7 a settimana – Week 10
Ogni settimana tratteremo sette spunti di riflessione più o meno seri donatici dalla National Football League
E SE MIAMI… – Di solito, ogni volta che si inizia una frase con queste parole, i Miami Dolphins deludono le aspettative. Quest’anno, le cose hanno subito un turbinio ulteriore. Dopo l’inizio promettente nella partita punto a punto con Seattle, Miami ha ceduto tre delle prime quattro partite, tradendo immediatamente le iniziali ambizioni. Ma occhio a darli per morti: in un anno in cui l’essere sotto 3-1 sembra la chiave per il successo, la prudenza è d’obbligo. Con la vittoria sui San Diego Chargers (31-24), Miami continua a cavalcare la striscia di successi consecutivi, che ora sale a 4 e proietta la squadra sopra .500 per la prima volta in stagione. In una AFC sbilanciata verso ovest, solo Pats, Texans (ebbene sì) e tre quarti della AFC West possono vantare record migliori. Proprio per l’ultracompetitività di questa division, la wild card sembra una chimera, ma per forza di cose nel prosieguo della stagione Chiefs, Raiders e Broncos dovranno scontrarsi e dividersi successi e insuccessi. Al suo interno, gli stessi Chargers possono mettere i bastoni fra le ruote alle tre sorelle e la partita di domenica ne è la prova. Giovani talenti come Bosa, Gordon e Henry, uniti ai veterani Gates e Rivers sono un mix interessante. Lo stesso Philip Rivers col 300° TD della carriera ha sorpassato John Elway nella lista di TD lanciati, posizionandosi in ottava piazza fra i più grandi nomi del passato. Peccato solo per i 4 INT lanciati (career-high) che hanno dato una mano enorme alla secondaria dei Dolphins, che fino a ieri ne aveva accumulati solo 3 nelle precedenti 8 partite. Quello decisivo ha portato la firma di Kiko Alonso, che nel momento chiave del 4° quarto riporta il pallone nella end zone avversaria per il decisivo allungo di Miami. L’attacco non ha demeritato: da riammirare la giocata con cui Ryan Tannehill è stato capace di connettere con Stills per un meraviglioso TD da 39 yard (calcolando il punto di rilascio, sarebbero ben 51 yard). Col suo passer rating di 130.6, il secondo più alto di carriera, il QB pinnato sembra essere riemerso dalla palude di mediocrità in cui era sprofondato insieme alla squadra. Con Rams e i 49ers (record combinato di 5-13) prossimi avversari, la striscia può allungarsi ulteriormente, coi Patriots in Week 17 unica avversaria fuori portata. E se Miami…
I DON’T LIKE THAT – Minnie non vince più. Dopo un illusorio 5-0 iniziale, dal bye di Week 6 l’andamento si è capovolto, coi Minnesota Vikings che con domenica hanno perso 4 partite di fila. Nella storia della NFL, dal 1970 solo altri due team riuscirono in questa impresa poco eroica. Dopo la sconfitta contro i Lions che tanto amaro in bocca ha lasciato a tutti, la nuova debacle subita contro i Washington Redskins (26-20) è sembrata per certi versi ripercorrere il canovaccio delle ultime settimane. In primis, la mancanza di punti prodotti dagli special team, sia in kickoff che punt return, quanto sui field goal. Quello dei FG merita un discorso a parte: col 4° PAT calciato fuori dai pali, Blair Walsh è ora 15/19 in stagione, per un 78.9% che è di gran lunga la percentuale più bassa nella lega, in cui 21 squadre hanno almeno il 94% di realizzazione. Chiariamoci, l’errore non ha sconvolto il piano partita come domenica scorsa, ma ha senz’altro tolto fiducia all’attacco. Attacco guidato da un Sam Bradford che nessuno decanterà come eccezionale o sfavillante, ma che nelle ultime due partite ha 62 lanci riusciti su 80 tentativi (replicando 31 su 40 in entrambe), cioè il 78% di passaggi a bersaglio. Per dare un’idea, nello stesso periodo Brady è al 69%. Se vogliamo, l’attacco aria-terra è ad oggi l’arma migliore nello sguarnito arsenale di coach Zimmer. Dopo le sorprendenti dimissioni dell’OC Norv Turner, il sostituto Pat Shurmur ha cercato di implementare un attacco basato su lanci corti ed esecuzione più rapida. Principale ricevitore beneficiario di questa nuova politica è Stephon Diggs, che domenica con 164 yard in 13 ricezioni ha mostrato il meglio di sé come non gli accadeva dalla Week 2. Il gioco di corse però è disgraziato a livelli storici: con 2.7 yards per carry (ultimi in NFL), meno di 70 yard di media a partita (penultimi) e appena 5 TD segnati (terzultimi). La difesa imbarca sempre più acqua: nonostante i numeri di inizio stagione facciano da contrappeso (15.8 punti concessi a partita), Minnesota ne concede a Washington 14 prima della boa di metà partita. La D-line non riesce quasi mai a mettere le mani su Kirk Cousins, anche per merito di una O-line casalinga che prima di domenica aveva concesso solo 11 sack, tanti quanti la tanto decantata linea offensiva di Dallas. La secondaria priva di Captain Munnerlyn è stata abusata in lungo e in largo, col rookie Mackensie Alexander incapace di coprire Reed per tutta la partita. Pure il terzo tackle della stagione, Jake Long, pare perso per il resto del 2016 per un infortunio al tendine d’Achille. Minnie questa volta era riuscita a reagire dal 14-0 iniziale, portandosi avanti per 20-14, prima che appunto Walsh sbagliasse il PAT. Washington è sì stata tenuta lontana dalla end zone per tutto il secondo tempo, ma i 12 punti prodotti su field goal sono bastati ai Redskins per conquistare la W. Per quanto i Packers tengano per così dire il passo dei Vikes (3 sconfitte di fila a loro volta), con questi ritmi a dicembre Minnesota potrebbe avere un record perdente. Se proprio bisogna coltivare sogni di Super Bowl, meglio concentrarsi su quello che nel 2018 si giocherà proprio allo US Bank Stadium.
L’ATTACCO VENDE I BIGLIETTI, MA LA DIFESA… – Vince i titoli. Questo un antico adagio applicabile a tutti gli sport di squadra. Nello scontro domenicale fra New Orleans Saints e Denver Broncos, si affrontavano il migliore attacco su lanci, nonché secondo attacco totale, comandato dal futuro Hall of Famer Drew Brees e la difesa schicciasassi presieduta dal ministro Von Miller, che è prima in yard concesse su lanci, seconda in sack e terza in intercetti – ma ancora priva di Talib. Quello che di solito accade quando fuoco e ghiaccio si scontrano è accaduto anche domenica: la difesa può limitare, ma non frenare del tutto un attacco esplosivo come quello di Brees, soprattutto quando i Saints giocano nel Dome. Brees ha completato 21 passaggi su 29 per 303 yard, lanciando 3 TD a fronte di 2 INT, entrambi preda di uno scatenato Stewart. I due intercetti nella prima metà di gara concedono a Denver la possibilità di andare sul +10, finché Trevor Siemian a sua volta regala due volte il pallone alla secondaria dei santi, che ne approfittano per ribaltare il punteggio fino al 17-10. A capovolgere ulteriormente il copione sono due fumble, entrambi di Thomas, che portano Denver a comandare 23-17. In una partita così piena di capovolgimenti inattesi (e valanghe di errori individuali), a decidere la sorte del duello non poteva che essere una giocata clamorosa e controversa. Dopo che Brees ha fatto marciare i Saints per 75 yard in 88 secondi con un TD chirurgico per Cooks, riportando il risultato in parità, l’extra point del rookie kicker Lutz è bloccato da Simmons e ritornato in end zone da Parks per 2 punti (25-23). Il giocatore appare finire fuori dal campo sulle 48 yard, ma con gli scarpini bianchi che replicavano alla perfezione il colore bianco del gesso della linea laterale, gli arbitri non hanno trovato evidenza sufficiente per ribaltare la chiamata. In una AFC West al fulmicotone, questa singola giocata potrebbe avere enormi ripercussioni nella seconda parte di stagione.
NOUVEAU RICHE – Perché parlare di “nobili decadute,” nel caso di Arizona e Carolina, è eccessivo. Le due franchigie hanno vissuto vasti momenti di mediocrità nella storia recente dell NFL e quest’anno la cosa è ancora più evidente. Più che parlare di crollo dei giganti, è forse il caso di parlare di ritorno dello status quo. Certo, non va scordato che solo pochi mesi fa esse si contendessero l’accesso al Super Bowl, ma ora lottano entrambe con i denti per dare una parvenza di dignità ad una stagione in larga parte compromessa. Proviamo a condensare le partite delle due ex-reginette della NFC. Gli Arizona Cardinals ospitavano i San Francisco 49ers, che in quanto all’essere alla canna del gas non sono secondi a nessuno (Browns esclusi). La partita, tuttavia, è stata tutt’altro che una passeggiata nel parco. Una delle poche cose per cui quelli dell’Arizona possono gioire è il poter contare su David Johnson, ad oggi uno dei tre migliori RB dell’intera lega: contro la peggior difesa su corsa dell’intera lega, era facile immaginare che Johnson avrebbe banchettato come non mai. Errore. Per lui appena 55 yard, pur con 2 TD, uno su corsa e uno in ricezione. Bene a metà anche Carson Palmer; nonostante il season-high di 376 yard, i 2 INT uniti al fumble nel 4° quarto hanno dato ai Niners la possibilità di compiere un clamoroso upset. La positiva giornata di Colin Kaepernick non è però bastata: l’irsuto #7 ha pareggiato i conti sul 20-20 con un QB keeper, ma la secondaria burrosa di Bathea e soci ha permesso ad Arizona di arrivare in buona posizione per calciare il FG della vittoria. Dopo i due precedenti errori di Catanzaro nelle fasi finali delle partite contro Pats e ‘Hawks, stavolta il kicker non ha tradito (23-20). Chi continua invece a tradire le poche aspettative residue sono i Carolina Panthers. Contro i bollenti Kansas City Chiefs era tornato titolare Alex Smith, ma l’attacco di KC non ha necessariamente favorito del reintegro del QB titolare. Carolina incontra poca resistenza e si porta in fretta sul 17-0. Il TD su corsa di Cam Newton è un inno alla potenza fisica del QB di Carolina, ma le read option e i keeper che vengono chiamati per lui dal coaching staff sono forse eccessivi per un giocatore che ha subito maltrattamenti in lungo e in largo per tutta la stagione. Poiché la stessa è oramai andata a quel paese, meglio preservare il capitale umano, o no? La vittoria sembra in cascina e addirittura si rivede il dab di Newton durante i festeggiamenti. Ma forse è stato un ritorno prematuro. Un costoso sack ai suoi danni a fine 3° quarto apre la diga degli errori. A seguire, uno scriteriato intercetto di Newton a inizio 4° quarto ritornato in TD da Eric Berry. Ciliegina sulla torta, Marcus Peters che letteralmente sradica il pallone dalle grinfie di Benjamin con soli 23″ da giocare. Il 4° FG di giornata di Santos chiude i conti (20-17). Da una parte, Arizona potrà aver prolungato i vani sogni di gloria, ma con 3 vinte e 6 perse Carolina ha chiuso bottega.
STAT OF THE DAY – Su una trick play, il RB dei Tennessee Titans DeMarco Murray ha lanciato un TD a Delanie Walker nel primo quarto della partita contro i Green Bay Packers poi vinta 47-25. Con questo lancio a bersaglio, Murray ha fatto registrare lo stesso numero di TD quanti in Week 10 ne hanno accumulati Tom Brady, Case Keenum, Jay Cutler, Alex Smith e l’intero attacco Chiefs messi insieme. Solo questi ultimi hanno poi vinto la rispettiva partita.
SETTIMO SIGILLO STELLATO – Sentite, dopo averli battezzati contro Eagles e Packers, non posso dirmi sorpreso che i Dallas Cowboys abbiano sconfitto i Pittsburgh Steelers (35-30). Pittsburgh è quasi certamente migliore di quanto il record attuale di 4-5 suggerisca, ma le quattro sconfitte di fila devono far riflettere. Se come produzione aerea Ben Roethlisberger ha avuto cifre migliori di Dak Prescott (408 yard a 319, come dire un numero mostruoso contro un numero altissimo), Ezekiel Elliott ha stravinto il duello diretto con Le’veon Bell, tanto su corse (114 yard a 57) che in ricezione (95 yard a 77). Per larghi tratti Big Ben ha potuto farla da padrone contro una incerottata difesa di Dallas già priva di Claiborne e Church, nonché di Scandrick per un’ampia porzione di partita. La giocata più bella è la fake spike alla Dan Marino con cui connette con Antonio Brown per il +1 con 42″ sul cronometro. Come spesso avviene nel football, 42″ si dimostrano troppi per Pittsburgh, specialmente dopo aver fallito quattro conversioni da due punti che hanno tenuto Dallas a contatto. Magistrale il susseguente drive della premiata ditta Prescott & Elliott. Pur potendosi accontentare di un FG del fidato Bailey, Prescott guida i suoi fino alla metà campo grazie a Beasley e Witten, sulla cui seconda ricezione una penalità da 15 yard per facemask apparecchia la tavola a Elliott, che con una corsa dritto per dritto di 32 yard nel Mar Rosso della difesa Steelers consegna la vittoria ai suoi. Si tratta del settimo cambio al comando della partita e anche dell’ultimo: con la settima W consecutiva, la franchigia del Texas vola 8-1. L’ultima volta che Dallas ha raccolto un bottino simile fu poi titolo nel 1977. E si sa che la storia ha un gusto particolare nel ripetersi. Nota di colore (marrone): per ampi tratti Antonio Brown è stato uno contro uno col corner di Dallas chiamato Anthony Brown.
QUELLA SPORCA ULTIMA YARD – Se la NFL fosse una lega di box, Steelers-Cowboys sarebbe stato un ottimo match per il titolo dei pesi welter per scaldare il pubblico, mentre New England Patriots–Seattle Seahawks il vero main event, lo scontro fra pesi massimi. La partita è un rematch del Super Bowl XLIX, quando a vincere uno dei SB più belli di sempre fu la franchigia allenata dal maestro felpato. Ricordate il finale? Fine 4° quarto, palla sull’1 yard. Russell Wilson lancia e Butler intercetta, per la disperazione di Carroll e i gridolini di Tom Brady dalla panchina. Di nuovo, questa domenica, il match si è deciso a meno di un metro dal traguardo più dolce. A inizio 4° quarto, col punteggio che vedeva i padroni di casa avanti di due, una ricezione di CJ Procise (improbabile protagonista che in futuro potrebbe rubare la scena ai titolari Michael e Rawls) porta Russell Wilson sulle tre yard. Due in meno del fatidico momento, ma, ora come allora, Wilson non riesce a sfondare e deve delegare ad Hauschka per i 3 punti. È l’ottavo cambio al comando della gara: sommando i 7 avvenuti in PIT-DAL, si tratta di un record NFL. Un fumble di Edelman e il terzo TD di Baldwin scavano un ulteriore solco, e sul +7 coach Carroll tenta la conversione da 2 punti invece del PAT. Il tentativo fallisce e lo stesso Bill Belichick dalla panchina non riesce bene a razionalizzare la scelta. Analizziamo i possibili scenari: se SEA ha successo, va a +9 e lascia NE indietro di due segnature; se fallisce, resta a +7 e un semplice TD con extra point permette a Brady di pareggiarla. Ragionamento cervellotico e a doppio taglio che per poco non si ritorce contro Carroll. Già, perché la conversione fallisce e in un amen Brady arriva – leitmotiv di questa rivalità – ad 1 yard dal pareggiare i conti. Enter Kam Chancellor. La safety che già aveva sradicato la palla dalle braccia di Edelman in precedenza, prima prende al lazo un Blunt che sembrava destinato al volo in end zone, poi uno contro uno si aiuta con taaanto mestiere e nega il TD a Rob Gronkowski. Il #31 tira e sbilancia il mastodontico TE, ma poi si lascia andare, accentuando la spinta prodotta a sua volta da Gronk, che induce gli arbitri a tenere il fazzoletto giallo in tasca. La lezione? Che tu sia Seattle o New England, MAI lanciare da 1 yard! Prima sconfitta (31-24) stagionale per Brady, che finisce con 316 yard lanciate, ma 0 TD e 1 INT, il quarto consecutivo in altrettanti scontri con Seattle e la sua Legion of Boom. Dallas e incognite permettendo, questo era solo l’antipasto del Super Bowl LI di Houston. E chissà che non si decida nuovamente ad una yard dalla meta.
MVProf