Cervi a primavera
I Bucks hanno tutte le credenziali per una lunga cavalcata ai playoff
Pure in una lega sempre più decentralizzata e multietnica, fino all’anno scorso pensare che un giocatore greco potesse portare i Milwaukee Bucks sul tetto dell’NBA era un’idea assurda. Ora invece, passato il primo turno dei playoff per la prima volta dal 2001, i Bucks sono sulla strada che li può portare a un titolo NBA che manca da 48 anni. In regular season, Milwaukee ha chiuso col miglior record (60-22) e al primo turno dei playoff si sono sbarazzati dei Detroit Pistons con un facile sweep. La stella più luminosa della squadra nonché principale favorito per il titolo di MVP è l’ateniese Giannis Antetokounmpo. Quella del Greek Freak è una storia così accattivante che presto o tardi Hollywood non potrà che riproporla sul grande schermo. L’aneddoto più gustoso risale al suo anno da rookie, quando, dopo aver inviato tutto il proprio denaro alla famiglia in Grecia, si ritrovò diverse miglia dal Bradley Center e senza nemmeno i soldi per un taxi. Sfidando i -30° con indosso solo una giacca a vento, Giannis si mise a correre verso l’arena, finché una coppia non lo notò per strada e gli diede uno strappo.
Ecco, questo stesso ragazzone da 2 metri e 11 ora domina l’NBA. In stagione, ha mantenuto medie da 27.7 punti, 12.5 rimbalzi, 5.9 assist e 1.5 stoppate. In più, il suo PER di 30.9 è stato il più alto di tutta la lega. Centrale nel far fare il salto di qualità a lui e a tutti i Bucks è stato coach Mike Budenholzer, upgrade principale compiuto dalla franchigia rispetto la scorsa stagione. Con lui, la squadra conquistato ben 45 vittorie in doppia cifra su 60: le uniche altre sette squadre nella storia a riuscire in questa impresa hanno poi chiuso la stagione col titolo. Tale primato è stato raggiunto anche per via di un innegabile dominio contro le migliori compagini della lega. I Bucks hanno infatti registrato un record vincente contro Boston (2-1), Philadelphia (2-1), Toronto (3-1), Denver (2-0), Houston (2-0), e sono in parità contro Golden State (1-1) e Portland (1-1). Il merito di coach Bud è stato assemblare un roster non solo profondo, ma anche perfettamente compatibile col set di armi a disposizione di Antetokounmpo. Basti citare Khris Middleton – alla prima, meritata selezione come All-Star – Brook Lopez, Nikola Mirotic, Ersan Ilyasova e George Hill: tutti ottimi tiratori perimetrali.
Rotazioni lunghe e affidabili si sono dimostrate importanti soprattutto quando la squadra si è trovata a dover rinunciare a Malcolm Brogdon, out ormai da metà marzo per un infortunio al piede. Brogdon, già rookie dell’anno nel 2017, ha comunque chiuso la stagione con percentuali sufficienti da garantirgli l’ingresso nel prestigioso club dei 50-40-90, i cui membri rappresentano l’élite del basket americano. Il suo rientro è comunque atteso verso metà serie. Nel computo dei giocatori di punta citati manca, non a caso, solo Eric Bledsoe. Un anno dopo il suo burrascoso addio ai Phoenix Suns via Twitter, la guardia sta giocando il miglior basket della carriera. Ma la vera sfida arriva ora. Da domenica inizierà il secondo turno contro quegli stessi Boston Celtics che dodici mesi fa avevano sconfitto i Bucks in sette partite. Particolarmente rilevante furono le scintille fra Eric “Drew” Bledsoe e “Scary” Terry Rozier, col primo a patire le pene dell’inferno contro il sostituto di Kyrie Irving. Superare dei Celtics che sembrano aver finalmente trovato la giusta chimica non sarà facile, ma di certo necessario per tenere vivo il sogno chiamato Larry O’Brien Trophy.
MVProf