per quattro stagioni consecutive senza vincere una serie di playoff e solo quest’anno sono riusciti a mettere il naso oltre il primo turno. Se sapranno scegliere saggiamente e muovere le pedine giuste, è facile pensare che ciascuna di queste squadre abbia una chance reale di competere per un titolo entro la fine di questa fin qui per loro sfortunata decade.
PHILLY – #TrustTheProcess è stato il mantra che ha accompagnato i Sixers in questi anni di buio pesto. A lanciare il motto fu Sam Hinkie, GM della squadra dal 2013 al 2016. La portata della sua storia a Philly non è misurabile coi numeri. Se lo fosse, andrebbe sottolineato che nelle sue tre stagioni al timone della squadra i 76ers hanno vinto 47 gare in totale. Il significato della sua frase non è altro che un altro modo di abbracciare appieno il tanking, ovvero la scelta consapevole e deliberata di perdere quante più partite possibili per poi avere una scelta alta al successivo draft. Proprio dai draft figli di quel tanking assassino vengono ora le speranze di Philadelphia, una città già di suo non fortunatissima nello sport. Dopo aver già selezionato i talenti di Joel Embiid, Dario Saric Jahlil Okafor e Ben Simmons, in settimana i Sixers hanno portato a termine una trade importante per assicurarsi la prima scelta assoluta di quest’anno. I Celtics, originariamente in possesso della scelta #1, l’hanno girata a Philadelphia in cambio della terza scelta assoluta e di una futura prima scelta. Il motivo è che Philly è innamorata di Markelle Fultz, point guard daWashington e pezzo pregiato dei talenti di quest’anno. La squadra si trova ad un bivio non da poco. Nella migliore delle ipotesi, il nucleo sopra citato con l’addizione di Fultz e l’aiuto di alcuni veterani potrebbe competere per un titolo entro il 2020. L’altra faccia della medaglia, naturalmente, racconta di giovani star molto fragili. Simmons ha saltato tutta la stagione scorsa per un infortunio ad un piede e non ha ancora un singolo minuto giocato in NBA. Embiid, scelto nel lontano 2014 ed erede spirituale della filosofia del process, ha giocato solo 31 partite totali fin qui e ha già registrato fratture alle ossa sia al college che fra i pro. Lo spettro un Greg Oden 2.0 non è affatto lontano. Di Okafor che dire, Jahili contiene già di suo jail (prigione) nel suo nome e non è da escludere che l’ex Duke prima o poi ci finirà. A livello collettivo, è poi possibile trovare nei Minnesota Timberwolves un parallelo molto simile alla storia dei Sixers: anni di tanking, tanto talento giovane, ma ancora tante risposte da trovare per trovare la quadratura del cerchio. A quale versione dei Sixers assisteremo non è ancora dato sapere, ma, se tutto andrà nel migliore dei modi, preparate una statua a Hinkie fuori dal Wells Fargo Center. Per la città dell’amore fraterno è comunque una figura sportiva più veritiera di Rocky (e lui una statua ce l’ha…)
LA – Tempi di ristrutturazione in città. La faida (letteralmente) fratricida fra gli eredi Buss ha prodotto dopo anni di disastri l’arrivo sul ponte di comando di Magic Johnson. Magic ha fatto partire i fuochi d’artificio ancora prima di giovedì, realizzando una coi Brooklyn Nets. I Lakers hanno ricevuto Brook Lopez e la 28° scelta di questo draft in cambio di D’Angelo Russell e Timofey Mozgov. Al momento i media americani si stanno guardando l’un l’altro sospettosi, incerti a chi dare la palma della vittoria e a chi il cappello con le orecchie d’asino. Da un lato, Brooklyn si assicura un play dal futuro quantomeno intrigante, già seconda scelta assoluta nel 2015, ma mai esploso (e in più con la pessima fama di snitch, spione.) Insieme, d’altra parte, si sobbarcano di uno dei peggiori contratti recenti della lega e in scadenza solo nel 2020. I Lakers compiono un deciso upgrade nel ruolo di centro con Lopez, per di più in scadenza il prossimo anno e quindi potenzialmente in grado di liberare posto per un contrattone di un top-player per il 2018. In più, con la scelta #28 i Lakers si assicurano ben tre scelte al primo giro, uno degli obiettivi dichiarati da tempo da Magic (la #27, proveniente da Boston, è una delle scorie rimaste dalla sanguinosa trade dei Nets per Pierce e Garnett). La terza vittoria sul fronte Lakers è quella di fare posto in regia per un play da selezionare giovedì. Con Fultz diretto in Pennsylvania, appare oggi ancora più facile ipotizzare l’arrivo di Lonzo Ball ai Lakers. Nonostante la personalità larger-than-life di papà LaVar abbia creato una reputazione polarizzante attorno al cognome dei Ball, a Los Angeles si sono ormai decisi a dare il via all’era Lonzo, già prodotto casalingo, prima a Chino Hills al liceo e poi a UCLA nell’unico anno di college. Il suo primo workout ai Lakers, secondo gli addetti ai lavori, non è stato trascendentale, specie dal lato della tenuta fisica. Restano poi dubbi riguardo alla sua difesa soft e a quel tiro dalla meccanica sospetta che in NBA potrebbe avere vita dura. Entro la fine di giovedì sera, però, il roster dei Lakers potrebbe subire un ulteriore scossone. Voci insistenti di trattative fra Lakers e Pacers si stanno rincorrendo in queste ore. Al centro di esse, il futuro di Paul George. L’ex Fresno State ha dichiarato di voler andare ai Lakers alla scadenza del suo attuale contratto, ovvero l’estate prossima. I Lakers potrebbero scegliere di temporeggiare e farlo arrivare gratis a giugno 2018, ma c’è il serio rischio che Indy cerchi un compenso per non perderlo a zero e lo faccia partire per altra destinazione. Dovesse finire, ad esempio, ai Cleveland Cavaliers, non è da escludere che LeBron James convinca il compagno di nazionale a firmare un nuovo contratto coi Cavs. I Lakers non hanno scelte importanti da mettere sul tavolo, ma Randle e Deng (secondo contrattone osceno) potrebbero essere pedine di scambio interessanti. Per i Lakers sembra sia finalmente arrivato il momento in cui intravedere la luce in fondo al tunnel.
BOSTON – Partiti come squadra con la prima chiamata assoluta, si ritrovano oggi con la terza, in una trattativa che vede i Celtics vincitori in solitaria o quantomeno alla pari dei 76ers. Il piano del GM Danny Ainge è stato fin qui esemplare. Accumulare scelte alte e resistere alla tentazione di sperperarle in giocatori e tempi non idonei alla causa. A differenza dei Sixers e dei Lakers, i Celtics sono tornati competitivi ben prima di loro, ma restano non poi così vicini al sogno chiamato titolo NBA numero 18. È vero che nella stagione appena trascorsa i C’s hanno vinto la Eastern Conference, ma nella serie contro i Cavs la distanza fra le due è apparsa piuttosto ampia. In questi anni Ainge ha tenuto tutto il fieno in cascina – non è un segreto! – aspettando il declino fisico di LBJ, che domina l’est da 7 stagioni consecutive. Già un anno fa esatto si speculava che i Celtics fossero vicini a scambiare la prima scelta (poi diventata Jaylen Brown) per Jimmy Butler, ma non se ne fece nulla. 365 giorni dopo si fa ancora il nome di Butler, oltre che quello di George. In più, non vanno escluse le strade che portano a Gordon Hayward, Blake Griffin o, per quanto simil-fantabasket, a Anthony Davis. La scelta di scalare dalla #1 alla #3 è dettata dal fatto che Boston è convinta delle prestazioni di Isaiah Thomas e intende rinnovarne il contratto (molto probabilmente maxandolo) l’estate prossima. A quel punto, sapendo che per i Lakers Lonzo è facilmente un lock alla #2 e che per i Sixers l’interesse per Fultz era alto, i Celtics hanno pensato bene che avrebbero potuto scegliere lo stesso un giocatore gradito alla #3, che sarà un’ala fra Josh Jackson di Kansas e Jayson Tatum di Duke (e che avrà un rookie contract garantito con un ingaggio inferiore rispetto a quello di una prima scelta assoluta.) La scelta ulteriore arrivata in regalo, da spendere ad uno dei prossimi due draft a seconda di condizione specifiche, fa il paio con quella che nel 2018 arriverà di nuovo per gentile concessione dei Nets nella già citata trade del 2014. Con due prime scelte potenzialmente nelle prime 10 già nel 2018 più quella attuale e alcuni pezzi interessanti da includere in un pacchetto (Smart, Bradley, Crowder, Olynyk e Johnson formano un ideale quintetto di sacrificabili), è forse giunta l’ora di vedere Ainge tentare il colpo da novanta. Ci sono dei ma. Secondo le ultime indiscrezioni, Butler vorrebbe rimanere a Chicago, mentre Lakers e Cavs avrebbero già intavolato delle trattative per George. In più, Hayward pare tentato dalla pista Miami Heat, Griffin si pesterebbe i piedi con Horford e Davis quasi di sicuro rimarrà a NOLA per tentare la convivenza con DeMarcus Cousins appena agli albori. Potrebbero però arrivare notizie clamorose da New York, con Carmelo Anthony e Kristaps Porzingis dichiarati disponibili dai Knicks. Non ci sarebbe da stupirsi se tutto questo si rivelasse fumo negli occhi e Ainge si limitasse alla singola scelta di un giocatore al draft, chiunque egli sia. Si rincorrono da qualche giorno le voci che vorrebbero LBJ partente verso ovest (Lakers o Clippers nel mirino) dopo la stagione prossima. A quel punto, Ainge avrebbe sia il talento che le risorse per fare la sua mossa ed assicurarsi il predominio dell’est. Per il momento, non resta che sintonizzarsi giovedì sera su ESPN e aspettarsi l’inaspettato.
P.S. A proposito del sottotitolo, Hinkie è ancora vivo e vegeto, eh!
MVProf