7 a settimana – week 15
AVVISO: 7 a settimana torna dopo l’interruzione di week 14 (gli esami non finiscono mai!)
AC-COLT-ELLATI – Se il ritorno di Adrian Peterson, fuori dalla week 2, aveva vagamente illuso i fan di viola vestiti, la scoppola subita in casa dai Minnesota Vikings per mano degli Indianapolis Colts (34-6) ha convinto un po’ tutti che i vichinghi andranno in vacanza anticipata questo inverno. Poco importa, per ora, se la matematica non li condanna (perdonate il cliché) e se per fare spazio ai Lions o ai Packers (o a entrambi), ma la favola di Minnie, partita 5-0 e poi crollata a 2-7 dal bye di metà ottobre è ai titoli di coda. Ad assestare la mazzata definitiva ci hanno appunto pensato i Colts, squadra mediocre con identico record e spesso panacea per i mali altrui (vedi i Texans, pessimi contro tutti, ma in grado di battere la squadre dell’Indiana due volte su due in stagione). Della partita c’è poco da dire, se non che se la gioca con la partita contro i Bears (week 8) come la peggiore esibizione di football professionistico della stagione 2016 di Minnesota. Scampati con poco onore dalla trappola di Jacksonville, i Vikes si sono trascinati i problemi patiti in Florida (e non solamente) anche contro i Colts, scoprendone poi di nuovi. Fra questi ultimi, una difesa che non solo performa sotto i suoi standard – zero assoluto per sack, intercetti e fumble forzati – e giocate senza senso, come Linval Joseph che, tentando di saltare il long snapper con la grazie dei suoi 147kg, regala un nuovo set di down ai Colts che già da ottima posizione colpiscono con Turbin. AD, dal canto suo, fatica come previsto dietro una linea incapace di bloccare: per lui sei corse per 22 yard, di cui una da 13 finita con un fumble. E in tema di linea offensiva, anche i Colts avevano le proprie gatte da pelare, con la 15° O-line differente in 15 partite. Eppure Andrew Luck è rimasto immacolato. La sua controparte Sam Bradford si è esibita nell’ennesima prestazione più che solida da 32/42 per 291 yard, ma priva di TD. L’impressione generale è che la difesa, non da ieri punto di forza della truppa di coach Zimmer, abbia scalato le marce; ragione di ciò, oltre all’assenza di un leader come Harrison Smith, forse la volontà di esporre ulteriormente l’attacco alle critiche (solo un FG nei primi tre quarti di domenica) o forse la mancanza di motivazioni per una stagione partita in pompa magna e poi squagliatasi come un pupazzo di neve a ferragosto. Ma i giocatori devono fare attenzione a partire per vacanze super anticipate: coach Zimmer in conferenza post-partita è sembrato chiaro a riguardo: “Voglio scoprire chi ha ancora voglia di combattere.” Occhio alla mannaia!
NORMAN NORMAL – Doveva essere il revenge game di Josh Norman, che dopo i fatti della scorsa primavera aveva un conto aperto con la dirigenza dei Carolina Panthers. Questi ultimi, nella persona del GM Dave Gettleman, aveva prima assegnato il franchise tag al corner ex Coastal Carolina, salvo poi ritirarlo, rendendo così Norman un unrestricted free agent. Due giorni dopo il fatto, Norman aveva già posto la firma ad un contratto coi Washington Redskins per $75M in 5 anni. L’offerta del team della capitale lo ha resto il CB più ricco di sempre, contrariamente alle aspettative del management di Carolina che valutava le prestazioni dell’arciere non più di $11M annui. I Panthers sono passati dal 14-0 di week 15 del 2015 al 6-8 del 2016, non solo, ma in larga parte per una secondaria in grave crisi d’identità. Washington, dal canto suo, ha compiuto un upgrade immediato con l’acquisizione di uno dei migliori corner su piazza. Dopo le prime polemiche della stagione, come la volontà del DC di non mettere Norman sulle tracce del miglior ricevitore avversario, ora, pur con un solo intercetto fin qui a referto, il giocatore ha trovato la sua dimensione. Certo, non è facile mettere su statistiche appariscenti quando i QB avversari dal tuo lato non pensano nemmeno di lanciare il pallone, ma con giocate di alto livello ha confermato quanto di buono visto in North Carolina. La tavola era apparecchiata per lo scontro del Monday Night, quando gli ‘Skins ospitavano Cam Newton e soci, ormai ben oltre l’assenza di obiettivi stagionali. Norman non vedeva l’ora di dimostrare sul campo quanto i Panthers ne rimpiangessero la partenza, dopo le dichiarazioni settimanali di essersi sentito pugnalato alle spalle dalla dirigenza. Con il treno dei playoff in partenza immediata sul binario 6, mentre per Norman si è trattato di una partita normale, senza infamia e senza lode (pur non trattenendo un intercetto assai acrobatico), i padroni di casa nel complesso hanno messo in scena una prestazione ridicola, perdendo sia nel punteggio (26-15) che nei nervi, con Jordan Reed espulso per aver tirato un pugno ad un avversario. Ad aggiungere al danno la beffa, un paio di statistiche: i Redskins sono 1-16 in partite giocate in tv nazionale nel Monday Night e sono 1-5-1 quando Kirk Cousins lancia per 300 yard o più. Col 25% di chance di centrare i playoff, anche l’annata dei Redskins va verosimilmente in naftalina un anno dopo aver vinto la propria division – anche se, va detto, più per demeriti altrui che per meriti propri; quest’anno, con i Cowboys spaziali e i Giants in forma dicembrina, la mediocrità non è bastata.
SAVAGE LIFE – Con 8:31 da giocare nel secondo quarto e gli Houston Texans sotto per 13-0 contro i derelitti Jacksonville Jaguars, coach Bill O’Brien sintonizza la radiolina a pile: i Colts stanno triturando i Vikings e i Titans inseguono da vicino i più quotati Chiefs. Con i tre team in lotta aperta a giocarsi la sconclusionata AFC South, l’allenatore tenta la mossa della disperazione. Fuori Brock Osweiler, il QB strappato a Denver e strapagato con un contrattone da $72M, e dentro il backup Tom Savage. Curriculum alla mano, Savage è un QB selezionato nel quarto round del Draft 2014 da Pitt, con zero partite da titolare, 19 palle ovali lanciate in carriera in due anni in NFL – di cui zero nel 2015 – e un cognome da supereroe. Ecco, a coach O’Brien quest’uomo dà più fiducia di Osweiler. Il suo solo ingresso in campo infervora a tal punto la folla sul piede di guerra, che Lamar Miller li deve zittire a gesti perché per il troppo chiasso non riesce a sentire le direttive di Savage stesso nel primo huddle del sostituto QB. Con 23/36 e 260 yard Savage ha poi portato i Texans alla rimonta impossibile (21-20). Cosa fare ora del brocco Brock? Ad oggi i Texans devono ancora a Osweiler $16.5M dei denari garantiti dal contratto: in caso di taglio, la franchigia avrebbe speso $37M per meno di un anno di mediocre prestazioni da un QB di quarta fascia. I suoi numeri parlano da soli: yard totali 2,704 (26° in NFL), percentuale di passaggi completati 59.6% (27° in NFL), yard per passaggio 5.75 (31° in NFL), 16 intercetti (31° in NFL) e 14 touchdown (solo Wentz, un rookie, ha fatto peggio giocando lo stesso numero di partite). Potrei proseguire, ma meglio fermarsi qua. Con due partite da giocare e la stagione sostanzialmente in controllo (avendo un perfetto 5-0 in partite all’interno della propria division, a Houston basta vincerle tutte o semplicemente replicare i risultati di Tennessee e/o Colts), coach O’Brien avrà una lunga settimana davanti. I Bengals che arrivano in Texas domenica sarebbero un avversario ideale per mettere a referto una W, ma vista la fatica fatta coi Jags niente è assicurato. La storia della partita non riguarda solo la sponda Texans: nell’immediato dopo gara, il coach di Jax Gus Bradley ha ricevuto notifica di un suo licenziamento in tronco. Non fosse stata sufficiente la perdita del lavoro, Bradley ha dovuto viaggiare sullo stesso charter dei Jaguars per tornare a casa. Avete presente quando salutate una persona, poi vi accorgete che dovete andare entrambi nella stessa direzione? Imbarazzante, no? Pensate al povero Bradley allora: dal Texas alla Florida sono due ore di volo che devono essergli sembrate un’eternità…
MOORE IS MORE!? – Ammettiamolo, volevo soprattutto usare questo gioco di parole per dire un paio di cose a proposito del “nuovo” QB dei Miami Dolphins, Matt Moore. Chiamato in causa nel finale della partita coi Cardinals dopo l’infortunio al ginocchio di Ryan Tannehill, Moore ha risposto con un lancio chirurgico a Kenny Stills che ha poi portato al comodo FG di Franks per la vittoria. Farsi trovare pronto può sembrare una frase fatta, ma nel caso di Moore è stato quasi un atto di fede. Dal suo arrivo a South Beach da Texas A&M, Tannehill non ha mai mancato di timbrare il cartellino, il che vuol dire che dal 2010, quando Moore soppiantò Chad Henne nella seconda metà della stagione e nell’anno a venire, a Moore non è mai arrivata l’opportunità di competere per un posto da titolare, neanche quando i coach cadevano dalla sella come comparse di un film di cowboy e i fan mugugnavano. Anzi, in tempi non sospetti urlavano “We want Matt Moore!” in tempi di vacche magre. Eppure niente, il QB da $96M non si muoveva da dietro il centro, nonostante Moore fosse considerato fra i migliori backup della NFL (oggi come oggi, solo un Romo sano vale di più). Finché Tannehill, colpito al ginocchio sinistro da Calais Campbell in maniera sostanzialmente involontaria, è uscito in lacrime e Moore si è ritrovato in campo un po’ per caso. Per l’ex Aggie si è subito temuta la rottura del crociato: un esame ha invece mostrato “solo” una distorsione ai legamenti anteriore e mediale, quindi niente operazione e tempi di recupero che da un anno diminuiscono a poche settimane. Abbastanza da ipotizzare che la sua stagione sia comunque finita. Finita col primo record vincente della carriera (al tempo, 7-5), per 2,995 yards, 19 touchdown, 12 intercetti e un rating di 93.5, per lui il più alto di sempre. I detrattori di Tannehill hanno sicuramente avuto di che gioire vedendo Moore in azione contro i New York Jets: per il QB 32enne prestazione della vita da 236 yard, 4 TD e 1 INT. Jets ammutoliti 34-13 e prima vittoria (e mezza) per i nuovi Dolphins targati Moore. Prossimi avversari alla vigilia di Natale i Bills, contro i quali una W significherebbe sweep stagionale ed eliminazione degli stessi dalla corsa playoff, prima della sfida ai Pats il primo dell’anno. Le squadre dei posti caldi notoriamente faticano a giocare nel gelo in dicembre e sicuramente Buffalo sarà versione Polo Nord. Il destino dei Dolphins versione 2016 passa dalle festività: vediamo se Miami sotto l’albero troverà regali o il solito carbone.
LA MALEDIZIONE DELLA TERRIBLE TOWEL – È in lavorazione per questo sito un articolo specificatamente pensato per parlare delle più famigerate maledizioni sportive di ogni tempo. Su quella legata alle Terrible Towels, però, non avevo trovato traccia. Eppure, nello spogliatoio dei Pittsburgh Steelers girano voci di cose terribili capitate a chiunque abbia osato dissacrare uno dei sacri simboli della cortina d’acciaio. Stando a fonti vicine ai nero e oro, nel 2005 T.J. Houshmandzadeh usò una TT per pulirsi gli scarpini: quell’anno registrò 39 drop e fu poi devastato dagli infortuni. LenDale White e Keith Bulluck nel 2008 fecero finta di soffiarsi il naso con la TT e poi ci camminarono sopra. Complessivamente, quell’anno i loro Titans vennero distrutti ai playoff dai Niners; singolarmente, il primo, dopo uno spettacolare 2008, fu un fantasma per il resto della carriera, mentre il secondo si avviò ad un mesto ritiro e di recente è stato arrestato per aver tentato di rapinare un tassista. Chiude la carrellata Ray Rice, che nel 2012 usò una TT come turbante: riassunto della vita recente di Rice? Pugno in faccia alla fidanzata, nastro della sicurezza finito a TMZ (quindi in pratica in ogni tv, giornale e altro) e carriera sostanzialmente finita, essendo ormai persona non grata nei circoli NFL. Ultimo a tentare la sorte, Jeremy Hill, che dopo il TD del 16-3 per i suoi Cincinnati Bengals ha raccolto uno dei drappi gialli, ha tentato (e fallito) di strapparlo in due e l’ha scaraventato a terra. Nell’intervallo, gli Steelers hanno preso il numero di targa di Hill e dell’intera banda tigrata, tanto che Pittsburgh ha vinto 24-20 in rimonta, lasciando a Cincy appena un extra point e un FG, nonché la matematica certezza di guardare i playoff in tv. Non contento, Hill su Twitter si è lasciato andare a ulteriori insulti alle Terrible Towel. Come si dice, non c’è peggior sordo…
HOT SEAT – Silurati Jeff Fisher (il coccodrillo potete trovarlo qua) e il già citato Gus Bradley (il coach dei Jaguars è stato licenziato domenica a seguito del già citato collasso patito con Houston e dopo un record di 14-48 in quasi 4 anni), proviamo a indovinare chi dal prossimo anno dovrà cominciare a spedire curriculum vitae in giro. Partiamo dall’ovvio: Hue Jackson. Quando si arriva alle ultime due partite di stagione col record di 0-14, un minimo di pressione la si deve percepire. Jackson, assunto appena lo scorso gennaio, è il primo allenatore a raggiungere una partenza di 0-14 da quando Rod Marinelli compì la medesima “impresa” coi Lions nel 2008. Finale? Il lunedì dopo aver raggiunto l’imperfect season Marinelli era già senza squadra. Jackson pare sia ben voluto in Ohio, ma nessuno in NFL è intoccabile (tranne i B&B boys), ancora di più con un ormai prossimo 0-16 cucito addosso. Chi pare ormai ad un passo dall’esonero è Rex Ryan. Ryan pagherebbe la stagione vissuta in altalena dai suoi Buffalo Bills, coi quali in due anni ha il perfetto record di 15-15. Il coach dalla sua avrebbe lo spogliatoio, oltre che un fresco contratto quinquennale. Per di più, Ryan e la dirigenza potrebbero finire col far rotolare la testa del QB Tyrod Taylor, cui è stato promesso un clamoroso contratto da $50M nei prossimi tre anni che però, poiché non garantiti e non certo dimostrati di valere, potrebbero fornire a molti un comodo espediente per i recenti insuccessi nel nord dello stato di New York. Contro Ryan, va detto, pesa però anche il personale “palmarès” fatto di zero qualificazioni ai playoff negli ultimi sei anni. A passarsela bene non è nemmeno il compagno di division Todd Bowles, che dal canto suo ha la scusante di una squadra appesantita da molti “corpi morti” di cui si perderanno le tracce dal 2 gennaio. Se almeno sembrava palese che i giocatori fossero dalla sua parte, il rovinoso 41-10 subito nel Monday Night dai Colts ha aperto nuove questioni. Il 4-10 fin qui registrato non è però del tutto imputabile a Bowles: non è lui che ha lanciato 15 intercetti (come Fitz l’anno scorso…) a fronte di 10 TD (…che invece erano stati 31); non è lui che viene bruciato settimanalmente dai ricevitori avversari (ehm, Revis, ehm) e non è lui che ha costretto a rendere pubblico un video di Sheldon Richardson pieno di parolacce poco prima di venire sculacciato sonoramente dai Dolphins di Moore. Marvin Lewis, a differenza di tutti i nomi fin qui citati, è il coach di più lungo corso (14 stagioni consecutive) e di maggior successo (6 apparizioni ai playoff negli ultimi 7 anni), ma coi suoi Cincinnati Bengals a 5-8-1 le speranze di post-season sono nulle. Se molti presidenti e GM vorrebbero un coach capace di portare il proprio team a cinque partite di playoff di fila in altrettanti anni, tutti vorrebbero, almeno una volta, superare il primo turno: impresa mai riuscita alle tigri di Lewis, sempre sconfitte nella partita di Wild Card. PREVISIONE: Jackson resta, Ryan via, Bowles resta, Lewis via.
Ogni settimana tratteremo sette spunti di riflessione più o meno seri donatici dalla National Football League