Cover Four – Week 1

Ogni settimana tratteremo quattro spunti di riflessione più o meno seri donatici dalla National Football League
IMPERFECT SEASON

Come già anticipato nell’articolo di presentazione alla Week 1, la stagione NFL si è aperta con una grossa sorpresa. I New England Patriots sono stati sconfitti in casa per 42-27 dai Kansas City Chiefs. Per i Pats si è trattato di una mazzata e non tanto alla classifica, visto che è noto che Bill Belichick parte notoriamente male a settembre per poi salire di giri di mese in mese, quanto all’orgoglio. I Patriots avevano aperto la serata di Foxboro con una grande cerimonia per festeggiare la vittoria al Super Bowl LI, col bostoniano doc “Marky Mark” Wahlberg in prima fila a dispensare sorrisoni e ammiccamenti. Già che c’erano, i Pats hanno colto l’occasione per tirar fuori l’argenteria dalla teca e sventolare tutti e cinque i Lombardi Trophy in faccia alle altre squadre NFL, Chiefs in testa. Risultati immagini per tom brady memeQuesti ultimi devono aver assistito alla festa dallo spioncino della porta e covato vendetta. Così, mentre coach Reid caricava a molla le truppe in spogliatoio, forse si poteva sentire, tra un fuoco d’artificio e l’altro, il rumore dei coltelli che venivano affilati. KC ha infatti annichilito gli avversari, bastonando i bostoniani con 42 punti, il massimo mai incassato dai Patriots nei 17 anni di reggenza Belichick. New England dice così addio al sogno proibito di una stagione perfetta da 16 vittorie e 0 sconfitte. Ci riuscirono nel 2007 e le similarità con quella stagione già c’erano tutte. Ad esempio, l’arrivo di una legittima “deep threat” (da Moss a Cooks), l’aver trattenuto uno dei loro corner migliori (da Samuel a Butler) e avere un Tom Brady tirato a lucido. Quell’anno TB12 lanciò 50 touchdown, ma giovedì è rimasto a secco, circostanza che nella sua carriera in media si verifica appena 1,7 volte a stagione. E la faccia a fine partita non promette nulla di buono (per gli altri). Eppure c’è un aspetto che i Pats avrebbero tanto voluto non replicare rispetto a 10 anni fa. Due parole: Helmet. Catch. Con tante similarità con quell’anno così agrodolce, dite che a Belichick dispiace poi così tanto che una stagione che doveva essere perfetta sia partita imperfetta?

SOGNO O REALTÀ?

Prima di cominciare a leggere questo paragrafo, è importante seguire alcune brevi indicazioni. Prendete una trottola e fatela girare su se stessa sopra un tavolo. Fatto? Ok, ora possiamo continuare. Per molti, quella 2017-18 sarà la stagione del riscatto di Cam Newton, del ritorno di Russell Wilson, dell’orgoglio di Eli Manning, della missione di Kirk Cousins, della conferma di Dak Prescott e soprattutto della riprova che anche a 40 anni Brady può dominare la lega, ma non se Aaron Rodgers può impedirlo. Contrariamente alle enormi aspettative e contro ogni possibile pronostico, nessuno di loro è stato fra i migliori QB della Week 1, ma lo sono stati Alex Smith e Sam Bradford. E non di poco. Sommando le realizzazioni dell’eccellente gruppo di QB appena citato, si arriva a 5 TD. Smith e Bradford da soli ne hanno realizzati 7. Per primo, Smith ha Immagine correlatadissanguato Boston peggio di quanto fatto dagli inglesi nella battaglia di Bunker Hill. Il QB dei Chiefs ha messo a referto 358 yard con 28 completi su 35 tentativi e 4 TD. Numeri da capogiro per quello che è noto nei circoli NFL come un “game manager,” ossia uno che sta attento a non farti perdere la partita, più che provare a fartela vincere. Che sia il fiato sul collo del rookie Mahomes o altro ad aver fatto effetto, Smith ha spaccato la gara con le sue giocate e surclassato Brady. Dal canto suo, nel Monday Night Bradford ha trascinato alla vittoria i suoi Minnesota Vikings sui New Orleans Saints per 29-19. A livello personale, ha messo a referto 346 yard con 27 su 32 (80% di completi!) e 3 TD. Arrivato lo scorso anno in fretta e furia a ridosso della Week 1, l’ex OU ha finalmente potuto beneficiare di un’intera offseason per migliorare la familiarità col playbook offensivo e coi ricevitori. Ancora più importante, può contare su una O-line nuova di zecca, col solo Joe Berger reduce dal gruppo di uomini di linea piagati dagli infortuni lo scorso anno. Per entrambi i quarterback si tratta di numeri da capogiro che hanno fatto stropicciare gli occhi a molti e chiedersi se si stesse sognando o meno. Ah, la trottola è caduta o sta ancora girando?

PRESENTI E ASSENTI

Ci sarebbero svariati elementi da analizzare nella partita che ha posto di fronte New York Giants e Dallas Cowboys. Secondo molti, queste sono le principali candidate a vincere la competitiva NFC East e centrare i playoff. Il Sunday Night ha evidenziato quanto del destino di entrambe le franchigie conti sulla presenza in campo del loro giocatore di maggior talento. O sulla sua assenza.  Nel caso dei Giants, infatti, Odell Beckham jr non è stato della partita, poiché si sta ancora riprendendo dai postumi della botta alla caviglia rimediata in preseason. In contumacia Beckham, l’attacco dei G-men ha faticato a dismisura, mettendo a referto appena 3 miseri punti. Nonostante il gruppo Risultati immagini per beckham elliottdi WR dei newyorkesi sia considerato fra i più profondi dell’NFL, nessuno di loro è stato in grado di non far pesare troppo l’assenza del #13, senza il quale Eli Manning diventa un QB men che mediocre. Chi invece c’era e a dispetto di dubbi di tutt’altra natura era Ezekiel Elliott, che ha chiuso con 140 yard totali. Il prodotto di Ohio State è finito al centro di numerose polemiche per la squalifica di sei partite per violenza domestica. E allora cosa ci faceva in campo? L’organo di giustizia NFL agisce per vie misteriose e un’ingiunzione pro-Elliott ha di fatto congelato la squalifica, la cui entrata in vigore o meno è più misteriosa di un segreto di Fatima. Essendo l’NFL de facto giudice, giuria e giustiziere, la lega si è impuntata di rendere Elliott un esempio contro la violenza sulle donne. Non incidentalmente, questo caso segue quelli analoghi di Ray Rice e Josh Brown, entrambi gestiti in maniera oscena dal commissioner Roger Goodell. Se e quando OBJ e Zeke saranno in campo, le loro squadre potranno puntare in alto; al contrario, le debolezze dei rispettivi roster saranno esposte in piazza.

IMMERITOCRAZIA

Vi hanno fatto credere che la meritocrazia sia uno dei grandi valori degli Stati Uniti di cui il paese si fregia con orgoglio, tanto quanto l’esportazione di granturco e quella di missili Jupiter. Vi hanno anche fatto credere che il football americano rappresenti la summa di tale virtù, in base alla quale solo gli 11 giocatori che meglio racchiudono forza, velocità e tecnica possono rappresentare i colori della propria squadra. Beh, vi hanno mentito. Da ormai più di un anno C3S racconta e supporta la protesta1 contro l’oppressione degli afroamericani2 portata avanti da Colin Kaepernick. Altri invece la pensano diversamente. Il problema è che nel gruppo degli altri figurano anche i proprietari delle franchigie NFL. Di 32 squadre, 30 Immagine correlata“e mezzo” sono in mano a uomini d’affari bianchi, con l’eccezione di Shahid Khan (proprietario pachistano dei Jags) e Kim Pegula (co-proprietaria sudcoreana dei Bills). Insieme, questo gruppo che ben rappresenta l’1% americano ha tirato giù la saracinesca e ha di fatto ostracizzato Kap dalla NFL. Di motivi di facciata ne sono stati forniti numerosi. “È una distrazione,” tuonano alcuni. “È scarso,” aggiungono altri. “Manca di rispetto alla bandiera,” è il leitmotiv più comune. Quelli che però di sicuro distraggono dal vincere e sono pure molto scarsi sono Scott Tolzien e Tom Savage. QB titolari in Week 1 di Indianapolis Colts e Houston Texans hanno portato al collasso le rispettive squadre con prestazioni pedestri. Tolzien ha lanciato per sole 128 yard condite da 2 INT, peraltro entrambi pick-six, finendo poi panchinato in favore di un giocatore arrivato a Indy in settimana. Savage dal canto suo ha messo a referto 62 miserabili yard in due quarti, prima di venire sostituito da un rookie. Forse Kap non è più il giocatore che arrivò a giocarsi un Super Bowl quattro anni fa e forse la sua presenza in spogliatoio potrà non andare a genio a qualcuno. Ma fare peggio di Tolzien e Savage? No, quello no. Quindi fate a meno di credere a quelli che vi raccontano che la vera meritocrazia è made in USA. In fondo, pure i cappelli “Make America Great Again” sono made in China.

MVProf

 

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