10 domande per questa offseason NFL – Parte I
Con i team NFL che stanno iniziando il training camp in questi giorni, vediamo quali sono le domande più rilevanti che restano per ora senza risposta
1. Trubisky farà il suo debutto a Chicago?
Con una mossa a sorpresa nell’ultimo draft, i Chicago Bears hanno realizzato una mega-trade con i San Francisco 49ers per passare dalla 3ª alla 2ª chiamata assoluta. Con essa, i Bears hanno selezionato l’ex quarterback di North Carolina Mitch Trubisky. Era credenza comune che i Niners non avrebbero comunque preso Trubisky alla #2 e perciò ad un primo sguardo Chicago potrebbe essersi svenata per nulla. Pur considerando l’eventualità di un’asta selvaggia per Trubisky, i Bears hanno pagato un costo davvero salato. Trubisky ha senza dubbio il potenziale fisico e tecnico per diventare il tanto agognato QB del futuro per i Bears, ma sul suo quadrante ci sono diverse spie rosse accese. Innanzitutto, a UNC è stato titolare solo per 13 gare, in cui ha totalizzato 30 TD e 6 INT col 68% di completi: un campione statistico molto positivo, ma limitato. Un’altra situazione potenzialmente complicata è la convivenza con Mike Glennon. All’ex Tampa Bay Buccaneers è stato elargito un generoso contratto triennale da $45M, di cui $19M garantiti, e il ruolo di titolare. Tuttavia, Glennon è tutt’altro che una solida certezza: in quattro stagioni in Florida fra campo e panchina, questi ha messo a curriculum un modestissimo record di 5-13 come titolare. Il coaching staff dei Bears non dovrà cadere nella tentazione di buttare nella mischia Trubisky quando stampa e tifosi invocheranno il rookie ai primi segnali di cedimento di Glennon – e, fidatevi, ce ne saranno da vendere. Dopo otto anni con Jay Cutler fra più ombre che luci, i Bears hanno tutto l’interesse a preservare un potenziale patrimonio in Trubisky. Far dimenticare Cutler (impresa non trascendentale) e la dubbia trade che lo ha portato quest’anno a Chicago sono compiti che richiedono tempo e applicazione. Eppure, tutte queste belle parole potrebbero non bastare. Con un record di 9-23 nei suoi due anni a Chicago, Fox potrebbe non avere la pazienza o l’interesse di aspettare Trubisky nel momento in cui la sua panchina finirà sulla graticola. I Bears hanno una schedule brutale a inizio stagione e la bye week alla 9° giornata sembra fatta apposta per un avvicendamento nel ruolo di QB. Se e quando questo avverrà, il conto potrebbe essere ancora più salato della trade stessa.
2. Come conviveranno i Raiders con la città di Oakland?
Non è più un segreto che la squadra nota come gli Oakland Raiders è prossima al trasferimento in Nevada, dove diverranno i Las Vegas Raiders. La squadra giocherà all’interno di un nuovissimo stadio da 65mila posti a sedere che è costato $1.9 miliardi (di cui ben $750M però arriveranno dalle tasche dei contribuenti del Nevada) e che sorgerà a Sin City in un’area vicino alla piramide nera del Luxor e ai muri dorati del Mandalay Bay. Ma non da subito. Ad oggi nei 62 acri di terreno acquistati nel deserto del Nevada non sono nemmeno ancora iniziati i lavori. Anzi, attualmente il sito è in possesso di un gruppo di senzatetto che vi ha creato un piccolo accampamento. I tempi tecnici per la costruzione indicano che i Raiders resteranno in affitto ad Oakland per il 2017 e molto probabilmente il 2018. Sul 2019 non ci sono certezze, ma il 2020 dovrebbe essere l’anno decisivo per il primo kickoff nel Las Vegas Stadium (nome neutro in attesa di uno sponsor). Questo rende la squadra e i suoi caratteristici tifosi dei separati in casa per un tempo fino a tre anni ed è incerto questo che ripercussioni avrà sul sostegno degli stessi. Un insperato assist a tifosi e squadra è stato fornito da Marshawn Lynch, ritiratosi dalla NFL nel febbraio 2016 e pronto a riaccendere l’entusiasmo dei fan. Beast Mode, dopo aver manifestato il desiderio di uscire dal ritiro e vestire il nero-argento dei Raiders, ha deciso di coronare il sogno di giocare per la squadra della sua città natale. Con la franchigia diretta a Vegas, firmando un contratto biennale Lynch ha colto l’occasione ora che il conto alla rovescia per l’inesorabile addio è ormai iniziato. Anche in considerazione degli ottimi risultati dei Raiders nel 2016-17, è possibile che i tifosi più paurosi dell’intera lega si stringeranno attorno all’idolo locale Lynch e metteranno da parte il loro astio verso la proprietà senza far mancare il loro supporto alla squadra. Ma resta da decifrare fino a che punto possa essere lecito attendersi largo supporto, specie in termini monetari, da chi sa che entro pochi anni la squadra sarà altrove. Se poi la squadra avrà una stagione al di sotto delle altissime aspettative, c’è da aspettarsi di tutto…
3. Los Angeles sarà la peggiore città di football?
Dopo 22 anni senza football, Los Angeles vedrà ben due squadre rappresentare la città degli angeli nella prossima stagione. L’anno scorso il passaggio fu aperto dai Los Angeles Rams, che da St. Louis si trasferirono nella West Coast. Il primo anno dei Rams a Hollywood è stato a metà fra un film horror e un reality show demenziale. Pur avendo chiuso il capitolo Jeff Fisher, la stagione ventura non sembra fornire indicazioni di un’inversione di tendenza repentina. Le falle più ovvie sono la mancanza di una prima solida opzione fra i ricevitori e una O-Line che non pare migliorata molto da quella che lo scorso anno concesse la bellezza di 49 sack. Le bassissime attese date anche da una schedule molto dura permetterà quantomeno al neo-allenatore Sean McVay, ad appena 30 anni di età l’head coach più giovane della storia della NFL, di lavorare sui giovani. In particolare, due che dovranno riscattare una pessima annata. In primis il RB Todd Gurley, che dopo un’annata spaziale da rookie ha avuto un calo verticale nel secondo anno.Discorso simile anche per il ruolo di QB, all’interno del quale peraltro non è ancora certo che Jared Goff partirà titolare. Lo spettro di diventare un bust si fa per lui sempre più concreto. Dopo un lungo tira e molla con San Diego, anche i Los Angeles Chargers hanno spostato il domicilio a LA, benché per loro si sia trattato di un trasloco di soli 200km. I Chargers dello scorso anno non erano disastrosi sulla carta, ma una serie inenarrabile di infortuni e di partite perse sul filo di lana hanno fatto scaricare la carica delle saette di settimana in settimana. Per far crescere giovani interessanti come Bosa, Allen, Verrett, Henry e la scelta al primo giro Mike Williams, i Chargers dovranno contare sulla leadership di Antonio Gates e Philip Rivers. Tuttavia, i Chargers restano nella super-competitiva AFC West e preoccupa il fatto che il 35enne Rivers resti il miglior giocatore del roster. Le poche certezze e i mille dubbi inducono a pensare che è quasi impossibile che Rams e Chargers raggiungeranno un numero di vittorie in doppia cifra, anche combinando il record. Strano a dirsi, ma Los Angeles potrebbe strappare a Cleveland la maglia nera di peggior città in NFL (a proposito dei Browns, nella seconda parte si parlerà di loro).
4. Dak & Zeke manterranno le enormi aspettative?
In pochi l’estate scorsa avrebbero previsto una stagione stellare per i Dallas Cowboys, chiusa con ben 13 vittorie. Dak Prescott e Ezekiel Elliott si sono rivelati essere gli eroi inattesi, protagonisti di una stagione conclusa rispettivamente al primo e al secondo posto della classifica Offensive Rookie of the Year e coronata dal Pro Bowl. Per quanto i due abbiano vissuto il loro primo anno a Dallas sullo stesso tandem, i due partivano con aspettative ben diverse. Prescott fu chiamato al 4° round come paracadute in caso di nuovi infortuni a Tony Romo e la previsione si rivelò fin troppo azzeccata. Romo subì una frattura ad una vertebra in preseason e il posto di QB titolare dei Cowboys diventò vacante. In favore di Prescott giocarono poi l’ulteriore infortunio del backup designato Kellen Moore e la mancata trade con i Cleveland Browns per Josh McCown. Se uno di questi eventi fosse andato diversamente, forse l’NFL non saprebbe nemmeno dell’esistenza di Prescott oggi. Elliott, al contrario, aveva fin da subito i riflettori puntati addosso. Nei suoi tre anni aOhio State aveva fatto incetta di record e premi individuali, tanto da essere chiamato con la 4° chiamata assoluta. Zeke ha concluso la stagione come il RB con più yard accumulate (1,631) e il terzo per touchdown segnati (15). Non è però detto che la pacchia continui. Ci sono numerose variabili che possono raccontare il perché spesso la seconda stagione da professionista di molti atleti non renda come la prima, ma una su tutte regna sovrana. La maggiore pressione aumenta in maniera uguale e contraria al minore effetto-sorpresa. Le decine di ore di filmati di Dak&Zeke saranno passate al microscopio da ogni avversario e sorprenderli sarà ancora più dura. Contro il dinamico duo texano gioca contro anche il calendario. Le ambizioni di Super Bowl della squadra si scontrano con la 10ª schedule più dura della lega, che inizia con Giants in casa, poi Broncos e Cardinals in trasferta. Inoltre, di giorno in giorno sempre più giocatori dei Cowboys sembrano finire nei guai con la giustizia. Fra questi, anche lo stesso Elliott, più abile ad evitare i linebacker avversari in campo che le grane al di fuori di esso. A causa di ciò, ci sono grosse possibilità che l’ex Buckeye venga sospeso per alcune partite all’inizio della stagione. Senza di lui, il gioco di Prescott diventa più prevedibile e questo potrebbe essere il primo passo verso una stagione deludente dei Cowboys e dei due giovani prodigi.
5. Peterson può ancora spostare gli equilibri?
Il 15 aprile scorso Bleacher Report pubblicò una lista coi 10 migliori free agent ancora a disposizione. Fra loro, Jay Cutler (poi ritiratosi), Michael Floyd (sospeso per abuso di alcol) e Dwight Freeney (37 anni di età). Pur non trattandosi affatto della crème de la crème, all’interno della lista Adrian Peterson non figurava nemmeno. Dopo 114 giorni di limbo dall’inizio della free agency e pochi timidi corteggiamenti, il 25 aprile i New Orleans Saints lo hanno messo sotto contratto per due anni a $7M. Il matrimonio di All-Day coi Saints può rivelarsi molto interessante per entrambe le parti. I Saints potranno contare sulla sua fame di riscatto dopo un 2016 disastroso che lo ha visto saltare 13 partite a causa di un infortunio al menisco. I Minnesota Vikings e molti altri team si sono tenuti alla larga da Peterson sia per le richieste economiche elevate (anche se smentite dal diretto interessato) che per la scarsa fiducia nelle doti di recupero di un 32enne reduce da un grave infortunio. Questo rientra nella casistica di diversi studi effettuati sui running back. È stato dimostrato che i RB tendono a declinare in maniera irreversibile dall’età di 27 anni e pochissimi in quel ruolo sono stati produttivi passati i 30. A difesa di Peterson, il fatto che abbia saltato le stagioni 2014 e 2016 quasi di netto potrebbero dare al giocatore un minimo di freschezza in più dei suoi coetanei. Dal canto loro, i Saints forniscono a Peterson il lusso di non dover essere il cavallo da tiro che è sempre stato coi Vikes. Grazie a Drew Brees, la squadra della Louisiana può contare su un attacco esplosivo largamente basato sui lanci ai ricevitori. Da un parte, Brees potrà contare su AD come esca per scatenare una temibile play action e dall’altra AD potrà affrontare una difesa più preoccupata dei lanci che del gioco di corse. Tuttavia, ad oggi egli figura secondo dietro a Mark Ingram nelle gerarchie dei Saints secondo la depth chart prevista da Fox Sports e resta da verificare quanto tempo sul campo al giocatore sarà concesso. Infine, proprio per l’anima “aerea” della squadra, è difficile pensare che coach Sean Payton darà molto più spazio sul playbook alle corse e quindi le occasioni per Peterson di avere un impatto potrebbero essere ridotte all’osso. Insomma, la storia non gioca a favore di Peterson, ma pochi hanno dedicato la vita quanto lui a ribaltare i pronostici sfavorevoli.
MVProf