7 a settimana – week 16
Ogni settimana tratteremo sette spunti di riflessione più o meno seri donatici dalla National Football League
NEW YEAR’S CLEVE – È successo. I Cleveland Browns hanno vinto la prima partita della loro stagione, sconfiggendo in casa i San Diego Chargers per 20-17. Il 24 dicembre Babbo Natale ha anticipato la sua elargizione di regali ai fan dei Browns, che non potevano sperare in un un Natale migliore. Come prevedibile è stata tutt’altro che una passeggiata nel parco. Il 4° quarto si apre sul 20-17, ma la mancanza di cambiamenti nel punteggio non deve far pensare a 15 minuti finali noiosi. Con poco meno di 11′ sul cronometro, su pressione della D-line ospite la tasca dei Browns collassa e Robert Griffin III, placcato duro da due difensori, resta stordito per una commozione che costringe coach Jackson a inserire Kessler, vero pendolare fra campo e panchina in questa stagione. Le saette hanno poi due occasioni d’oro per arrivare al pareggio. Il kicker Josh Lambo si è prima visto bloccare un field goal dalle 32 yard, poi, con quattro secondi sul cronometro, ha calciato largo a destra dalle 45 yard. Cleveland si è a quel punto lasciata andare ad una celebrazione collettiva, uno sfogo dopo 15 settimane – o, andando più propriamente indietro all’ultima vittoria in assoluto, 12 mesi, 1 settimana e 4 giorni – di attesa. Può far storcere il naso che Joe Thomas, LT dei Browns, abbia equiparato questa vittoria alla conquista di un Super Bowl, ma in fondo come biasimarlo? I Browns hanno evitato l’ignominia di diventare la seconda squadra della storia a finire 0-16. Se non si può imboccare la strada dell’immortalità per la via principale, allora meglio accontentarsi di non finire dal lato sbagliato della storia.
BREAK A LEG – È una frase idiomatica che il mondo anglosassone è solito scambiarsi come augurio. La week 16 ha preso anche troppo alla lettera questo modo di dire. A cadere uno dopo l’altro sono stati Derek Carr, Marcus Mariota e Tyler Lockett. Il primo nel 4° quarto ha subito un sack da Trent Cole, con la caviglia che gli si è girata in modo innaturale mentre i suoi Oakland Raiders erano in controllo degli Indianapolis Colts, poi sconfitti per 33-25. La diagnosi è di frattura del perone con una diagnosi iniziale di 6-8 settimane, che dovrebbe chiuderne qua la stagione, ora nelle mani di Matt McGloin. Difficile dire che questo suo infortunio ne pregiudichi la corsa all’MVP, ma di sicuro mette un serio stop alle ambizioni di playoff dei Raiders. Il collega Mariota ha subito un infortunio quasi identico (frattura del perone) e quasi nella stessa maniera, ma per lui i tempi di recupero sono significativamente maggiori, dai 4 ai 5 mesi. L’infortunio del QB è solo la prima di un serie di pessime notizie per i Tennessee Titans, che, cadendo contro i Jacksonville Jaguars 38-17 contro ogni pronostico, hanno lasciato ai Texans la strada spianata per il titolo di conference e l’accesso ai playoff. Ultimo, Lockett, ricevitore dei Seattle Seahawks, per non essere da meno ha fatto doppietta, fratturandosi tibia e perone su un lungo lancio di Russell Wilson. Oltre all’infortunio, Seattle è poi caduta 34-31 contro gli Arizona Cardinals che altra motivazione non avevano se non fare lo sgambetto ai rivali, che ora dalla seconda piazza sono scesi alla quarta. Dopo Earl Thomas, gli ‘Hawks hanno perso un altro pezzo importante a ridosso della fase più calda della stagione. Augurerei a questi atleti un in bocca al lupo, ma poi non si sa mai che vengano morsi da qualche bestia…
L’AMMUTINAMENTO DEL DRAKKAR – Dopo quello storico del Bounty, un altro equipaggio, stavolta vichingo, si è ribellato al proprio condottiero. In seguito alla debacle dei Minnesota Vikings contro i Green Bay Packers (38-25), sono state raccolte testimonianze per certi versi clamorose. Il CB fresco Pro Bowler Xavier Rhodes ha dichiarato: “We felt as DBs that we could stay on our side and cover him. In the beginning, we’d always played against them and played our sides, so that’s what we as DBs went with.” In italiano, Rhodes ha detto che, insieme agli altri defensive back (Smith, Sandejo, Waynes, Alexander e Newman), avrebbe deciso di non seguire il piano di coach Zimmer di far marcare Jordy Nelson proprio a Rhodes per l’interezza della partita, ma di stare ognuno sul proprio lato del campo e di volta in volta valutarne l’accoppiamento difensivo individualmente. Risultato? Nel primo tempo Nelson ha accumulato 145 yard e 2 TD. Nel secondo tempo, con Rhodes a tempo pieno sulle sue tracce, il ricevitore di GB ha racimolato solo 8 yard. L’evoluzione della vicenda è stato a suo modo sorprendente. Si è passati da una palese ammissione di ammutinamento per metà gara, a solo due serie, a una sola, fino a modificare le premesse in semplice errore di comunicazione fra campo e panchina. Ecco come dovrebbe essere andata: Terence Newman, veterano 38enne, potrebbe aver preso sul personale la mancanza di fiducia di coach Zimmer e dall’alto del suo status di membro rispettato dello spogliatoio avrebbe convinto il più giovane Rhodes a lasciargli posto sotto i riflettori. Che poi l’ammutinamento sia durato metà gara o solo pochi minuti, questo solo un attento esame dei filmati lo potrà chiarire. Il management dei Vikes è poi corso ai ripari con dichiarazioni di facciata su un’ipotetico errore di comunicazione, ma non è credibile. Identificare Newman come capo della rivolta è credibile, ma anche eclatante. Newman è stato draftato da Dallas nel 2003 trovò ad aspettarlo proprio Zimmer, al tempo assistente allenatore della secondaria texana. Il rapporto fra i due è proseguito a Cincinnati e ora anche a Minneapolis. Sotto coach Zimmer, Newman ha vissuto una signora stagione, facilmente fra i migliori 10 CB della lega. Poiché però la NFL è una lega fortemente militarizzata, l’insubordinazione non è presa alla leggera. Non ci sarebbe da sorprendersi se Newman dovesse ritrovarsi fuori dai piani dei Vikings al termine della stagione.
REXIT – Profetico è stato il post di settimana scorsa. Come da previsione, quella di Rex Ryan è stata la terza testa a cadere fra gli allenatori NFL quest’anno. Anche l’irsuto gemello, Rob, è stato accompagnato all’uscita. Ripetere i motivi del licenziamento è quasi ridondante: la sconfitta (34-31) contro i Miami Dolphins ha sancito l’eliminazione dei Buffalo Bills dalla corsa ai playoff. In linea generale, Ryan paga prima di tutto un record mediocre, una difesa che non è diventata d’élite come si era pensato e l’aver promosso un QB mai andato giù alla dirigenza. La famiglia Pegula aveva consegnato le chiavi a Ryan con un caveat ben preciso: playoff o altrimenti… La partita di sabato ha aggiunto nuovi elementi contro l’ex capo allenatore. Nonostante una brillante produzione offensiva di Taylor, McCoy e Watkins, gli special team (vedi il kicker Carpenter) la difesa (che dovrebbe essere la specialità della casa, ma che in due partite contro Miami ha concesso 420 yard a Jay Ajayi e placcato come dei giocatori di high school) hanno deluso. Ryan ci ha messo la faccia, ma più che passare come condottiero che affonda con la nave è stato lui a riempire di fori il fondo dell’imbarcazione. Prima non è stato in grado di chiamare timeout in tempo per deconcentrare il kicker avversario Franks, che ha segnato i tre punti del pareggio, poi nell’overtime ha mandato in campo solo 10 giocatori nella giocata in cui Jay Ajayi ha corso per 57 yard, apparecchiando la tavola per il FG di Franks della vittoria. Col secondo licenziamento in tre anni, Ryan potrebbe aver calcato i campi da gioco per l’ultima volta in carriera.
BRONCOPOLMONITE – Con la sconfitta 33-10 nella tormenta del Missouri, i Denver Broncos sono stati trascinati a destra e a sinistra da vento, pioggia e Kansas City Chiefs, perdendo l’ultimo treno per i playoff, con la seconda e ultima wild card della AFC finita in mano a Miami. Meno di tre mesi fa, Denver inaugurava la stagione da campioni in corso con 4 vittorie su 4, mentre nello stesso arco temporale Miami era 1-3 con l’acqua alla gola. A fine dicembre, Denver si ritrova con altre quattro vittorie, ma stavolta in 12 settimane. Dal canto loro, i pinnati cavalcano un’onda di 9 vittorie in 10 partite, pur con avversari di dubbio valore. Dopo quattro anni da 12 vittorie a stagione, nella migliore delle ipotesi Denver finirà l’anno con un record di .500. L’inizio era stato fin troppo lusinghiero, se non falsato. Le partenze di Jackson e Trevathan, il ritiro di Manning, l’infortunio di CJ Anderson, ma soprattutto la confusione a QB fra Osweiler, Sanchez, Siemian e Lynch ha contribuito a destabilizzare l’ambiente. Il GM Elway contava sul fatto che la difesa bastasse a trascinare la squadra, ma in una AFC West ultra-competitiva serviva di più per competere. Contro i Chiefs, Denver ha pure subito lo smacco di subire un touchdown per mano del Dontari Poe, l’essere umano più ciccione a lanciare un TD dall’alto delle sue 346 libbre. Anche se era ovvio da metà ottobre che i Carolina Panthers non avrebbero raggiunto i playoff, il sito della NFL riferisce che la delusione dei Broncos costituisce solo la quinta volta, la prima dal 2003, che entrambe le finaliste del Super Bowl non si qualificano ai playoff l’anno successivo. Sarà interessante vedere se nel 2017 il parsimonioso Elway romperà il salvadanaio e rinforzerà la squadra per farla tornare competitiva.
FUTILITÀ – Della partita Los Angeles Rams–San Francisco 49ers – che se la gioca con Jets-Bears come partita più inutile della stagione – c’è da segnalare un fatto curioso. La W rimediata dai californiani del nord ha rotto la serie negativa che accompagnava la squadra dalla prima settimana della stagione, quando i Niners batterono… sempre i Rams. Difficile dire se ciò dia segnali peggiori alla squadra della baia, in grado solo di battere una sola squadra in 15 settimane di agonia o ai Rams, che hanno concesso ai rivali di conference stessi le uniche due gioie stagionali. Entrambe le franchigie sono allo sbando più totale, con la questione QB che almeno sembra più definita per i Rams, che pure riavvolgerebbero volentieri il nastro fino ad aprile per prendersi Carson Wentz invece che Jared Goff al timone della squadra. Dal canto suo San Francisco, che con la vittoria da parte di Cleveland aveva raggiunto i Browns in quanto a chance di avere la prima chiamata assoluta al draft del 2017, vincendo si è riportata in seconda (o penultima, a seconda dei punti di vista) posizione. Secondo molti, è meglio scegliere per secondi, perché in pratica si sceglie sì il secondo miglior talento, ma lo si fa con pace d’animo e senza troppi rimpianti. Un esempio? Pensate ai Portland Trailblazers nel 2007, che devono aver sfogliato i petali della margherita varie volte: Oden o Durant, Durant o Oden? Oden! Ahia…
ALL’ULTIMO RESPIRO – Dieci squadre hanno già staccato il biglietto per la post season, mentre 19 altri team sono già con le valigie in mano. Fra le squadre già certe del proprio piazzamento finale in AFC ci sono i Pittsburgh Steelers, che hanno battuto i Baltimore Ravens in uno scontro fratricida, e sono certi del terzo posto, idem per i Texans al quarto. La corona della conference andrà quasi certamente ai New England Patriots, che però non dovranno sottovalutare la partita contro Miami: una sconfitta contro i Dolphins all’ultima di campionato l’anno scorso costò il primo posto e il vantaggio campo. Difficile immaginare che Bill Belichick ammetterà l0 stesso errore due volte. Dal canto suo anche Miami, per la prima vota ai playoff dal 2008, dovrebbe far riposare alcuni titolari. Oakland potrebbe ancora prendere il primo posto in teoria, ma già mantenere il secondo posto sarà un’impresa: una sconfitta coi Broncos e una vittoria dei Chiefs con San Diego condannerebbe Oakland al quinto posto, promuovendo KC al secondo. In NFC la situazione è ugualmente fluida. I Dallas Cowboys sono già certi da settimane della prima piazza, così come i New York Giants, ma il resto è ancora tutto da decidere. Gli Atlanta Falcons, al momento al secondo posto, sono in controllo del loro destino e una loro vittoria contro i New Orleans Saints concederà loro il prezioso bye. Che, in caso di sconfitta, potrebbe finire in mano ai Seahawks, che non dovrebbero avere troppi problemi nel battere i 49ers. Lions e Packers si giocano il titolo della NFC North. La vincente avrà assicurato un posto ai playoff, verosimilmente il quarto posto nel seeding. La sconfitta avrà comunque una chance di entrare ai playoff con una wildcard, che però andrà ai Washington Redskins se essi vinceranno la partita contro i Giants. Capito tutto? Facile, no?
MVProf