Quelli che… il Super Bowl LI lo guarderanno in tv
Prima di lanciarci nel pronostico del Super Bowl LI, diamo un ultimo saluto a chi, per un motivo o per l’altro, ha mancato l’appuntamento col Big Game
Ogni anno, 32 squadre cominciano la stagione. Di queste, 12 arrivano ai playoff, 2 si giocano il Lombardi Trophy, ma solo una lo alza al cielo. È quindi giusto dire che nel 2016 31 squadre hanno avuto un’annata deludente e solo una alla fine potrà dirsi soddisfatta?
THE OTHERS – Se le squadre qualificate ai playoff sono 12 e se la matematica non è ancora un’opinione, 20 squadre di football hanno chiuso la saracinesca il primo gennaio. È stata un’annata ampiamente sotto il par della decenza per davvero troppe squadre, in particolare per il gruppo di squadre che qui ci si è permessi di ribattezzare le “Sinistre Sei”: Browns, Rams, Jaguars, Jets, Bears e 49ers hanno realizzato un record totale di 18 vittorie e 78 sconfitte, 16 QB diversi utilizzati, con 1669 punti totali segnati e ben 2534 incassati – come dire che per ogni punto realizzato, ne concedevano più di 1,5 agli avversari. Dura vincere così! A saltare sono stati metà dei capi allenatore di suddette squadre – Fisher (Rams), Bradley (Jags) e Kelly (49ers) – accompagnati da Ryan (Bills), McCoy (Chargers) e Kubiak (Broncos, ma per motivi di salute). Restano poi col guinzaglio cortissimo i reduci delle “Sinistre Sei” Jackson (Browns), Bowles (Jets) e Fox (Bears), oltre che Pagano (Colts), Lewis (Bengals), Payton (Saints) e Rivera (Panthers). Da stabilire cosa farà Arians (Cardinals), anch’egli in forse per motivi di salute dopo una stagione che di certo non lo ha ringiovanito. Questo per dare un’idea di quanti proprietari siano stati giustamente insoddisfatti del rendimento delle proprie squadre. Deluse per aver fallito l’aggancio al treno dei playoff sul filo di lana, ma fiduciose per il 2017 sono i Ravens, i Titans, i Redskins, i Buccaneers e i Vikings, con questi ultimi che puntano a giocarsi in casa il Super Bowl LII. Gli Eagles, ultimo team parte di questa lista, sono attesi da un processo di crescita di più lungo respiro.
GRAZIE PER AVER PARTECIPATO – Chi alla postseason è arrivato, ma non ha fatto in tempo a disfare le valigie che era già tempo di tornare a casa sono stati prima di tutto i Detroit Lions. Dopo una stagione che per buona parte sembrava aver stabilito che più i Lions erano sotto nel punteggio nel finale e più questi ultimi rimontavano con successo (à la Chargers, ma il totale opposto), la fragilità della franchigia del Michigan è apparsa evidente alla prima e unica partita ai playoff. Potrebbero recitare il mea culpa per un division dominata a lungo e sfilata via all’ultimo, ma pur con una bye week di vantaggio, la vita sarebbe stata di appena una settimana più lunga. Da dove viene tale certezza? Prova A: gli Houston Texans. Loro sì vincitori della propria sciagurata division, si sono sciolti subito dopo il bye. In una nazione meritocratica come dovrebbe essere l’America, vengono in mente almeno tre-quattro squadre che avrebbero meritato più dei Texans l’accesso ai playoff. Completa il terzetto una squadra che ogni anno sa già in partenza che la vetta della propria division veste felpato e perciò non è affar suo, i Miami Dolphins. Gagliardi anziché no nell’arrivare ai playoff ai danni dei campioni in carica, le speranze della truppa di coach Gase erano in partenza ridotte al lumicino per l’infortunio a Ryan Tannehill. Pur in una prova tutto cuore, non si poteva pensare di vincere ai playoff con Matt Moore. Comunque, signori, grazie per averci provato: come scritto sotto i tappi di bottiglia “ritenta, sarai più fortunato.”
BICCHIERE MEZZO PIENO O MEZZO VUOTO? – Chi non è sopravvissuto al turno di Wild Card, ma merita lo stesso più rispetto delle precedenti squadre sono i New York Giants e gli Oakland Raiders. I primi – che su questo blog erano stati erroneamente scelti come vincitori al primo turno – hanno pagato a caro prezzo l’episodio di Odell Beckham jr e il suo viaggio a Miami sullo yacht. Con qualche drop in meno e qualche yard in più, forse i G-men avrebbero davvero potuto passare il turno. In una NFC East strapiena di talento, l’essere arrivati secondi e per di più dopo aver battuto per due volte i leader divisionali, pur con un coach al primo anno, merita un plauso. Discorso per certi versi simile per i Raiders. Da molti visti come la vera alternativa ai New England Patriots per rappresentare l’AFC al Super Bowl, hanno pagato a carissimo prezzo il triste infortunio al QB Derek Carr. La squadra per certi versi ricorda una versione più giovane degli Atlanta Falcons, con un attacco esplosivo e una difesa molto sospetta. La buona notizia per loro è che c’è sempre l’anno prossimo; la cattiva è che con ogni probabilità non sarà più nella parte meno nobile nella Baia, ma a Las Vegas. Menzione speciale anche per i Seattle Seahawks, vincitori della partita contro i Lions, ma maltrattati dai Falcons. Senza Earl Thomas, un RB serio e una O-line decente, la speranza di essere all’altezza delle aspettative si è rivelata una chimera. C’è di buono che l’NFC West non appare destinata a cambiare padrone a stretto giro. Vale la pena includere infine i Kansas City Chiefs. In una postseason in cui ogni squadra ha mantenuto il vantaggio campo, i Chiefs sono una delle due sole eccezioni. Difficile puntare il dito su un loro tallone d’Achille: dopo aver resistito quattro quarti senza concedere touchdown, tolta la (sacrosanta) penalità a Eric Fisher su “nonno” James Harrison, la partita sarebbe stata in parità e l’inerzia ai supplementari sarebbe stato tutta per loro. Non scontato è ripetersi l’anno prossimo nell’AFC West, la miglior division della NFL, ma le basi sono solidissime – specie quelle relative alla difesa. Insomma, tutte e quattro le squadre devono scegliere se rammaricarsi per la propria eliminazione o trarre da essa tutta una serie di indicazioni per prepararsi al nuovo anno.
CLOSE, BUT NO CIGAR – Hanno lottato per tutta la stagione, hanno accarezzato il sogno settimana dopo settimana, vincendo una division che per larghi tratti sembrava dover sfuggire loro di mano. Sono quindi arrivati ad una partita dalle porte del sogno. Ancora una W, e poi Green Bay Packers e Pittsburgh Steelers avrebbero potuto dar vita al rematch del Super Bowl XLV. Invece, anche loro guarderanno il gran finale della stagione spaparapacchiati sul divano come dei Browns qualunque. Entrambe le squadre hanno legittimi motivi per recriminare. I ricevitori di Pittsburgh Eli Rodgers, Sammie Coats e Jesse James hanno fallito delle ottime – quanto rare – occasioni per andare a punti, mentre Le’veon Bell è uscito dai giochi quasi subito per un problema all’inguine. Con Antonio Brown già alienato dal gioco, per un Bill Belichick che negli anni aveva già ampiamente dimostrato di avere il numero di targa di coach Tomlin il resto è stato una formalità. Nonostante un punteggio pesantissimo, anche i Packs hanno svariati motivi per mangiarsi i gomiti. Chi dice che gli ospiti abbiano perso la partita nel momento in cui Atlanta ha vinto il lancio della monetina non esagera: al primo drive a punti di Matt Ryan, Rodgers stava rispondendo per le rime, ma un blitz non visto dalla linea offensiva gli ha impedito di convertire il terzo down. Dopodiché Mason Crosby, 23 calci piazzati realizzati negli ultimi 23 tentativi ai playoff, compresi 2 (e mezzo) da 50+ yard la domenica prima, ha sbagliato il FG da “sole” 41 yard. Ad altri sette punti realizzati dai Falcons stava per replicare il fullback Ripkowski, ma un fumble a poche yard dalla goal line ha lasciato i formaggiai a bocca asciutta. Aggiungiamo due intercetti sostanzialmente rifiutati dalla difesa e un fumble caduto fra le braccia ma non ricoperto, e la ricetta del disastro è servita – nemmeno Sant’Aronne ha potuto ripetere i recenti miracoli. E non sottovalutiamo una cosa: Rodgers ha 33 anni e Big Ben 34 (e medita il ritiro). Solo perché Tom Brady a 39 anni suonati domina la lega non vuol dire che loro due abbiano una finestra temporale altrettanto ampia per tornare a vincere il SB. Specialmente finché TB12 sarà in circolazione.
E ALLA FINE ARRIVA JERRY – Non faremmo giustizia all’America’s Team se non dedicassimo una sezione apposita e speciale ai Dallas Cowboys. Tutti i fan della NFL, chi veste giacca con le frange e speroni e chi no, si sono chiesti: il 2016 è stato un anno positivo o negativo per i Cowboys? Mai come in questo caso, i media hanno dato fondo alla sempre amplissima scorta di relativismo in loro possesso. Nonostante si possa effettivamente scegliere ciascuna delle due posizioni ed avere lo stesso elementi validi, qui a C3S si è scelto di prendere quella più delicata e dibattere che sì, è stata una stagione positiva. La prova più lampante sono le 9 vittorie in più accumulate nel giro di un solo anno: prima di allora, nell’era del Super Bowl solo i St. Louis Rams nel 1999 erano riusciti a vincere 13 gare dopo averne vinte appena 4 l’anno precedente. Certo, loro vinsero il SB quell’anno, ma in generale centrarono i playoff in quattro dei successivi cinque anni, segno che le fondamenta erano solide. E non c’è ragione per credere che anche quelle che affondano nel deserto texano non lo siano. L’ossatura della squadra sarà la stessa anche nel 2017, con Dak&Zeke destinati potenzialmente a dominare la lega per un decennio. Detto dei due giovani prodigi, l’attacco nel suo complesso non necessita di alcuno stravolgimento, il che lascia a Jerry Jones e affini un’intera offseason per costruire una difesa ben più solida di quella attuale. E basta parlare di quanto la situazione di Tony Romo – convitato di pietra se ce n’è mai stato uno – sia una distrazione; tutto si risolverà presto, se non altro perché nel 2017 egli avrà 37 anni e quindi sarà sostanzialmente al capolinea – a prescindere dal logo sul casco che finirà con l’appendere al chiodo. Insomma, questi Cowboys non sono come i Golden State Warriors delle 73 vittorie, poi finiti senza titolo NBA e quindi legittimamente delusi. Il motivo è che non c’era alcuna aspettativa in partenza (anzi, l’infortunio di Romo aveva già attirato svariati avvoltoi) e perdere contro Rodgers non è un’onta, semplicemente è quello che annualmente patiscono quasi tutti i team NFL che gli si pongono di fronte. Howdy, cari fan texani, il futuro è tutto dalla vostra parte!
MVProf
P.S. Ma nel caso le cose non vadano subito per il verso giusto, voi continuate ad aggiungere tacche al tatuaggio come l’amico Jason qua in alto.